domenica 28 febbraio 2010

L'uomo (2)

Che cos'è l'uomo che tu ne faccia tanto caso, che tu t'interessi a lui, (Giobbe 7:17).

Prima d’approfondire l’aspetto spirituale dell’uomo, desideravo chiarire alcune affermazioni del precedente post. Infatti, ho scritto che il Creatore trasse dal nulla l’essere umano, ma ho anche affermato che Egli lo formò dalla polvere della terra. Pertanto, potrebbe apparire come se la prima affermazione contraddirebbe la seconda. Ebbene il senso era d'illustrare che il verbo bara' (in Genesi 1:27) fosse un riferimento all’intero essere umano, mentre il settimo verso del secondo capitolo del Genesi, descriverebbe l’opera che l’Architetto compì. Considerando bene il ventisettesimo verso del Genesi, possiamo affermare che questo verso nega qualsiasi percorso evolutivo nell’uomo, poiché il verbo "creò" con riferimento al corpo (li creò maschio e femmina) ci parla di un atto creativo in cui Egli trasse qualcosa dal nulla, ma come conciliare quest’affermazione con la verità del settimo verso del secondo capitolo? Beh, Genesi 1:27 ci parla del fatto (per i motivi esposti) che l’uomo non è frutto di un percorso evolutivo, anche se oggi molti esegeti inseriscono nella creazione dell’uomo un disegno evolutivo voluto e guidato dal Creatore. L’utilizzo del verbo bara' non lascia altra interpretazione. Anche se oggi abbiamo dei fossili d’ominidi che ci mostrano delle creature simili all’uomo, non significa che essi rappresentino degli antenati. Con il ventisettesimo verso il Creatore desidera porre una barriera a ogni dubbio inerente all’origine dell’uomo. Pertanto, Egli trasse (bara') l’essere umano dal nulla, nel senso che l’uomo non ebbe antenati biologici, anche se composto dai medesimi elementi chimici delle bestie. Gli elementi chimici appartenenti all’uomo non furono, però, tratte dal nulla, poiché il settimo verso del secondo capitolo del Genesi, ci svela che furono presi dalla polvere della terra. Difatti il verso non riporta l’espressione bara' (creò) ma yatsar, cioè “formò”.
Notiamo che Dio non parlò e la cosa avvenne, ma formò con le “proprie mani” il corpo dell’uomo. Egli manifestò così tutta la Sua parte creativa, come ogni artista cerca di fare. Comprendiamo che la creatività è un’altra particolarità che rispecchia l’immagine di Dio nell’uomo, e come tale non è certamente una qualità misurabile empiricamente, poiché parte dello spirito. Ma allora perché siamo biologicamente così simili alle bestie? Semplicemente perché condividiamo lo stesso ambiente in cui viviamo. E se pur condividendo con una determinata specie mammifera quasi il 99 per cento del patrimonio genetico, non possiamo sostenere d’esserne discendenti, proprio perché non c’è animale che abbia mai sviluppato delle proprietà tipicamente spirituali riconducibili all’uomo.
Nelle Scritture possiamo osservare che le parole “anima” e “spirito” sono usati spesso come sinonimi, per cui ho spesso adoperato le parole “anima” e “spirito” come tali. Molte sono le divergenze nate a seguito di questa particolarità. Difatti, sembra che, il settimo verso del secondo capitolo del Genesi, non lasci dubbi riguardo alla natura dicotomica dell’uomo, in contrapposizione, quindi, alla tricotomia. Ma, come anticipato nel precedente post, l’apostolo Paolo e lo scrittore agli Ebrei sembrano sfatare questo dubbio scrivendo che: Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesú Cristo (I Tessalonicesi 5:23) - Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, piú affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore (Ebrei 4:12). Dove finisce l’anima e ove inizia lo spirito? Il confine è tracciabile soltanto dalla parola di Dio, quella creatrice. Il Creatore riesce a penetrare dove nessuno è in grado di arrivare. Spendere parole per definirne i contorni mi sembra, pertanto, superfluo. Ciò non toglie che dobbiamo approfondire la parte spirituale dell’uomo. Di conseguenza che cosa è l’anima?
L’A.T. adopera il termine ebraico “nephesh”, mentre il N. T. utilizza il conosciutissimo “psyche” per indicarla. A questo punto qualcuno tenderà a dimostrare che la Bibbia adopera la medesima terminologia per descrivere la vita animale e umana, poiché Genesi 2:7 e 1:20 riportano le stesse espressioni. Bisogna evidenziare, però, che Genesi 1:20 associa all’espressione “nephesh chay” (anima vivente) il vocabolo “sherets” (animali), mentre in Genesi 2:7 troviamo la parola “'adam” (uomo) che etimologicamente ci riporta alla chimica umana di cui al precedente post. Questa particolarità non pone l’uomo e la bestia sullo stesso piano, anzi, è un distinguo tra di essi, mostrato dalle parole “sherets” (animali) e “'adam” (uomo).
Il settimo verso del secondo capitolo del Genesi offre un’altra particolarità poiché è scritto che l’uomo divenne un’anima vivente a seguito dell’alitare nelle narici dell’uomo. Prima di quest’opera l’uomo non era un essere vivente. Che cosa avvenne? Il Creatore donò (e non cedette) all’uomo quella parte spirituale immortale che animò quel corpo privo di vita. Provate a soffiare sulla superficie di un tavolo impolverato, riuscirete a spostare la polvere ma null’altro produrrà quell’atto. Il Creatore invece, con quest’azione inalò la vita nell’uomo, sembra una manovra di rianimazione, nella fattispecie riservata ai bambini. Nelle manovre di primo soccorso, se bisogna ventilare un bambino, si soffia nelle narici, e non nella bocca come avviene negli adulti. Sembra quasi la scena di un padre che cerca di rianimare proprio figlio. Il Padre celeste donò così la Sua immagine a quella fragile creatura rendendola viva e immortale.
Quello che rende immortale l’anima è lo spirito, i due elementi si permeano e penetrano a vicenda, questa fusione genera l’ormai conosciutissimo dibattito intorno alla dicotomia e tricotomia. Lo spirito è l’elemento che distingue l’uomo da tutto il creato terreno. Se le bestie possiedono un corpo e un’anima che si esprime attraverso il corpo, l’uomo ha un’anima resa immortale dallo spirito, elemento che ci è stato donato dal Padre di ogni spirito: "Il SIGNORE, il Dio che dà lo spirito a ogni creatura, .…. (Numeri 27:16). È lo spirito che ci mette in relazione con Dio, mentre l’anima è la parte che si rapporta con il creato attraverso il corpo. L’anima, sede degli istinti, è ciò che conosciamo come “l’Io”. L’argomento si sta prolungato e, pertanto, proseguiremo nel prossimo post.

