venerdì 25 dicembre 2009

Realizzare il Natale!

È trascorso esattamente un anno dalla realizzazione di questo blog. E come molti noteranno “Il Creatore” è nato proprio il giorno di Natale. Quest’ultima frase sembra un gioco di parole in cui il titolo del blog la fa da protagonista. Infatti, nel giorno di Natale si celebra la nascita di Gesù Cristo (Il Creatore). E intorno a tale data (25 dicembre) sono nate molte divergenze. In realtà è inverosimile che i pastori di Betlemme abbiano portato ai pascoli il proprio gregge in un periodo invernale, per questo molti collocano la nascita di Cristo intorno ai primi di settembre. Ciò non cambia che, se non ci sono errori nel calendario gregoriano, duemila e nove anni orsono giaceva in una mangiatoia il Creatore dell’universo. Colui il quale aveva creato tutto ciò che lo circondava si era incarnato. L’Onnipotente aveva preso forma di un uomo e come tale era attorniato dai Suoi genitori. La domando di un bambino (membro di un coro) nel periodo natalizio, fu proprio quella di chiedere se quel Gesù bambino avesse dei genitori. Una domanda all’apparenza banale, ma che nella sua risposta implica non poche difficoltà, come quasi tutte le domande poste dai bambini.
È chiaro che all’epoca i genitori “ufficiali” furono Giuseppe e Maria. In effetti, Giuseppe fu soltanto il padre putativo di Gesù, ma per quanto concerne Maria, la quale partorì (per opera dello Spirito Santo) Cristo, si può affermare che fu ed è la madre di Dio così come molti credono? Se riguardo alla paternità di Gesù possiamo affermare che il Padre è Dio, possiamo con la medesima certezza attestare che Maria la madre di Gesù (Dio) è in conseguenza di ciò la sposa di Dio e, quindi, la madre di se stesso (Dio)? Può Dio avere una madre e partorire (dopo essere stato concepito) Dio (se stesso)? No, sarebbe un’assurdità. Affermare che Dio ha o ebbe una madre è inconcepibile. Certamente Gesù era l’incarnazione di Dio, e nella fattispecie del Figlio, è in quanto tale necessitava nella sua infanzia di una madre. Però il fatto d’essersi annichilito a un punto tale da prendere la forma di un uomo e, quindi, di un essere finito, non lo pose nella condizione di rinunciare alla Sua Deità: ma spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; (Filippesi 2:7). Egli non smise d’essere Dio, né perse gli attributi assoluti riconoscibili prettamente nella Divinità, per questo c’è scritto che divenne simile agli uomini, infatti, Egli mantenne pienamente la Sua natura Divina e di conseguenza gli attributi assoluti di Dio. Dobbiamo oltretutto evidenziare che nel momento in cui Egli s’incarnò nel seno di Maria, non fu concepita la Divinità, ma “l’uomo Dio”, cioè, Gesù vero uomo e vero Dio. Penso sia chiaro che, seguendo questo semplice ragionamento logico, assegnare a Dio una madre, se pur soltanto con riferimento a Gesù, sia totalmente eretico. Forse quest’ultimo termine può sembrare a qualcuno un po’ eccesivo, ma desideravo illustrarvi che non lo è per niente. Coloro i quali attribuiscono a Dio una madre, pur difendendo (e devo ammettere molto bene) la natura divina di Gesù, non fanno altro che rinnegare la divinità del nostro Signor Gesù Cristo. In che modo? Beh, dichiarare che Cristo è Dio, ma nello steso tempo attribuirGli una madre Lo pone in una condizione d’inferiorità, anzi lo priva della Sua divinità, non solo per i descritti motivi, ma anche perché si da un’idea di dipendenza dalla propria madre, ossia, si umanizza il Cristo a un punto tale da renderlo dipendente dalla propria madre, come se non ne avesse potuto fare a meno (e che Dio sarebbe in questo caso?). Che cosa sarebbe accaduto, se la madre di Gesù sarebbe venuta a mancare? Non avrebbe Dio Padre portato a compimento il Suo piano? Certamente, anche perché Gesù pur essendosi abbassato allo stato umano, continuò a possedere le qualità Divine. Infatti, le opere e i miracoli (o più esattamente segni) compiuti nella Sua vita, non erano altro che la dimostrazione della propria Divinità. Affermare o pensare che abbia rinunciato momentaneamente ad alcuni attributi assoluti, per amore delle proprie creature, pone come prerogativa un cambiamento nella Divinità, e ciò non è ammissibile se si sostiene la natura divina di Cristo: "Poiché io, il SIGNORE, non cambio; ….. (Malachia 3:6). Con l’incarnazione non cessò d’essere Dio, poiché mantenne tutti gli attributi che distinguono la Divinità. Cristo assunse la piena forma umana, e per realizzarlo necessitò anche di una madre e di un padre (terreni), dai quali però non fu generato, poiché la Parola eterna si espresse miracolosamente, per opera dello Spirito Santo, nella persona di Gesù Cristo: ….. "In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono" (Giovanni 8:58). Se Maria fosse la madre di Dio, queste parole di Gesù non avrebbero alcun senso. Non dimentichiamo che Egli non restò mai in balia degli eventi, ma ogni cosa ebbe uno scopo: Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante piú di dodici legioni d'angeli? Come dunque si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che cosí avvenga?" (Matteo 26:53,54). La madre di Gesù adempì fedelmente il piano per cui fu scelta, ma ciò non la pone ove la dottrina cattolica romana l’ha collocata. Infine dobbiamo ammettere che Cristo non si rivolse mai a sua madre chiamandola “mamma” o “madre”. Non troverete passo biblico in cui ci sia un tale riferimento. Pertanto, perché dobbiamo usare un’espressione con riferimento alla madre di Gesù se Lui stesso non la utilizzò mai? Semplicemente perché è sbagliato. È talmente errato che lo scrittore agli Ebrei evidenziò tale aspetto parlando di una figura (Melchisedec) di Cristo del passato: E senza padre, senza madre, senza genealogia, senza inizio di giorni né fin di vita, simile quindi al Figlio di Dio. Questo Melchisedec rimane sacerdote in eterno (Ebrei 7:3). Maria, la madre di Gesù (espressione corretta), rappresentata spesso con il “bambino Gesù” tra le braccia, è stata elevata a un posto che non le appartiene, ossia, a quella di madre del Creatore, concetto espresso in pratica nella dichiarazione di “Maria madre di Dio”, madre che, in effetti, Dio (Creatore) non può avere (vedi questi post, parte 1 e 2). Il bambino Gesù raffigurato tra le braccia di Maria, è inoltre un’immagine che distorce la realtà, se è vero che Maria si prese cura di Gesù nella sua infanzia, dobbiamo precisare però che Egli ora siede alla destra del Padre e prega per noi. E il Natale "commerciale" non mostra l’aspetto di questa bellissima realtà.
In premessa avevo scritto che il Natale celebra la nascita di Cristo. Ma quanti di noi oggi comprendono pienamente ciò che Egli compì? In una società consumistica come la nostra (occidentale) la celebrazione del Natale si è ridotta a una festa profondamente egoistica. Il Re dell’universo spogliò, invece, tutta la Sua maestà nell’assumere una forma umana. Purtroppo le Sue creature non fanno altro che pensare ai propri pranzi e regali. Dio ha donato il Suo unigenito Figlio, affinché chiunque creda in Lui abbia vita eterna. Quanti di noi sono oggi disposti a donare, non dico proprio figlio poiché ciò fu sufficiente una volta e per sempre, ma parte dei nostri averi per il bene del prossimo? Quanti di noi sono disposti a rinunciare al pranzo di Natale per sfamare decine di bambini nel continente africano o asiatico? Quanti di noi sono disposti a donare il proprio regalo per vedere un sorriso di un bambino del terzo mondo? Se queste risposte fossero affermative per ogni occidentale, il Natale sarebbe di gran lungo migliore per milioni di persone. I media occidentali ci mostrano soltanto l’aspetto piacevole del Natale perché glielo impone la tradizione cristiana. Eppure la realtà è diversa, quanti volti tristi di bambini affamati e abbandonati a se stessi, e quanti volti di persone disperate e soffocate da svariati problemi riempiono la faccia della terra. Cristo sfamò migliaia di persone con cinque pani e due pesci, e sarebbe in grado di farLo anche oggi, però, gli effetti sarebbero i medesimi dell’epoca in cui Gesù calcò i territori della Palestina, ossia, la Sua ricerca, da parte delle persone, sarebbe soltanto a proprio uso e consumo.
Egli desidera innanzitutto essere riconosciuto per quello che è, per il medesimo motivo per cui i magi d’Oriente lo visitarono, e per il quale (secondo i dominatori romani) fu condannato a morte. Infatti, la scritta latina in merito alla condanna apposta sulla croce, sentenziava “INRI”, che significa: “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum”, tradotto, “Gesù Nazareno, re dei Giudei”. Cristo desidera semplicemente essere riconosciuto come il Re e Creatore dell’universo. Chiunque crede che il Figlio di Dio si sia fatto carne per venire in terra e offrire se stesso in sacrificio per la nostra redenzione, realizzerà il Suo avvento: Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, cosí neppure voi, se non dimorate in me (Giovanni 15:4). Credendo nell’opera di Cristo, Egli verrà a dimorare nell’animo di chi ha prestato fede alla Parola incarnata. Questo è il senso del Natale, non le abbuffate e l’inondazione di regali. Il Natale resterà privo di significato finche non avrai realizzato l’avvento di Cristo. Quanti di noi hanno realizzato la dimora di Cristo e, quindi, il Suo avvento nella propria vita? Credi in Lui e confessa i tuoi peccati all’unico mediatore tra te e Dio, così il Natale non ricadrà più il 25 dicembre, ma corrisponderà al giorno dell’avvento di Cristo nella tua vita, e gli angeli gioiranno con Dio per la nascita di una nuova creatura, avrai realizzato ciò che milioni di persone oggi festeggiano ma non comprendono: Cosí, vi dico, v'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede" (Luca 15:10).

martedì 22 dicembre 2009

L’armatura di Dio (Creatore) per i credenti (parte 2).

Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio, e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere. State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia; mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo della pace; prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infocati del maligno. Prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio; pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza.