domenica 21 febbraio 2010

L'uomo (1)

Che cos'è l'uomo che tu ne faccia tanto caso, che tu t'interessi a lui, (Giobbe 7:17).

Il verso in epigrafe svela l’argomento cui dedicheremo alcuni post. Infatti, ci occuperemo d’antropologia biblica. Desideravo iniziare questa serie di post alcuni mesi prima, ma sentivo una maggiore urgenza per gli argomenti precedenti, particolare che ha naturalmente posticipato il tutto. Nella fattispecie cercheremo di rispondere alla prima parte del quesito di Giobbe: Che cos'è l'uomo ….?. Una domanda alquanto semplice, ma cui l’uomo moderno può trovare una risposta esaustiva soltanto rivolgendosi alla parola di Dio. Penso sia chiaro che l’incredulo, escludendo la realtà del Creatore, negherà che l’uomo è una Sua creatura, così com’è evidente che un credente attribuisca la propria origine al divino. Pertanto, per un miscredente l’uomo è una macchina biochimica frutto del caso, mentre per i credenti siamo degli esseri creati da Dio o déi. In quest’ultimo termine possiamo inserire anche chi attribuisce la propria origine agli extraterrestri.
Per rispondere all’interrogativo “che cos'è l'uomo ....?” dobbiamo ricorrere all’antropologia biblica poiché quella fisica è insufficiente. Difatti, l’antropologia fisica, rifiutando un creatore, studia l'evoluzione e le caratteristiche fisiche dell’uomo escludendo la parte spirituale. A questo punto gli interessati salteranno dalla sedia replicando che non abbiamo alcun riscontro riguardo all’essenza spirituale dell’uomo. Beh, non potrò mai misurare le caratteristiche dell’anima con un metro o un calibro. Questo non esclude, però, una parte spirituale nell’uomo, infatti, esistono in una persona anche altre qualità che non sono misurabili con degli strumenti, come la stupidità, l’intelligenza, l’odio o l’amore, e nonostante ciò non ne neghiamo la realtà.
Per comprendere la parte spirituale dell’uomo abbiamo bisogno della rivelazione Divina, non possiamo farne a meno se vogliamo rispondere al quesito di cui in premessa. Ma le strade dell’ateo e dell’incredulo si dividono già all’inizio del percorso, la deviazione avviene proprio al principio della nostra realtà. Il credente pone al principio il Creatore, l’ateo, l’incognito seguito dalla casualità. Alla fine della propria esistenza il credente crede d’incontrare il Creatore, l’ateo crede all’epilogo d’ogni cosa e, quindi, al nulla. In questo periodo, tra l’inizio e la fine, si colloca il quesito di cui ci stiamo occupando.
La Bibbia rivela che l’uomo è una creatura di Dio. L’antropologia fisica ricorre invece all’evoluzionismo. Questi post non saranno un confronto tra il creazionismo e l’evoluzionismo, ma come potete leggere nella sidebar, lo scopo è di condurre il lettore alla riflessione.