Il passo in epigrafe descrive l’intera armatura di Dio, e sottolineo l’intera. Sì, poiché l’apostolo Paolo evidenzia che bisogna indossarla al completo. Pertanto nel presente post non farò una distinzione d’importanza, perché è efficace soltanto se indossata per intera. La rappresentazione dell’armatura, nel passo biblico in questione, rispecchia quella usata dai soldati romani dell’epoca. Una delle forze dell’impero romano risiedeva proprio nel buon equipaggiamento dei propri soldati, e l’apostolo Paolo ne applicò le parti per illustrarci delle realtà spirituali.La cintura è descritta come la verità. Al soldato romano serviva a fissare la tunica e sostenere la spada. Ma di quale verità si parla nel passo? Gesù disse: Gesú allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: "Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". Possiamo dedurre che credendo in Lui e perseverando nella Sua parola (Bibbia) conosceremo la verità che ci farà liberi. Liberi da che cosa? Dalle menzogne di Satana. Il Diavolo cerca in tutti i modi di pervertire la parola di Dio sin dalla creazione dell’uomo (vedi caduta di Adamo ed Eva). Annullare tale parola ci rende schiavi delle paure sociali che ci potrebbero indurre a dei comportamenti superstiziosi limitandoci nella ricerca di Dio e della Sua volontà. Anche le false dottrine, il formalismo, le filosofie e teorie negazioniste della realtà del Creatore limitano il credente nella sua lotta. Se un cristiano non conosce la piena verità, non potrà mai essere libero nei suoi movimenti, e ciò lo comprometterà moltissimo in battaglia fino a un punto tale da perdere la fiducia nell’unica arma a disposizione. Privi della cintura non sarà possibile sostenere la spada e, pertanto, sarà facile smarrirla nel proprio cammino. Perder la fiducia nella parola di Dio significa regalare (incoscientemente) la vittoria a Satana.
La corazza cosa rappresenta? La corazza di un soldato romano era metallica e serviva a proteggere le parti più vitali del guerriero. San Paolo desiderava illustrarci la giustificazione che possediamo in Cristo: Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio (Efesini 2:8). La parte vitale protetta dalla corazza e soprattutto il cuore, che rappresenta la sede delle nostre emozioni. Non indossando la corazza della giustizia, corriamo il rischio d’essere colpiti nella parte più vitale del nostro essere. Noi siamo giustificati per fede, e nel momento in cui mettiamo da parte questa giustificazione, cullandoci nell’idea che abbiamo bisogno d’alcune opere (atti o riti religiosi) per raggiungerla o lasciandoci vincere dal pensiero che non necessitiamo d’alcuna giustificazione perché tanto non siamo poi così cattivi e peccatori, gettiamo via quello scudo che ci ripara dai colpi mortali di Satana, il quale non esiterà a ferirci nell’intimo dei nostri sentimenti pur di conseguire la vittoria. E' evidente che, è pericolosissimo uscire dalla giustificazione per fede.
I calzari invece permettevano al soldato antico di muoversi con rapidità e certezza su qualsiasi tipo di terreno. Indossandoli egli non correva il rischio di ferirsi e invalidare così il proprio passo, poiché calzava dei solidi sandali in cuoio. Essi rappresentano lo zelo, termine con il quale s’intende il fervore o l’ardore che ci spinge ad adoperarci per il conseguimento di un fine. Il fine del credente è la proclamazione del Vangelo e il raggiungimento della gloria celeste. La trascuratezza o il disinteresse di tale aspetto ci rallenterà moltissimo in questo cammino, diventando facile bersaglio per il nemico. Infatti, lo stare in movimento è fondamentale per non essere colpiti, poiché un bersaglio in continuo moto è molto più difficile da centrare. Per questo l’apostolo Paolo esortò i credenti di Roma a non essere pigri in quest’aspetto: Quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore; (Romani 12:11). Lo scudo invece, l’elemento difensivo per eccellenza, riusciva a coprire anche tutto il corpo se ci si disponeva nel modo corretto, evitando così d’essere colpiti dai dardi intrisi di pece e poi infiammati. Nel passo biblico è rappresentato con la fede. È praticamente impossibile restare illesi se non si possiede la fede. Nelle nostre lotte (difficoltà) ci rivolgiamo, spero, sempre al Signore, affinché ci indichi la via d’uscita, ed Egli non si esime mai dal farlo, ma quante volte siamo rimasti delusi? Spesso capita di non vedere realizzato ciò che Egli ci ha promesso, perché? Beh, poiché non abbiamo prestato fede alle parole che il Signore ci ha rivolto. Egli ha parlato, ma noi invece di porre fede nella Sua parola, non l’abbiamo ascoltato. Come non restare delusi in situazioni del genere? Sono ferite causate dal mancato utilizzo dello scudo (fede). Se desideriamo rafforzare la nostra fede dobbiamo accostarci alla parola di Dio, poiché: .... la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo. (Romani 10:17). Trascurare l’utilizzo dello scudo (fede) moltiplicherà notevolmente le difficoltà in un combattimento, sarà facile restare feriti dal nemico delle anime nostre, ed egli non avrà compassione, ma infierirà spietatamente pur d’ottenere la vittoria.
L’elmo è la parte dell’armatura che protegge il centro nevralgico (testa) del guerriero ed è presentato, nel passo in esame, come la salvezza. L’elmo dovrebbe preservare la nostra mente dai dubbi. È nella mente che nascono i dubbi a seguito di tutto ciò che essa riceve. Un modo per preservarla è rigettare tutto ciò che potrebbe minare l’esperienza della salvezza. Ma nella nostra mente non possiamo evitare che sorgano dei pensieri, come fare? Beh, come si dice, non possiamo evitare che gli uccelli volino sopra la nostra testa, però possiamo evitare che nidificano. Come? …. facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo; (II Corinzi 10:5). Capisco che indossare quest’elmo può comportare dei sacrifici, ma solo così usciremo vincenti dalla battaglia.
La spada dello spirito è descritta come la parola di Dio. E’ l’unica arma offensiva a disposizione del credente (soldato). Può capitare che il nemico non soccomba al primo colpo di spada, ma questo non dovrebbe spaventarci. Cristo dovette sferzare ben tre volta la spada prima che mettesse in fuga il nemico (Luca 4:3-13) e san Giacomo scrisse che: Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi (Giacomo 4:7). Quindi, non gettiamo via la spada quando al primo colpo non vinciamo lo scontro con il nemico, altrimenti che combattimento sarebbe? Infine, l’apostolo Paolo esortò a pregare in ogni tempo. Sì, pregare, e con pregare non intendo la recitazione infinita di parole preconfezionate. Anzi, qualsiasi posto è idoneo per rivolgere un pensiero spontaneo a Dio con un sentimento di preghiera. E come disse qualcuno, la preghiera è il respiro dell’anima, e il soldato, se pur ben equipaggiato con tuta la sua armatura, non resisterà un solo minuto allo scontro se privato del respiro (preghiera). Di conseguemza non è sufficiente munirsi di tutta l’armatura di Dio se poi non iniziamo a respirare regolarmente e intensamente. È importantissimo non trascurare la preghiera, onde evitare in combattimento di perdere il fiato, sarebbe mortale. In conclusione desideravo precisare che molti escono perdenti dalle battaglie spirituali poiché utilizzano l’armatura di Dio in modo errato. Infatti, non è possibile calzare la cintura della verità al posto dei sandali, perché calpesteremmo la verità. Così com’è sbagliato usare lo scudo in modo offensivo al posto della spada, il nemico non ha paura della nostra fede, ma lo scudo (fede) ci permette (proteggendoci) di sferzare dei colpi decisi con la spada (la parola di Dio), in altre parole, grazie alla fede (scudo) siamo in grado di colpire efficacemente il nemico. Possiamo notare che pur indossando l’intera armatura, dovrà sempre essere adoperata in modo corretto, senza trascurare la respirazione (preghiera). Soltanto così potremo alla fine del nostro camino esclamare: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione (II Timoteo 4:7,8).
Il Signore dell’universo ci aiuti!

martedì 15 dicembre 2009

L’armatura di Dio (Creatore) per i credenti (parte 1).

il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti (Efesini 6:12).

In un combattimento l’armatura è per un soldato qualcosa d’irrinunciabile, e lo è anche per un credente. Avevamo considerato che esiste un nemico del regno dei cieli, e il verso in epigrafe ci svela che la lotta contro questo nemico non è carnale ma spirituale. Come vuoi che sia, potrebbe pensare qualcuno, dato che quest’ipotetico nemico non è tangibile. Infatti, una realtà spirituale lo presuppone. Però non dobbiamo dimenticare che il mondo spirituale ha degli effetti sulla nostra realtà. Molti non riescono a percepire questo mondo spirituale, proprio perché non sono in grado di riconoscere gli effetti di tale realtà su quella nostra. È vero che, come attesta il verso in epigrafe, il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma è altrettanto vero che questa lotta ha delle ripercussioni sulla nostra vita (quindi visibili). Ma perché l’armatura di Dio è per i credenti? Beh, è semplice, poiché un miscredente è considerato da Cristo privo di vita: Ma Gesú gli disse: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunziare il regno di Dio" (Luca 9:60). Pertanto, come tale, non può indossare un’armatura, sarebbe inutile per un individuo morto. Penso sia chiaro che l’armatura è riservata a delle persone spiritualmente vive (cioè, nate di nuovo), anche perché una battaglia può essere condotta soltanto dai viventi.
Ho evidenziato in premessa che il nemico contro cui combattono i credenti è Satana, ma non è l’unico, poiché a tale lotta partecipano tutte quelle forze angeliche che nella sua ribellione lo seguirono. Noi (credenti) lottiamo contro tutte quelle forze spirituali malvagie che tentano d’indurci al peccato. Il nostro combattimento è quindi continuo, infatti, lo scrittore agli Ebrei affermò che: …., deponiamo ogni peso e il peccato che cosí facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, (Ebrei 12:1). Purtroppo il male ci avvolge molto facilmente, e se non siamo equipaggiati per bene ogni credente sarà soprafatto dal peccato, correndo il rischio di soccombere in battaglia. In questa lotta il maligno userà ogni mezzo pur di sconfiggere il credente. Per questo motivo è importantissimo indossare la completa armatura di Dio, affinché riusciamo a resistere a ogni tipo d’attacco del nemico. E se qualcuno riconosce d’essere spiritualmente privo di vita, chieda (credendo e confessando i propri peccati) al Creatore e Salvatore dell’universo di riportarlo in vita, affinché anch’egli possa indossare l’armatura che gli permetterà di vincere le battaglie della sua vita. Nel prossimo post vedremo in cosa consiste l’armatura di Dio. EGLI ci benedica!

martedì 1 dicembre 2009

Insonnia

In pace mi coricherò e in pace dormirò, perché tu solo, o SIGNORE, mi fai abitare al sicuro (Salmi 4:8).

Un recente studio indica che circa il quattordici per cento delle persone lamenta un qualche disturbo del sonno. E sicuramente alla radice di tutto ciò ci saranno molte paure e incertezze. Lo scrittore del verso in epigrafe sembra che non rientri in tale casistica, anche perché visse più di tremila anni orsono. Fu Davide, il re d’Israele del X secolo a. C., a scrivere questo Salmo. Ma tali parole non scaturirono in un periodo sereno della sua vita, come potrebbe apparire da una prima lettura. Anzi, scrisse questo Salmo in un tempo di pericolo, poiché era in continua fuga da Saul, il primo re d’Israele, che tentava d’ucciderlo a seguito della sua crescente fama. Infatti, Davide fu designato da Dio come successore di Saul.
Eppure le parole del Salmo esprimono una serenità riscontrabile in un bambino nelle braccia dei propri genitori. Ma che cosa donava a Davide una tale tranquillità? La certezza che: Chi abita al riparo dell'Altissimo riposa all'ombra dell'Onnipotente (Salmi 91:1). Davide non aveva bisogno di psicofarmaci per riposare come un bambino, la sicurezza d’abitare al ritiro dell’Altissimo lo poneva all’ombra dell’Onnipotente. Pertanto, pur essendo la sua vita in continuo pericolo, riusciva a dormire in piena serenità.
Cristo disse che: ….. "Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui (Giovanni 14:23). Davide amava Dio a un punto tale che quando ebbe modo di vendicarsi del proprio nemico non approfittò dell’occasione, anzi se ne astenne in ogni forma (I Samuele 24:7-13). Fu proprio l’amore per la parola di Dio, e la fiducia in essa, che permise a Davide d’albergare e, quindi, abitare al sicuro. Questo non perché egli andò a risiedere con Dio nel cielo, ma poiché osserverò la Sua parola e, quindi, la presenza di Dio era in lui.
Alla luce delle parole di Cristo possiamo affermare che chiunque rispetterà i precetti di Dio, sarà amato dal Padre, il quale andrà ad abitare da lui con Cristo. È una semplice verità che molti ignorano, poiché non prestano fede alla parola di Dio. E chi ha tale fede riuscirà a fare, alla fine di una giornata, la preghiera di Davide. Possiamo anche vivere negli agi più inimmaginabili, ma non sarà questo a donarci la serenità di cui godeva il riposo di Davide. Solamente la certezza d’abitare al riparo dell'Altissimo ci farà riposare all'ombra dell'Onnipotente. Se non hai questa certezza, significa che non sei in pace con Dio, pertanto, devi mettere in discussione la tua vita: Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesú Cristo, nostro Signore, (Romani 5:1). Soltanto se ti coricherai in pace, riuscirai a dormire in pace. E per possedere questa pace devi essere giustificato dal Creatore.

lunedì 23 novembre 2009

Peccato!

Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge (I Giovanni 3:4). Perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesú, nostro Signore (Romani 6:23).

È un peccato! Quante volte pronunciamo questa frase senza comprenderne pienamente il significato. Anzi, spesso il termine “peccato” è sostituito da altre parole per sminuirne l’essenza. Tuttavia gli increduli considerano il peccato un concetto inventato dall’uomo, di conseguenza qualcosa d’inesistente. Il Buddismo, invece, non riconosce l’idea di una condizione di peccato, mentre l’Induismo intende per peccato il prevalere dell'istinto e dell'ignoranza. È un concetto presente soltanto nelle tre religioni monoteiste. Nel cristianesimo ci sono varie denominazioni che detengono ognuna il proprio elenco interminabile di peccati.
Le traduzioni italiane della Bibbia contengono il vocabolo “peccato” circa quattrocento volte (dipende dalla versione). Penso che il primo dei due versi in epigrafe sia una buona definizione biblica di peccato. Il peccato è la violazione della legge, ma cosa significa? Beh, avevamo illustrato che esiste una legge divina che Cristo sintetizzò in due comandamenti: Gesú rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele: il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore: Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua. Il secondo è questo: Ama il tuo prossimo come te stesso. Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi" (Matteo 12:29-32). Inoltre, san Paolo ribadì che: …. il "non commettere adulterio", "non uccidere", "non rubare", "non concupire" e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: "Ama il tuo prossimo come te stesso" (Romani 13:9).
Qualcuno potrebbe però obbiettare che l’A. T. contiene svariati precetti i quali non possono essere certamente riassunti nei sunnominati versi. Oltretutto, Cristo affermò: "Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento (Matteo 5:17). E’ vero, Cristo non venne ad abolire ma a portare a compimento, dobbiamo tuttavia considerare che con il Suo sacrificio siamo entrati nel cosiddetto nuovo patto. Non abbiamo più bisogno d’offrire sacrifici così come prescritto nell’A. T., né c’è la necessità di rispettare tutti gli altri ordinamenti cerimoniali. Fu stabilito nella riunione (circa nel 50 d. C.) di Gerusalemme (Atti 15:1-35). Inoltre, l’apostolo Paolo chiarì il tutto successivamente nelle sue epistole, affermando in quella ai Galati: Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete cosí la legge di Cristo (Galati 6:2). Comprendiamo che ciò (portare i pesi degli altri è un atto d'amore) equivale all’ottemperanza della legge dell’amore (come illustrato in questo post).
E allora, in che senso Cristo portò a compimento la legge? Mentre ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, Gesú, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio, e aspetta soltanto che i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi (Ebrei 10:11-13). Quello che la legge non è riuscì a fare, lo compì Cristo, per questo motivo non dobbiamo più osservare i cerimoniali descritti nell’A.T.. Ma c’è un altro significato nelle parole di Gesù nel verso diciassette del capitolo cinque del Vangelo secondo Matteo. Poiché Egli portò la legge a compimento in ogni senso, ossia, nelle azioni, nelle parole e sopratutto nei sentimenti. Il Suo ammaestramento più duro lo evidenziò proprio riguardo quest’ultimo aspetto: "Voi avete udito che fu detto agli antichi: Non uccidere: chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale; ma io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale; e chi avrà detto a suo fratello: Raca sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: Pazzo! sarà condannato alla geenna del fuoco (Matteo 5:21,22). "Voi avete udito che fu detto: Non commettere adulterio. Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (Matteo 5:27,28). Come potete vedere la legge dell’amore, di Cristo, è molto più profonda di quanto possiamo pensare e va oltre a ciò che è visibile. In questo essa è compiuta!
Penso che Gesù provasse molto disgusto per la situazione sociale dell’epoca, tanto da proferire le seguenti parole: E Gesú disse loro: "Ben profetizzò Isaia di voi, ipocriti, com'è scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me (Marco 7:6). Quanta verità in queste parole, e come si adattano bene alla nostra società. Molti credenti professano la loro fede soltanto con le labbra, ma nel cuore hanno tanti sentimenti opposti a quelli ispirati dalla legge dell’amore. Anche l’apostolo Paolo lo rimarcò nella sua epistola ai romani: L'amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene (Romani 12:9). Così come san Pietro: Sbarazzandovi di ogni cattiveria, di ogni frode, dell'ipocrisia, delle invidie e di ogni maldicenza, (I Pietro 2:1). Quanta gente perbenista indossa oggi un abito d’ipocrisia, pensando di piacere al proprio Creatore, senza rendersi conto che i loro sentimenti sono caratterizzati dal male (ira, invidia, disprezzo, spietatezza), ignorando che ciò è peccato, poiché viola la legge dell’amore.
Il peccato, tuttavia, non è soltanto quanto descritto sino a questo punto. Il fratello di Gesù richiama un altro caso in cui è facile commettere peccato: Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato (Giacomo 4:17). Quanti cristiani potrebbero fare del bene ma non lo attuano per avarizia, gelosia o indifferenza. Dove è l’amore in questi comportamenti? Basta seguire alcuni siti (non i media ufficiali ormai troppo condizionati) o blog d’informazione, per restare sconcertati e disgustati da quante volte i potenti o la gente comune omette di fare del bene per puro egoismo. In ogni caso, lo scopo di questo post non è quello di fare un elenco interminabile di regole e precetti come molti forse si aspettavano, poiché è peccato, penso sia chiaro, qualsiasi cosa contrasti con la volontà rivelata di Dio.
Se desideriamo conoscere la peccaminosità di determinate azioni, pensieri o parole, dobbiamo accostarci all’unica parola in grado di giudicare e penetrare lì dove non riuscì nemmeno Sigmund Freud: Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, piú affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore (Ebrei 4:12). Potrei anche fare un elenco di peccati, ma se non ci accostiamo alla parola di Dio, che per mezzo dello Spirito Santo ci convincerà di peccato, il tutto sarà inutile.
Non credo che alla luce di ciò qualcuno potrebbe affermare d’essere privo di peccato, e se qualcuno ne fosse convinto (o pensa di non aver fatto mai del male a qualcuno) legga i seguenti versi: Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi (I Giovanni 1:8) - Com'è scritto: "Non c'è nessun giusto, neppure uno (Romani 3:10) - Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Romani 3:23). Certo, penserà qualcuno, abbiamo ereditato il peccato originale, in questo senso siamo tutti peccatori. No, assolutamente, noi abbiamo ereditato una natura tendente al peccato, fatto che è ben differente dal ereditare il peccato di qualcun altro e nella fattispecie di Adamo ed Eva. In questo caso (dato che si nasce peccatori) un bambino non potrebbe entrare nel regno dei cieli, eppure, Cristo affermò l’opposto, poiché disse che bisogna assomigliare ai bambini per entrare nel regno dei cieli: Gesú, veduto ciò, s’indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro (Marco 10:14). Elencare i precetti di una determinata fede non è poi così sbagliato, però, è facile cadere in tale modo nell’ipocrisia farisaica costituita da una vita legalista in cui è sufficiente l’osservanza delle prescritte regole, con dei sentimenti, magari, opposti a ciò che si sta ottemperando. Cristo condannò duramente quest’atteggiamento: "Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava cosí dentro di sé: O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adúlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo. Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me, peccatore! Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato" (Luca 18:10-14).
Si corre un ulteriore pericolo nel formulare una lista di regole da osservare: "Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare (Matteo 23:13). Se continuate a leggere il passo fino al verso trentatré, noterete che i farisei con la loro tradizione avevano aggiunto o modificato la legge a propria convenienza così da renderla impraticabile per taluni, ma comunque praticabile (per chi ci riusciva) nell’ipocrisia. E questo rispecchia una vita certamente non mossa dall’amore per il proprio Creatore ma purtroppo “politically correct”. La società odierna assomiglia molto alla realtà dell’epoca ed è animata sopratutto dall’immagine, si guarda soltanto all’esteriore, senza alcun riguardo ai sentimenti (per quanto visibile) che motivano le persone nelle loro azioni. L’Onnisciente, però, vede dove nessuno può arrivare: ….. infatti il SIGNORE non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: l'uomo guarda all'apparenza, ma il SIGNORE guarda al cuore" (I Samuele 16:7).
Dio non si lascia ingannare dalle apparenze, né dalle parole, difatti: …. di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; (Matteo 12:36). E allora amiamoci tutti senza alcun riguardo ad altro, potrebbe pensare qualcuno. No, infatti, se qualcuno mi chiedesse se l’adulterio è peccato, risponderei di sì, perché è scritto: Non commettere adulterio (Esodo 20:14). È importante, però, che il peccatore si accosti alla parola di Dio, contrariamente non potrà mai prendere coscienza di questo peccato, e condurrà una vita piena d’insoddisfazione senza rendersi conto che la causa consiste nel peccato. Sarà una vita su cui penderà la condanna a morte se egli non si pentirà, poiché sta scritto che, come si legge nel secondo verso in epigrafe, il salario del peccato è la morte.
Il verso espone una duplice verità, nel senso che per mezzo del peccato è subentrata la morte fisica, la quale, però, catapulterà l’impenitente in quella eterna, ossia, senza fine. La Bibbia afferma che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Romani 3:23), ma qual è il pieno significato del vocabolo “peccato”? In Genesi al capitolo quattro verso sette, dove la parola è menzionata per la prima volta, il testo ebraico riporta il termine khat-taw-aw' il quale a sua volta deriva da khaw-taw' che significa “fallire il bersaglio”. L’espressione esprime l’idea di un arciere che scocca la freccia sbagliando la mira. Anche nel testo greco una delle parole per descrivere il peccato, hamartia che deriva da hamartano, richiama il concetto appena illustrato. Adesso immaginatevi una finale olimpica di tiro con l’arco in cui basta fare un centro per conquistare la medaglia d’oro, ma per distrazione l’arciere manca il bersaglio, rendendosi conto che la colpa è solo sua e a nient’altro attribuibile, la delusione e il pianto sarebbero incommensurabili non solo per lui ma anche per chi lo circonderebbe nei suoi affetti. Questo rappresenta un po’ ciò che accade a chi pecca. Ma qualcuno potrebbe chiedersi: come mai non provo il rimorso di cui abbiamo parlato se siamo tutti dei peccatori? E come mai molti sono incoscienti d’aver sbagliato il tiro? Beh, è semplice, Cristo parlò di una trave, una trave che impedisce all’occhio di vedere: Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? (Matteo 7:3). Per riuscire a vedere i nostri sbagli dobbiamo innanzitutto usare dell’acqua, la parola di Dio, affinché rimuova ciò che impedisce la nostra visuale. Soltanto allora ci renderemo conto degli errori (bersagli falliti, ossia, peccati) commessi, riuscendo, inoltre, da quel momento in poi anche a fare centro (non peccare). Nel momento in cui ci renderemo conto d’aver sbagliato, saremo colti da una profonda angoscia, la medesima che prova l’arciere nel descritto esempio, tale dolore sarà così forte da coinvolgere i nostri sentimenti, poiché avremo capito d’aver perso qualcosa di molto prezioso. Ma la buona notizia consiste proprio nel Vangelo, infatti, è tale perché nonostante tutto fosse perso, Cristo è venuto a morire sulla croce per rimediare ai nostri errori. Non serve altro, tutto fu compiuto sulla croce, dobbiamo soltanto riconoscere i nostri errori e confessarli, credendo che Egli morì anche per noi. E se la parola di Dio mette in luce dei peccati, e pensi magari che la tua situazione sia irrecuperabile, non disperare, l’importante è che tu abbia preso coscienza dei tuoi errori, poiché Egli oggi ci dice (dopo aver riconosciuto i propri errori): "Poi venite, e discutiamo", dice il SIGNORE: "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana (Isaia 1:18).
Non dobbiamo pensare all’italiana, ossia, ma tanto all’ultimo, se Dio è amore, farà un condono generale, pertanto, perché preoccuparsi? Stiamo attenti, l’apostolo Paolo evidenziò la giustizia Divina, rivelata nell’A.T., per ammonire i credenti di Corinto: Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche (I Corinzi 10:11). Se volete conoscere la giustizia Divina, provate a leggere il Pentateuco. Noterete la crudeltà del peccato e l’odio che Dio prova per esso, inoltre, scoprirete che fu sempre punito. Dio è amore, ma è anche giusto, un aspetto non molto conosciuto e compreso, però, ben evidenziato nelle Scritture. Non culliamoci nella mentalità italiana.
È in Cristo che oggi c’è offerta la salvezza, la quale, magari, non ci risparmierà la morte fisica, ma ci eviterà di subire quella eterna. Non giochiamo con il fuoco: Perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante (Ebrei 12:29). Pertanto: Badate di non rifiutarvi d'ascoltare colui che parla; perché se non scamparono quelli, quando rifiutarono d'ascoltare colui che promulgava oracoli sulla terra, molto meno scamperemo noi, se voltiamo le spalle a colui che parla dal cielo; (Ebrei 12:25). Dio ci benedica!

giovedì 19 novembre 2009

Il nemico del regno dei cieli.

L’essere di cui parleremo oggi è circondato purtroppo da moltissimo scetticismo. Probabilmente perché comunemente è raffigurato con la coda, le corna e la forca in mano. Avrete capito che ci occuperemo di Satana. E il suo nome ci rivela il ruolo che svolge, poiché significa “l’avversario”. Egli è l’avversario di Dio, infatti, è in continua lotta con il Creatore e quindi ne ostacola l’opera. Non è che con ciò si mette in discussione o in pericolo la regalità e sovranità del Creatore (anche se la letteratura ci ha abituati a una lotta perenne tra il bene e il male). No, nulla di tutto questo. Il Creatore ha il pieno controllo su Satana, addirittura su di lui pende già la condanna. Purtroppo, Adamo ed Eva consegnarono la nostra terra a Satana, nel momento in cui disubbidirono all’unico precetto di Dio. Nonostante tutto il regno dei cieli giunse, per mezzo di Cristo, fino a noi. Attraverso il Suo sacrificio ristabilì quella comunione che andò perduta nel giardino dell’Eden.
Eppure questo non toglie il fatto che Satana continua a essere il principe (Giovani 12:31) o dio (II Corinzi 4:4) di questo mondo. Però, il suo potere è limitato nel tempo, non può andare oltre di un solo secondo o frazione di esso, né può toccare un suddito del regno dei cieli senza il permesso di Dio (Giobbe 1,2) il quale non permetterà che sia provato oltre le proprie forze: Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, affinché la possiate sopportare (I Corinzi 10:13).
Qual è l’attività di Satana? Il secondo appellativo, Diavolo, c’è lo svela. Questo nome deriva dal greco “diablos” che significa “accusatore”. Egli ci accusa dinanzi al Creatore. Gli mostra i nostri misfatti che Dio chiama sempre peccati. E poiché il suo scopo primario è quello di distruggere l’opera del Creatore, si usa d'alcuni uomini per devastare il creato. Pensate alle condizioni in cui versa il nostro pianeta. Dio ci ha concesso tanta conoscenza scientifica, e invece d’usarla per preservare il nostro pianeta, è stata adoperata per rovinarlo. Abbiamo la capacità tecnologica che ci permetterebbe di trasformare la terra in un posto veramente incantevole. Ma l’egoismo regna sovrano e l’altruismo è presente soltanto alle condizioni del “do ut des”. Il nemico del regno dei cieli sfalda le famiglie per distruggere la società e piegarla al suo volere.
Eppure, come affermato in premessa, la maggioranza degli uomini è molto scettica, riguardo alla sua realtà. Beh, anche questa convinzione fa parte della strategia di Satana. Convincere l’uomo della sua inesistenza o identificarlo con qualcosa di mitologico e privo di personalità lo pone nella sua lotta in grande vantaggio. Dobbiamo però evidenziare che egli si presentò all’uomo in una veste certamente non convincente. Infatti, la prima comparsa biblica l’abbiamo nel giardino dell’Eden in cui non si presentò come ciò che è (un angelo decaduto) ma si usò di un serpente per condurre l’uomo alla caduta. Né si mostrò a Eva come un essere splendete, sfociando tutta la sua potenza e magari avvisandola dicendole: “Vedi che io sono l’avversario del tuo Creatore”. No, comparì in un serpente, e il libro del Genesi evidenzia che era il più astuto degli animali. Forse fu proprio l’astuzia presente nel serpente che convinse Eva, la quale di conseguenza disubbidì al precetto di Dio.
La Bibbia rivela chiaramente che il Diavolo possiede una personalità (vedi I Pietro 5:8, Giovanni 8:44, II Timoteo 2:26, Luca 4:3-9) e quindi come tale non è semplicemente la rappresentazione filosofica del male ma ne è l’istigatore. In quest’opera si serve dei suoi collaboratori, gli angeli decaduti e i demoni. Anche se nella terminologia di uso comune capita d’adoperare il plurale di Diavolo, ossia, diavoli, dobbiamo chiarire che la realtà del Diavolo è una personalità unica. Quelli che comunemente sono definiti diavoli sono degli angeli decaduti o demoni. Il coordinatore e capo di questa schiera è invece il Diavolo, pertanto, esiste soltanto un Diavolo.
Le origini di Satana sono descritte in due libri profetici (vedi Isaia 14:12-15; Ezechiele 28:12-19). Se avete letto i passi, noterete che Egli era un cherubino, protettore del trono di Dio, pieno di sapienza e bellezza. La superbia fu causa della sua decaduta, poiché ambì divenire come Dio, in altre parole, la creatura volle occupare il posto del Creatore. L’orgoglio lo accecò a un punto tale da ritenersi all’altezza del suo Creatore. Questo è un sentimento comune anche nell’uomo, l’essere vivente che Satana cerca d’assoggettare alla sua volontà, e nel quale basta suscitare il medesimo sentimento per allontanarlo dall’Altissimo. Tuttavia, l'obiettivo primario è quello di strappare dei sudditi dal regno dei cieli così da sottometterli al suo volere. Ma ogni vero cristiano è a conoscenza di ciò: il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti (Efesini 6:12).
Satana ambisce tuttora l’adorazione che è dovuta soltanto a Dio, posto che egli vorrebbe occupare. Egli nella sua conquista userà ogni mezzo, poiché essendo una creatura spirituale, possiede dei poteri superiori a quelli dell’uomo, e adopererà perfino le forze della natura per abbattere e tentare l’uomo fedele a Dio (Giobbe 1:12-22). Proprio perché la sua attività consiste nel tentare l’uomo a infrangere le leggi Divine è nominato anche come il “tentatore” (Mateo 4:3, I Tessalonicesi 3:5). Ma cosa s’intende con il termine “tentazione”? La prima definizione di un dizionario riporta che equivale alla sollecitazione o istigazione al male. Possiamo comprendere pienamente quest’attività di Satana leggendo il passo evangelico in cui si narra della tentazione che subì Cristo (Matteo 4:2 -11). Se avete letto il brano, noterete che egli tentò Gesù dopo un digiuno di quaranta giorni (in un momento di debolezza). Egli è veramente astuto e spietato, e non si asterrà da nulla pur di conquistare una creatura di Dio. Dobbiamo però precisare che egli possiede soltanto dei poteri “preternaturali” e non “sopranaturali”, cioè, egli ha delle capacità maggiori a quelle nostre ma comunque inferiori a quelli del Creatore (così come qualsiasi altro essere angelico). Spesso si usa (capita anche a me) il termine “sopranaturale” in relazione a tutto ciò che va oltre le capacità naturali dell’uomo, ma, in effetti, quando parliamo di poteri angelici dovremmo fare la suddetta distinzione per distinguere l’Onnipotente dalle creature. Infatti, il Diavolo non crea dal nulla, ma riesce soltanto a manipolare la materia (Giobbe 1:12-22, Esodo 7:10-8:7), così come non è onnipresente e onnisciente. Egli è un essere finito, nettamente sottomesso all’infinito Creatore.
Un’altra caratteristica di Satana è la menzogna: …. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c'è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo perché è bugiardo e padre della menzogna (Giovanni 8:44). Cristo lo identificò come il padre della menzogna, perché? Poiché esordì nella storia umana con la menzogna. E per fare ciò preparò il terreno con il dubbio: …. "Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?" La donna rispose al serpente: "Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete". Il serpente disse alla donna: "No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male" (Genesi 3:1-5). È interessante osservare che l’affermazione di Satana non fu l’assoluta falsità, infatti, alla verità aggiunse una menzogna, cioè, il tutto fu una mezza verità. E questo non solo ci mostra che le mezze verità sono delle menzogne, ma dimostra oltretutto che è sbagliato aggiungere delle parole alla parola di Dio: Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla, ma osserverete i comandamenti del SIGNORE vostro Dio, che io vi prescrivo (Deuteronomio 4:2) - Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; (Apocalisse 22:18). È con la bugia che Satana conquisterà il governo di questo mondo pretendendo l’adorazione: l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto quello che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e dicendo ch'egli è Dio. - La venuta di quell'empio avrà luogo, per l'azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi, (II Tessalonicesi 2:4,9). Nella medesima maniera con cui sedusse i primi due uomini della storia, conquisterà l’umanità alla fine dei tempi, ossia, con la menzogna.
Martin Lutero disse: “Il diavolo è la scimmia di Dio”. Egli cerca d’imitare l’opera di Dio in ogni senso e in questo è disposto perfino a travestirsi da angelo di luce. Tuttavia san Paolo scrisse che: Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema (Galati 1:8). E nel verso seguente lo ripeté: Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema (Galati 1:9). Perché tanta insistenza? Affinché comprendiamo che possediamo un’arma molto efficace per sconfiggere il nemico delle anime nostre: Prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio; (Efesini 6:17). La parola di Dio è la spada con cui mettiamo in fuga il leone ruggente (I Pietro 5:8). Non abbiamo bisogno d’altro, Cristo lo dimostrò usando esclusivamente la parola di Dio per sconfiggere il nemico (rileggete il citato passo di Matteo 4:3-11).
Abbiamo brevemente esposto l‘origine, le caratteristiche e l’opera di Satana, ma quale sarà la sua fine dato che la condanna ormai è scritta? E il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli (Apocalisse 20:10). Questo è l'epilogo del nemico del regno dei cieli, è già scritto. Cristo schiacciò la testa di quel serpente, che sedusse Eva, sulla croce, affinché il peccato non avesse alcun potere mortale su chi crede in LUI! A Dio, unico in saggezza, per mezzo di Gesú Cristo sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen (Romani 16:27).

sabato 7 novembre 2009

La cittadinanza del regno dei cieli si acquisisce soltanto per nascita!

Gesú gli rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio" (Giovanni 3:3).

Il titolo dell’odierno post svela chiaramente l’argomento di cui ci occuperemo, anche se a prima vista può sembrare incomprensibile. Perché? Beh, l’immaginario comune è che siamo tutti figli di Dio e, quindi, cittadini del regno dei cieli. Di conseguenza se siamo nati su questo pianeta, possiamo ritenerci tutti figli di Dio essendo l’intera umanità di discendenza adamitica. Però, il verso in epigrafe ci rivela che bisogna nascere di nuovo, cioè, una seconda volta. A questo punto qualcuno potrebbe pensare che Jonny questa volta ha perso il lume della ragione, poiché come si fa a nascere di nuovo ritornando nel grembo della propria madre? In effetti, non è poi così assurdo avere una tale perplessità, infatti, è la stessa che ebbe Nicodemo, un dottore della legge (una delle più alte figure religiose dell’epoca), quando Cristo replicò in merito a delle sue convinzioni: C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Egli venne di notte da Gesú, e gli disse: " Rabbí, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui". Gesú gli rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio". Nicodemo gli disse: "Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?" Gesú rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; cosí è di chiunque è nato dallo Spirito" (Giovanni 3:1-8).
Chiariamo innanzitutto che cosa s’intende con cittadinanza. In ambito giuridico indica quell’insieme di diritti e doveri di un soggetto (persona fisica) appartenente a uno stato. Ma come si acquisisce la cittadinanza? Si può acquisire per un diritto di sangue, di suolo, per il fatto d’aver contratto matrimonio con un cittadino dello stato per cui si richiede la cittadinanza, o per naturalizzazione (a seguito di un provvedimento della pubblica autorità, subordinatamente alla sussistenza di determinate condizioni).
Dal citato passo biblico è chiaro che la cittadinanza celeste si acquisisce soltanto per un diritto di sangue, e cioè per il fatto che si è nati da un genitore in possesso della cittadinanza. Giuridicamente dovremmo usare il termine latino “ius sanguinis”, e in alcuni ordinamenti deve trattarsi esclusivamente del padre. Questo è proprio il caso di cui parlava Gesù. Se è vero che siamo tutti delle creature di Dio non lo è altrettanto per quanto riguarda la Sua figliolanza. Come accennato, possiamo acquisire in vari modi la cittadinanza di uno stato, ma l’unico modo per acquisire quella celeste è quello d’essere rigenerato da Dio (nato di nuovo). Tutto questo ha forse una qualche attinenza con la reincarnazione? No, nulla di tutto ciò. Gli ultimi quattro versi del citato passo evangelico (dal verso cinque al verso otto) chiariscono ciò di cui ci stiamo occupando. Infatti, possiamo capire che questa nuova nascita si riferisce a una realtà spirituale, poiché il nostro essere non è composto soltanto da carne ma anche dall’anima e dallo spirito. Siamo degli esseri trini. Possiamo, quindi, affermare affinché la nuova nascita abbia luogo, deve avvenire una rigenerazione del nostro spirito. Ed è proprio dallo spirito che Egli ha iniziato (non è però il primo atto creativo in assoluto poiché il primo si compì con la risurrezione di Cristo) la Sua nuova creazione che culminerà con i nuovi cieli e la nuova terra, contrariamente alla prima in cui la parte spirituale fu l’ultimo atto creativo dell’attuale realtà.
Ma per opera di chi avviene il tutto? Beh, se vogliamo divenire figli di Dio, ciò può avvenire soltanto per opera Sua. È Cristo stesso a precisarlo quando disse: In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. La Scrittura ci rivela che l’acqua è un simbolo delle parola di Dio: per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, (Efesini 5:26). Pertanto la Parola, simboleggiata dall’acqua, ha una proprietà purificatrice ma quest’azione, ha luogo soltanto per opera dello Spirito Santo che convince il lettore di peccato conducendolo così al ravvedimento, sempre nei limiti del nostro libero arbitrio, rigenerando a seguito di quest’atto il nostro spirito. Tuttavia come può avvenire una cosa del genere se non vedo nulla? Anche a questo quesito Gesù non lasciò dubbi: Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; cosí è di chiunque è nato dallo Spirito.
Cristo non venne sulla terra per parlare a dei meteorologi ma a della gente comune. Quando proferì le suddette parole, intendeva insegnare che non possiamo vedere il vento né da dove viene né dove va, ma esso soffia, dove vuole, e pur essendo invisibile ne percepiamo gli effetti. Le parole di Cristo spiegano molto bene cosa accade quando qualcuno nasce di nuovo. Infatti, nonostante non riusciamo a osservare questa rigenerazione, se ne possono, però, osservare gli effetti, e ciò è un’esperienza vera che coinvolge l’intera personalità. E' reale ma invisibile come il vento che soffia, un cambiamento che interessa tutto il nostro essere. A questo punto qualcuno evidenzierà che non ha ancora riscontrato il “ius sanguinis”, in altre parole, in virtù di quale legame di sangue nasciamo di nuovo? La risposta la possiamo trovare nelle parole del fratello di Gesù: Non v'ingannate, fratelli miei carissimi; ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c'è variazione né ombra di mutamento. Egli ha voluto generarci secondo la sua volontà mediante la parola di verità, affinché in qualche modo siamo le primizie delle sue creature (Giacomo 1:16-18). Egli ha voluto generarci, come? Mediante la parola di verità! E qual è questa parola di verità? Santificali nella verità: la tua parola è verità (Giovanni 17:17). Però per essere figli di Dio dobbiamo avere un legame di sangue con Lui e non con la sua Parola. Beh, la natura di questo legame la rivelò l’apostolo Giovanni: E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, …. (Giovanni 1:14). La Parola s’è fatta carne, ecco il legame di sangue. Quella parola del Creatore non è rimasta inattiva o passiva ma s’è fatta carne, affinché chiunque crede in Lui abbia vita eterna. Per cui, quella parola dovette incarnarsi e spargere il proprio sangue che creò e crea il “ius sanguinis” dei figli di Dio: Gesú rispose loro, dicendo: "L'ora è venuta, che il Figlio dell'uomo dev'essere glorificato. In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto (Giovanni 12:22-23) - Gesú, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio (Ebrei 10:12). Il sacrificio della Parola incarnata ci permette di diventare figli di Dio. Credere in Gesù Cristo significa credere nella Sua parola, e credere nella Parola di Cristo produce, quindi, ciò che san Pietro scrisse (che non fu il primo papa della chiesa): perché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, cioè mediante la parola vivente e permanente di Dio (I Pietro 1:23).
Molti si chiederanno: come posso comprendere d’essere nato di nuovo? È semplice, poiché quest’esperienza produrrà ciò che ogni nascita comporta. Innanzitutto un pianto, cioè, i sentimenti saranno talmente coinvolti da scaturire un pianto, però non sempre accade perché dipende dalla personalità, ma il pianto rappresenta bene ciò che si verifica. Infatti, in un neo nato serve a riempire i polmoni d’aria, cioè a respirare, e nel caso della nuova nascita, il nato di nuovo avvertirà il bisogno incessante di pregare, poiché la preghiera è il respiro dell’anima, così come il pianto del neo nato serve ad avviare la respirazione. Un altro bisogno primario sarà quello dell’alimentazione, avrà fame, una "fame" per la parola di Dio, non potrà fare a meno d’alimentarsi del puro latte (1 Pietro 2:2) spirituale, così come un neo nato non può restare a digiuno (Matteo 4:4). Sarà una nuova vita, come lo è per ogni nascita. La vecchia vita non esisterà più, perché si avranno altri desideri totalmente opposti a quelli precedenti. Si gusterà semplicemente il dono di una nuova vita. La conversione di Zaccheo illustra molto bene cosa accade quando si nasce di nuovo: Ma Zaccheo si fece avanti e disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il quadruplo" (Luca 19:8). In altre parole, avverrà una conversione, etimologicamente, un cambiamento di rotta. Anche l’apostolo Paolo lo sperimentò quando da persecutore divenne seguace di Cristo, cioè cristiano (Atti 9).
Volete una testimonianza personale? La prima cosa che provai fu un sollievo immediato, come se qualcuno mi avesse sollevato da un enorme peso, che scaturì in un pianto e una preghiera d’immensa gratitudine. Se prima ragionavo con i pugni, oggi prevale un sentimento d’amore e compassione, e se prima non sentivo il bisogno d’accostarmi giornalmente alla parola di Dio, oggi non posso farne a meno, così come non riesco a concludere una giornata senza aver parlato con il mio Re. Pensate, il Re dell’universo che è sempre pronto ad ascoltare i Suoi figli, senza alcun bisogno d’annunciarsi o di protocollo. Se devo riassumere la mia esperienza in tre parole, esclamerò: una vita nuova! Riassumendo possiamo affermare che cittadini del regno dei cieli si diventa credendo nella parola di Dio la quale produrrà per opera dello Spirito Santo una rigenerazione dello spirito, in altre parole una nuova nascita. Pertanto, oggi l’appello è: chi desidera nascere di nuovo acquisendo così la cittadinanza celeste? Se lo vuoi, puoi, poiché ciò rientra nel tuo libero arbitrio. Credi nella Parola incarnata, ravvediti e confessaGli tutti i tuoi peccati, lì dove sei, basta una semplice preghiera cui Egli non esiterà a rispondere, compiendo in te il miracolo della vita, quella eterna. Il Re dell’universo ci benedica!

mercoledì 28 ottobre 2009

La "Costituzione" del Regno dei Cieli

E Gesù gli disse: Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutta la mente tua. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile ad esso, è: Ama il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge ed i profeti. (Matteo 22:37-40)

Desidero ampliare quest’argomento di cui avevamo fatto un breve accenno nell’ultimo post, ma innanzitutto dobbiamo chiarire cosa s’intende con Costituzione. La Costituzione è la legge fondamentale di uno stato, o nel nostro caso regno, ed è posta a garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini, definendone anche la forma di governo. Tutte le leggi emanati non potranno violare o ledere in alcun modo i diritti sanciti nella Costituzione. Come riferito nell’ultimo post, oggi osserviamo più che mai alla violazione dei diritti garantiti dalle Costituzioni di vari paesi definiti democratici. Pensiamo per esempio al diritto al lavoro, alla salute o alla libertà di religione.
Ma torniamo ad un passo biblico che ci riporta al titolo del post: Infatti il "non commettere adulterio", "non uccidere", "non rubare", "non concupire" e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: "Ama il tuo prossimo come te stesso". L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è l'adempimento della legge (Romani 13:9-10). L’amore è l’adempimento della legge, possiamo quindi affermare che se l’amore è presente nelle nostre azioni avremo adempiuto ciò che la legge prescrisse, e cioè i dieci comandamenti. Pertanto, se il primo comandamento di cui in epigrafe recita “ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutta la mente tua” non violerò i primi cinque comandamenti della legge (Esodo 20) Divina, così come non violerò gli ultimi cinque comandamenti per non trasgredire il secondo che recita “ama il tuo prossimo come te stesso”.
Ma che cosa è l’amore per te? Per molti l’amore significa eros, eppure nei testi originali del N. T. non si rinviene questo termine. L’amore, di cui parla il Creatore, possiamo rinvenirlo nel passo biblico che ho pubblicato in questo post. Mentre se desiderate capirne il significato potete leggere quest’altro post. Il Creatore non esige nulla in cambio all’infuori del nostro cuore: Figlio mio, dammi il tuo cuore, e gli occhi tuoi prendano piacere nelle mie vie; (Proverbi 23:26). Se i nostri occhi prenderanno piacere nelle vie di Dio allora avremo adempiuto la legge dell’amore, unico precetto del regno dei cieli.
Qualcuno potrebbe obbiettare che Dio non gli ha mai mostrato il proprio amore. Eppure Egli afferma nella Sua parola che: In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati (I Giovanni 4:10). Chi di noi sarebbe disposto a offrire proprio figlio per salvare un'altra persona magari pluriomicida? Il Creatore l’ha compiuto: Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3:16). Questa è la legge dell’amore, offrire la propria vita per gli altri (ciò non significa necessariamente andare a morire). Nel regno dei cieli non c’è posto per coloro che pensano soltanto a se stessi.
I governi odierni pur fondando le loro Costituzioni su principi cristiani mostrano purtroppo troppa apatia nei confronti del prossimo e di Dio, mascherati magari da un abito di perbenismo, nell’ipocrisia più impensabile. La libertà religiosa è violata giornalmente in vari luoghi del nostro paese (vedi quest’articolo) così come altri diritti. Nel regno dei cieli questo non può accadere, perché se amiamo il nostro prossimo, non interferiremo nelle sue scelte, così come il nostro Creatore non interferisce nelle scelte che ognuno di noi compie giornalmente. Egli desidera che il tutto avvenga liberamente suscitato da un sentimento d’amore nei Suoi confronti: Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo (I Giovanni 4:19).
La Costituzione del regno dei cieli può essere riassunto anche in questa semplice “equazione”: amore per Dio = amore per i Suoi precetti = amore per il prossimo, ossia, amore per i Suoi precetti = amore per il prossimo = amore per Dio. Invece se dovessimo applicare l’art. 1 della Costituzione (L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.) al regno dei cieli dovremmo modificarlo affinché reciti: Il regno dei cieli è una monarchia, fondata sull’amore. La sovranità appartiene al Creatore e Signore dell’universo che la esercita per il bene dei Suoi figli. Mentre l’art. 2 reciterebbe “ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutta la mente tua”, e l’art. 3 ”ama il tuo prossimo come te stesso”. Questi tre semplici articoli illustrano un po’ l’ipotetica Costituzione del regno dei cieli in cui tutti i sudditi sono considerati dei figli e come tali ubbidiscono liberamente ai precetti del loro Padre celeste senza alcuna costrizione. Mentre in questo mondo la libertà personale va e andrà scemando in nome della democrazia, il regno dei cieli avanza per donare libertà all’anima oppressa da una società in declino. Ribadisco che il Creatore non costringe o forza nessuno, Egli parla semplicemente attraverso la Sua parola ricordandoci un bene eterno: Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!" (Ebrei 4:7). A noi rimane soltanto scegliere se vivere nel Suo regno o nel nostro (governato però da Satana). Pertanto l’appello rimane il medesimo descritto nel seguente passo, e personalmente ho compiuto la medesima scelta che migliaia d’anni orsono compì Giosuè: …. se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE" (Giosuè 24:15). Nel caso in cui sceglierai di far parte del regno dei cieli, credendo nell’opera sacrificale di Gesù Cristo, aderirai alla Costituzione il cui titolo è “AMORE”!

lunedì 19 ottobre 2009

Il Creatore non è democratico!

I governi occidentali vivono ormai da più secoli in democrazia. Sotto questa forma di governo abbiamo conosciuto il benessere e lo sviluppo socio economico dei popoli. Molti diritti sono stati acquisiti in nome delle famose parole nate nella rivoluzione francese: liberté, égalité e fraternité. Nonostante ciò i diritti di moltissime persone sono violati giornalmente, l’abuso di potere è sempre presente nelle cronache e di conseguenza l’ingiustizia regna sovrana. Le democrazie mostrano sempre più che le libertà si trasformano in proibizionismo così come l’uguaglianza diventa disuguaglianza e la fraternità decade in ostilità. Pertanto la democrazia non è una garanzia di benessere sociale e personale. D’altro canto la storia ci insegna che le monarchie non hanno certamente condotto i popoli alla prosperità. Anzi spesso sono sfociate in sanguinose tirannie in cui i popoli sono finiti nella miseria.
Il titolo svela che il Creatore non è un democratico e dall’introduzione sembra che non è nemmeno un monarca, ma vediamo cosa scrisse il Salmista: Poiché il SIGNORE è un Dio grande, un gran Re sopra tutti gli dèi. Nelle sue mani sono le profondità della terra, e le altezze dei monti sono sue. Suo è il mare, perch'egli l'ha fatto, e le sue mani hanno plasmato la terra asciutta. Venite, adoriamo e inchiniamoci, inginocchiamoci davanti al SIGNORE, che ci ha fatti. Poich'egli è il nostro Dio, e noi siamo il popolo di cui ha cura, e il gregge che la sua mano conduce (Salmo 95:3-7).
Egli è Re e, quindi, un monarca, questa è la forma di governo del nostro Creatore. Ma che cosa è esattamente una monarchia? La monarchia è un regno in cui il potere è detenuto soltanto da un uomo, egli governa tutto e tutti i suoi sudditi, e di conseguenza non ci sono un parlamento, né partiti né elezioni. Tutti i poteri sono nelle mani del monarca, sia il potere esecutivo e sia quello legislativo, così come il potere giurisdizionale, in altre parole egli emana, applica e fa rispettare tutte le leggi, senza alcun dibattito o confronto politico. Forse a qualcuno può sembrare la descrizione di una dittatura, ma questo perché, penso, la storia ci ha abituati a delle monarchie in cui i re furono dediti soltanto ai propri interessi.
Purtroppo anche le democrazie stanno declinando in pseudo democrazie per i motivi di cui in premessa. Chi detiene un potere politico è sempre più tentato a usarlo per i propri scopi. Si è talmente convinti del proprio operato che taluni (p. e. il Presidente Berlusconi) non esitano, anche se ironicamente, a sostituirsi al Creatore, o per usare le medesime parole, al Padre eterno. Nel regno del Creatore non si riscontrano, però, in alcun modo abusi e soprusi di alcun genere da parte del Regnante. Anzi, Egli è un Re (e non uno qualunque, ma il Re dei re) che desidera e si prodiga soltanto per il bene dei suoi sudditi. Egli venne in terra ad annunciare questo regno, donò la propria vita affinché, credendo, ogni Sua creatura possa divenire un suddito del regno. Egli ama i propri sudditi da considerarli fratelli e, quindi, figli dello stesso Padre.
Ma come si chiama questo regno? Nel Vangelo Cristo lo definì sempre come regno dei cieli, indicandone in un’occasione anche l’appartenenza: Ma se è con l'aiuto dello Spirito di Dio che io scaccio i demòni, è dunque giunto fino a voi il regno di Dio (Matteo 12:28). Però, se il regno dei cieli (di Dio) è giunto fino a noi, non viviamo per niente in un mondo paradisiaco così come vissero Adamo ed Eva, perché? I nostri progenitori scelsero, nel momento in cui disubbidirono all’unico precetto del Creatore, di sottrarsi al governo Divino, consegnandolo, di fatto, a Satana. Tuttavia Egli non è definito come il re di questo mondo, ma ne è descritto come il principe: quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato (Giovanni 16:11). La venuta di Cristo ha segnato la fine del suo regno, nel senso che da allora il regno dei cieli avanza nella conquista del regno di Satana, cioè esso cerca di strappare dei sudditi (morti nel peccato) al regno di Satana (su cui pende il giudizio) per condurli nel regno di Dio. Egli rimane un principe che come tale resta sottomesso al Re il quale ha già emesso il giudizio: E il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli (Apocalisse 20:10).
Perché il Creatore non eseguiva questo giudizio su Satana immediatamente alla caduta dell’uomo risparmiando all’umanità una storia così travagliata? Egli è un Dio d’amore e non vuole essere amato e servito per costrizioni o imposizione, ma desidera che l’uomo compia una scelta autonoma in cui decida d’entrare a fare parte volontariamente del Suo regno, altrimenti che Re sarebbe? Assomiglierebbe a un tiranno il quale è, come sappiamo, ben diverso da un re. Infine dobbiamo considerare che ogni regno è governato da regole. A questo punto qualcuno penserà che il regno dei cieli abbia troppe regole. Eppure non è così: "Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?" Gesú gli disse: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: Ama il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti" (Matteo 22:36-40). Questi due comandamenti potremmo definirli come le parole della carta costituzionale del regno dei cieli. Sì, perché il regno dei cieli è un regno d’amore in cui rispettando questi due semplici precetti avrò adempiuto tutta la legge di Dio: Infatti il "non commettere adulterio", "non uccidere", "non rubare", "non concupire" e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: "Ama il tuo prossimo come te stesso" (Romani 13:9). Notiamo che il regno dei cieli non è poi una cosa così irraggiungibile come molti pensano o come lo stesso nome ci induce a pensare. Difatti, i confini del cielo (fisico) o universo rimangono e rimarranno invalicabili per noi, ma non il regno dei cieli che è qualcosa di diverso. Certo in esso ci saranno un nuovo cielo e una nuova terra, ma il Creatore in questa nuova Creazione ha iniziato a costruire il Suo regno andando a cercare e salvare ciò che era perduto, e, cioè, le sue creature: ….. il Figlio dell'uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto" (Luca 19:10). Bisogna, inoltre, ricordare che ogni riscattato, suddito o figlio di Dio è chiamato a svolgere la propria funzione, che è quella d’ambasciatore, così come avviene in ogni regno, poiché viviamo in una terra straniera assoggettata al principe di questo mondo (Satana): Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; ….. (II Corinzi 5:20). In quest’ufficio potremo anche incontrare molte difficoltà, ma ricordiamoci che: …. tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno (Romani 8:28).
Rileviamo che il regno dei cieli è tutt’altro da ciò che l’immaginario comune ci prospetta in questo mondo riguardo ai suoi governi. È chiaro che il Creatore non è un democratico e nemmeno un monarca di quelli che il mondo ci ha proposto. Egli è il Re dei re, e regna, tenendo nella Sua mano l’intero universo (materia e spaziotempo) con la sua storia. Se desideri fare parte del Suo regno d’amore devi solo credere nell’opera che il Re del regno dei cieli ha compiuto per noi, una scelta che ti permetterà di vivere in eterno nel Suo regno d’amore: e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?" (Giovanni 11:26).

venerdì 9 ottobre 2009

Pericolo asteroidi, terremoti, tsunami, alluvioni

I giorni dell'uomo son come l'erba; egli fiorisce come il fiore dei campi; se lo raggiunge un colpo di vento esso non esiste piú e non si riconosce piú il luogo dov'era (Salmo 103:15,16).

Le catastrofi naturali occupano ormai una buona parte delle cronache dei giornali e telegiornali. Ci stiamo abituando all’alto numero di morti che questi eventi causano. Le trenta o più vittime dell’alluvione di Messina sembrano quasi poca cosa a confronto delle migliaia di morti nelle isole delle Samoa, Tonga e di Sumatra. Le nostre coscienze sono oramai insensibili a un esiguo numero di morti. Infatti, la mente ci rasserena immediatamente sussurrandoci: “Ma sì, dai, sono poche le vittime, figurati se possa capitare a te, non ti succederà mai una cosa simile, vivi pure la tua vita, stai tranquillo una simile cosa può accadere solamente agli altri”. Questi sono i pensieri che di solito acquietano il nostro animo turbato da notizie sconvolgenti. Ciò non sminuisce però il fatto che siamo degli esseri oltremodo fragili come i fiori dei campi, i quali svaniscono al primo colpo di vento.
Nell’immenso universo, e quindi in questo infinito spazio tempo, non siamo più significativi e resistenti di una formica. Anzi, gli insetti sono molto più resistenti e adattabili. In paragone siamo veramente come i fiori dei campi. Immaginate cosa accadrebbe se un asteroide di dieci o più chilometri impattasse con la terra. Gli effetti distruttivi sarebbero globali, miliardi di persone verrebbero spazzati via. La morfologia terrestre cambierebbe, così come il clima e tutto l’ecosistema (per chi desidera approfondire può cliccare qui). Certo l’impatto di un corpo celeste di tale grandezza è statisticamente molto remoto, ma ciò non esclude la possibilità di un simile cataclisma, così come non possiamo scartare l’eruzione di un supervulcano o altro disastro naturale che coinvolgerebbe l’intero globo.
Le scienze naturali sono tutte discipline giovanissime se confrontante con l’età della nostra terra. Certo in pochi decenni abbiamo acquisito tanta di quella conoscenza che l’uomo non ha appreso nemmeno in migliaia d’anni di storia. Tuttavia molte informazioni e conoscenze scientifiche nascono dall’osservazione di fenomeni naturali, ma cosa sono alcuni decenni di studi a confronto con i tempi geologici (miliardi d’anni)? Niente, siamo soltanto dei fiori di campo. Con questo post non voglio intimorire o impressionare nessuno, lo scopo è solamente quello d’attrarre l’attenzione sulla realtà che ci circonda. Capisco che all’idea di un citato cataclisma la prima reazione è di pensare: …… "Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo!" (Isaia 22:13). E poi cosa accadrà? Finirà tutto? Non esisteremo più? Vediamo cosa dice il Creatore: E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra (Matteo 25:32,33) - Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna" (Matteo 25:46). Con la morte non finirà tutto, infatti, ci saranno due epiloghi diversi e diametralmente opposti, e cioè, la vita o la morte eterna (senza fine).
In questi giorni di lutto non dobbiamo pensare alla morte come un evento causato da chissà quale catastrofe, ci sono molte persone che trapassano durante le ore di riposo, senza rendersene conto. Perché? Poiché la vita è così. San Giacomo la descrisse come un vapore che appare per un istante e poi svanisce (Giacomo 4:14). Ogni cosa su questa terra avrà un epilogo, eppure c’è un’eccezione: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Matteo 24:35). Se vogliamo sopravvivere a qualsiasi cataclisma che potrebbe colpire la terra, dobbiamo credere, credere in quella parola che il Creatore ha mandato dal cielo per donarci la vita eterna: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita (Giovanni 5:24). Potremmo perder la vita in una catastrofe naturale, nonostante ciò passeremo dalla morte (fisica) alla vita eterna. Tutto il passato resterà soltanto quello che è, ossia, passato.
Purtroppo il futuro non ci riserva un periodo tranquillo. Se stiamo vivendo i tempi della fine, così come descritto nelle Scritture, possiamo comprendere che i disastri naturali aumenteranno in numero e forza. I libri profetici ne parlano ampiamente, e in modo esplicito anche Cristo nei Vangeli. Il tutto sfocerà nella cosiddetta "grande tribolazione" in cui miliardi di persone perderanno la vita a causa delle guerre e dei disastri naturali. Forse il film 2012, in uscita il 13/11/2009, potrà darci una piccola idea di ciò che accadrà, anche se in questa pellicola il tutto sfocerà nella presunta fine del mondo. Le Scritture invece insegnano che il Creatore distruggerà la nostra realtà, per fare spazio al nuovo cielo e alla nuova terra, soltanto alla fine del periodo definito come millennio (tempo di pace in cui Cristo regnerà con la chiesa per mille anni). E questo non accadrà certamente il 21/12/2012 così come temuto da molti. Comunque il film mostra relativamente bene, così come altre pellicole hollywoodiane, alcuni effetti dei disastri che potrebbero colpire la terra in un tempo, penso, non troppo lontano.
Pertanto se desideri essere pronto a tali periodi, inizia a credere nell’unica cosa che non passerà, ossia, la Parola di Dio! Anche se resteremo vittime di una catastrofe naturale avremo accesso alla vita eterna in cui la morte non esisterà più: Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà piú la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate" (Apocalisse 21:4). Bellissimo, meraviglioso, indescrivibile, devi solo credere!

mercoledì 30 settembre 2009

Il Logos (Creatore) incarnato ritornerà!

Questa è una verità biblica ben conosciuta da tutti i cristiani. Tale dottrina afferma che Cristo (il Logos incarnato e, quindi, il Creatore) tornerà dal cielo per sconfiggere l’anticristo e instaurare il Suo regno millenario. Inoltre san Paolo attesta che: …. il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; …. (I Tessalonicesi 4:16,17). Quest’ultimo passo ha fato nascere alcune divergenze a proposito del periodo in cui ciò avverrà.
Nella teologia evangelica ci si dibatte se questo momento accadrà per i soli credenti all’inizio dei sette anni di governo dell’anticristo (senza che Egli ritorni all’istante sulla terra) o al suo epilogo in cui i credenti incontreranno il Signore nell’aria per ritornare immediatamente con Lui sulla terra per porre fine al regno dell’anticristo (cioè, il tutto verte sul cosiddetto rapimento pre - tribolazione o post - tribolazione). Sottolineo che queste due vedute non negano o sminuiscono la verità fondamentale del ritorno di Cristo.
La Bibbia è molto chiara in merito a quest’argomento. Il nuovo testamento lo evidenzia più di trecento volte, e l’apostolo Paolo ne parla nelle sue epistole almeno per cinquanta volte. Penso che sia proprio lui a spazzare via ogni dubbio riguardo al quesito di cui ci stiamo occupando.
Nella seconda epistola ai credenti di Tessalonica, i quali credevano che il secondo avvento di Cristo fosse già avvenuto, Paolo chiarì le idee a tutti: Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesú Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi cosí presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l'apostasia e non sia stato manifestato l'uomo del peccato, il figlio della perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio (II Tessalonicesi 2:1-4).
Notiamo dal testo che Paolo elencò alcuni eventi i quali anticiperanno il ritorno di Cristo. Infatti, egli scrisse che quel giorno sarà preceduto dall’apostasia e dalla manifestazione dell’anticristo. In altre parole possiamo affermare che Cristo tornerà soltanto dopo che si saranno realizzati i citati eventi. Perché? Beh, è semplice, Paolo scrisse che non dovevano turbarsi perché il Signore non sarebbe tornato se prima non si fosse manifestata l’apostasia e l’uomo del peccato. Ma perché non dovevano (i Tessalonicesi) turbarsi? Poiché come ripetuto, essi credevano (a seguito delle persecuzioni) che Cristo fosse già tornato, ma essendo che i suddetti eventi non si erano realizzati, potevano essere certi che la promessa era ed è ancora oggi inadempiuta. Nel caso in cui i credenti non dovrebbero assistere all’avvento dell’apostasia e dell’anticristo (come previsto nell’ipotesi del rapimento pre - tribolazione) che senso avrebbe avuto per san Paolo indicare tali eventi come quelli precursori? È chiaro dal contesto che l’apostolo desiderava chiamare all’attenzione il lettore proprio per non cadere nell’errore in cui cascarono i Tessalonicesi funestati dalla persecuzione. Essi erano talmente afflitti che dovette corregger le loro errate convinzioni segnalando pertanto alcuni eventi precursori i quali avrebbero preceduto il ritorno di Cristo. E a ciò si giunge, come abbiamo visto, semplicemente seguendo il ragionamento logico imposto dal testo.
Con questo post non desidero instaurare un dibattito infinito inerente all’argomento in questione, ma attirare l’attenzione del lettore ai suddetti particolari, senza negare con ciò la verità fondamentale del ritorno corporale di Cristo. Questo significa che non dobbiamo prepararci al ritorno di Cristo? No, affatto! Anzi dobbiamo essere più che pronti, poiché ciò significa che il credente dovrà affrontare un periodo di grande tribolazione (vedi libro dell’Apocalisse) in cui la sua fede potrebbe venir meno. Infatti, è semplice affermare d’essere pronti al ritorno di Cristo in un tempo di pace e serenità, ma quanti di noi hanno una fede tale da resistere a ogni avversione? Pertanto, l’appello biblico nei secoli non è cambiato, bensì è rimasto uguale: "……. prepàrati, Israele, a incontrare il tuo Dio!" (Amos 4:12). Quanti di noi sono pronti?

mercoledì 23 settembre 2009

Siamo soli nell’universo?

Un quesito più che conosciuto, cui sono state date varie risposte. Abbiamo già affrontato quest’argomento in alcuni post (parti 1, 2, 3, 4 e 5) precedenti, giungendo anche a delle conclusioni. Negli anni sessanta ci fu addirittura uno scienziato che con un’equazione (equazione di Drake) cercò di fornire una stima riguardo alle probabili forme d’intelligenza extraterrestre presenti nella nostra galassia. Tuttavia quest’equazione rimane ancora oggi molto dibattuta a distanza di parecchi anni dalla sua formulazione.
Qualche mese fa lessi questa notizia che riportava le affermazioni di uno scienziato credente, la quale m’incuriosì molto. Sicuramente non conosciamo se il Creatore abbia riempito l’intero universo di forme di vita simili alle nostre, però possiamo innanzitutto escludere che queste eventuali forme di vita possano avvicinarci per rivelarci ciò che la Parola del Creatore ha già trasmesso, poiché la Bibbia non necessità d’ulteriore aggiunta: Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla, ma osserverete i comandamenti del SIGNORE vostro Dio, che io vi prescrivo (Deuteronomio 4:2).
Il problema nasce nel momento in cui si afferma che il Creatore abbia creato altre forme di vita extraterrestre le quali cercano di avvicinarci e istruirci riguardo al volere di Dio. Inoltre possiamo leggere: Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; (Romani 8:22). Di conseguenza non riesco a spiegarmi come mai l’intera creazione geme se un’eventuale parte di essa non sarebbe partecipe del peccato. Se l’universo ospitasse altre forme di vita non corrotte dal peccato, il verso dovrebbe recitare diversamente, di sicuro nel testo dovrebbe mancare il vocabolo greco pas (tutta). Ecco perché non gradisco udire da parte di credenti, nella fattispecie da ministri di culto, delle allusioni a eventuali forme di vita non terrestri, così come alcuni mesi fa le mie orecchie furono costrette a udire da parte di un religioso: “Non sappiamo ….., per quanto ci sia dato di sapere finora, …. se ci siano altri esseri simili a noi (nell’universo)”. Alla luce del suddetto verso biblico quest’affermazione mi lasciò sbigottito in ogni senso, e come accennato abbiamo avuto modo di comprendere in questi post (parti 1, 2, 3, 4 e 5) che alcuni passi biblici parlano anche di altre creature (spirituali) le quali non hanno certo nulla da dividere con i cosiddetti omini verdi o marziani cui si rifà l’immaginario comune. Così come abbiamo visto che ci sono dei limiti fisici invalicabili per gli esseri umani o eventuali altre entità con le nostre caratteristiche fisiche. E allora perché si continua a ricercare ciò di cui non si ha un riscontro? Forse perché l’uomo è alla ricerca di qualcuno o qualcosa di tangibile che colmi il vuoto nell’anima. Sì vuoto, quel vuoto causato dal peccato che ci allontana dal nostro Creatore. Certamente per la maggioranza questa sarà una risposta inammissibile, eppure questo è quello che la Bibbia insegna. La prima reazione di Adamo ed Eva, dopo essere caduti nel peccato, fu quella d’allontanarsi da Dio nascondendosi: Poi udirono la voce di Dio il SIGNORE, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il SIGNORE fra gli alberi del giardino (Genesi 3:8).
L’uomo nella sua ricerca pensa di trovare qualcuno o qualcosa che giustifichi la propria vita vissuta nella dissolutezza. Probabilmente questo pensiero si rispecchia anche nei successi cinematografici d’alcune pellicole che hanno come protagonisti gli ormai conosciutissimi super eroi. Ecco l’uomo cerca nell’universo un eroe come quelli delle pellicole cinematografiche che s’ispirano ai vari fumetti. Sembra quasi che si ricerchi un Superman il quale piombi dallo spazio per risolvere i problemi dell’umanità. Egli non desidera qualcuno che imponga delle regole morali o di condotta per il bene comune e soprattutto per la pace interiore.
La realtà e che l’umanità vuole un essere il quale risolva le sue difficoltà senza interferire nell’animo, senza scrutare, ciò che per chiunque è impossibile, i nostri segreti più scomodi messi a tacere persino nella propria coscienza. Comunemente si pensa che se siamo l’unica forma di vita intelligente tutto quest’universo è veramente uno spreco di spazio! Ma nelle Scritture possiamo leggere: Non lo sai tu? Non l'hai mai udito? Il SIGNORE è Dio eterno, il creatore degli estremi confini della terra; egli non si affatica e non si stanca; la sua intelligenza è imperscrutabile (Isaia 40:28). Certamente può sembrare uno spreco quest’immenso spazio. Ma non per il Creatore, Egli è Colui che non si affatica né si stanca. Non ci fu per Lui alcuno sforzo per creare l’universo come lo conosciamo noi. Egli proferì la Parola ed essa compì ciò per cui fu pronunziata. O forse il parlare comporta una fatica? Non credo, sicuramente le nostre parole non creeranno nulla, pur se qualcuno parlerà talmente tanto da affaticarsi. Nonostante tutto qualcuno insisterà nel ritenere troppo vasto il nostro universo per delle creature confinate in una parte infinitamente piccola di esso. Sarà così per noi, ma non per il Creatore: …. Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita! (I Re 8:27). Dobbiamo essere sinceri e ammettere che questa ricerca di vita extraterrestre serve soltanto a placare quel pensiero innato in noi: Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta (Ecclesiaste 3:11).
L’uomo non desidera un Creatore che parla alla propria coscienza attestandogli d’essere una creatura con uno spirito immortale, e che quindi dovrà render conto a Colui il quale gli ha donato la vita. Egli cerca semplicemente qualcuno che risolva e non condanni la sua condotta. In ciò è disposto perfino a scrutare e raggiungere i confini dell’universo, ma egli troverà, quand’anche viaggiasse per miliardi d’anni luce, soltanto Colui il quale dista semplicemente una preghiera da noi. Non ci credi? Cercate l'Eterno, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentr'è vicino (Isaia 55:6).
Questo passo ci svela che possiamo trovare il Signore quando è vicino, ma Egli quando si trova vicino a noi? Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito (Salmi 34:18). Se vogliamo incontrarLo dobbiamo umiliarci dinanzi a Lui, confessando i nostri peccati e credere nell’opera che Egli (il Logos) compì. Allora potrai esclamare: Io ho cercato l'Eterno, ed egli m'ha risposto e m'ha liberato da tutti i miei spaventi (Salmi 34:4). Avrai trovato ciò che oggi forse ricerchi ai confini dell’universo.

sabato 12 settembre 2009

11/09/2001 Terrore?

E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il corpo nella geenna (Matteo 10:28).

Ieri ricorreva l’ottavo anniversario dell’attacco alle torri gemelle in cui morirono migliaia di persone. Chiunque visse quei momenti, fu pervaso dal terrore. Mi trovavo alla mia scrivania quando fui richiamato da mia moglie a seguire un’edizione straordinaria del Tg. Vissi quell’immane tragedia in diretta. Strage indimenticabile per chiunque, dato che gli eventi furono vissuti così da vicino. Da quel giorno l’occidente vive nell’ansia. Il timore di altri attentati o l’impiego d’armi non convenzionali non turba solamente gli addetti alla sicurezza ma anche tanti di coloro che si recano in metropolitane, aeroporti, stazioni ferroviarie o altri luoghi pubblici. Questo perché non è facile guardare la morte in faccia, anche per un credente. Il pensiero di dover lasciare i propri beni e cari è per molti qualcosa d’orribile e scaramantico. Spesso quel momento è interpretato come la fine della propria esistenza. Eppure la Bibbia afferma qualcosa di diverso, non solo essa ci parla della morte come un inizio infinito, ma narra anche di persone in cui la morte fu vissuta con serenità, sentimento che di conseguenza si rifletteva nella vita.
San Paolo per esempio era stretto da due lati, da una parte desiderava lasciare questo mondo e dall’altra sentiva il bisogno di restare: Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio; ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è piú necessario per voi (Filippesi 1:23-24). Queste parole svelano chiaramente la serenità nell’animo dell’apostolo. Il pensiero a una morte violenta non suscita certamente entusiasmo, ma la certezza che la morte è la porta d’accesso per l’eternità pone il credente in una condizione diversa. A Stefano (primo martire della chiesa) il Signore permise di vedere la Sua gloria, pochi attimi prima della lapidazione in cui sarebbe divenuto il primo martire della chiesa (Atti 7:55-60). Notiamo che in questi due esempi non rinveniamo alcuna disperazione, ma soltanto certezze, la consapevolezza d’incontrare il proprio Padre celeste. Tuttavia dobbiamo aggiungere che è comprensibile e umano il dolore provato dai cari della persona scomparsa: Quand'ebbe dette queste cose, si pose in ginocchio e pregò con tutti loro. Tutti scoppiarono in un gran pianto; e si gettarono al collo di Paolo, e lo baciarono, dolenti soprattutto perché aveva detto loro che non avrebbero piú rivisto la sua faccia; e l'accompagnarono alla nave (Atti 20:36-38). Però, non c’è disperazione nell’animo dei credenti, la certezza che il proprio caro si trova in un luogo di gioia, gli pone in uno stato di serenità. Non c’è paura, né scaramanzia o indifferenza. Sì, indifferenza, perché l’odio può condurre alcune volte anche a questo sentimento.
Di conseguenza un credente non dovrebbe permettere di farsi condizionare nella vita dalle svariate minacce che incombono sulla società. Egli non rinuncerà alla metropolitana o all’aeroplano per ubbidire al volere di Dio. Pensate nuovamente a Paolo, Egli sapeva che avrebbe perso la vita recandosi nella capitale dell’impero romano, eppure non rinunciò a tale viaggio, ma andò ove il Signore lo inviò. Un kamikaze? No! Un credente non è un suicida. Egli desidera soltanto ubbidire alla volontà di Dio, valutando ad ogni passo e timore se ciò rientra nel disegno divino. Così la vita sarà vissuta con più serenità, e quando dovremo passare attraverso quella porta (morte) non sarà un passo in preda alla disperazione, ma il tutto avverrà in pace. E se oggi c’è qualcuno che desidera ottenere questa pace deve rivolgersi al Creatore. Sì, Creatore, perché Egli è il Creatore di ogni essere umano, ma desidera soprattutto diventare il Padre di ogni Sua creatura: E sarò per voi come un padre e voi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente" (II Corinzi 6:18). Se desideri essere un figlio di Dio, credi in ciò che Egli ti dice per mezzo della Sua parola. Questa parola ti offre una via d’accesso a Colui il quale ci ha creati: Gesú le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; (Giovanni 11:25). Gesù è la via, e anche se moriamo, la vita continuerà in un’altra realtà, quella celeste. Però, Gesù pone una condizione in quest’ultimo passo, dobbiamo credere! Quindi, se nella tua vita desideri la pace e la serenità, credi in ciò che Egli ha compiuto per te! Credi a Colui che cooperò alla creazione e venne in carne per morire per la salvezza di chiunque confida in Lui. È questa fede, con cui afferrerai la salvezza che sconfisse la morte e tutte le paure che essa scaturisce, che ti permetterà d’oltrepassare la porta dell’eternità con serenità!

P.S. Ho notato che nonostante la mia assenza molti hanno continuato a visitare il blog, grazie a tutti per l’assiduità.