Le Scritture rivelano che l’uomo fu creato il sesto giorno, ma di quale anno, in che mese e giorno? È impossibile determinare l’anno o il giorno in cui avvennero i fatti della creazione. Il libro del Genesi non offre alcun riferimento a tale quesito, anche se molti si sono cimentati a calcolare una data in cui l’Eterno iniziò l’opera. James Ussher, per esempio, determinò che l’universo fu fondato il 23 ottobre del 4004 a. C.. Nella penultima frase ho scritto “l’Eterno”, affinché prendiamo coscienza che in un periodo in cui non era presente un solo uomo, se non in una “piccola” parte del sesto giorno, e nel quale (primo giorno) Egli creò ciò che noi conosciamo come il tempo, è inutile cercare di datare l’origine di tutte le cose in cui il tempo perde ogni senso alla luce delle parole di Colui che è l’Eterno. Se Egli avesse voluto rivelare il giorno in cui tutto ebbe inizio, avrebbe certamente menzionato un riferimento temporale (vedi Ester 3:7, Nehemia 2:1). Da ciò possiamo comprendere che non è possibile datare la creazione dell’uomo, in quanto quest’evento rientrò nei sei giorni creativi di Dio, così come descritto in questi post (parte 1 e 2).
Ma torniamo all‘argomento, “che cos'è l'uomo?”: Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina (Genesi 1:27). Che cosa significa “lo creò a immagine di Dio”? Significa forse che Dio possiede delle caratteristiche antropomorfe? No, Egli creò l’uomo con una personalità, e soprattutto con la facoltà del libero arbitrio. Dio creò l’uomo perfetto ma non santo, poiché la santità è purezza provata, e questa qualità si acquisisce unicamente se godiamo del libero arbitrio. Un uomo privo di tali qualità sarebbe soltanto un androide, e certamente non un santo. L’unica differenza consisterebbe nella composizione chimica dell’individuo. La nostra chimica, però, è uguale a quella della terra: Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente (Genesi 2:7).
È sorprendente osservare che il nostro corpo è composto dai medesimi elementi chimici rinvenibili nella polvere della terra, cambia soltanto la proporzione degli elementi, poiché se pesassi 100 kg, 65 kg costituirebbero all’incirca il peso dell’ossigeno, 10 kg quelli dell’idrogeno, 18 kg quelli del carbonio, 3 kg quelli dell’azoto, 2 kg quelli del calcio e 1 kg quello del fosforo. Il rimanente chilogrammo costituirebbe invece il peso degli elementi cosiddetti (anche se in minoranza) essenziali, e cioè, potassio, zolfo, sodio, cloro, magnesio, ferro, manganese, rame, cobalto, zinco, iodio, fluoro, silicio, stagno, vanadio, cromo, selenio, molibdeno. Commercialmente i nostri elementi chimici valgono pochi euro. Eppure: Che cos'è l'uomo che tu ne faccia tanto caso, che tu t'interessi a lui, ….?. Beh siamo degli esseri molto più complessi di quello che la chimica può svelarci. L’incredulo si limita purtroppo a considerare soltanto ciò che è tangibile.
Il verso ventisette del primo capitolo del Genesi, adopera nei testi originali il verbo bara' (nelle traduzioni italiane è tradotto con "creò") per ben tre volte, particolarità che ci svela qualcosa di molto più profondo, dato che si rinviene nella narrazione della creazione soltanto per altre due volte, e nella fattispecie nel primo e nel ventunesimo verso. Questo verbo ci parla di un atto creativo da parte del Creatore in cui trasse qualcosa dal nulla, penso, quindi, che il primo verso biblico narri la creazione della materia, mentre il ventunesimo verso riporti l’origine della vita. Ma perché utilizzarlo per ben tre volte quando si narra la creazione dell’uomo? Semplicemente perché siamo degli esseri trini. Sin dal primo capitolo biblico il Creatore desidera svelarci la nostra triplice natura. Sì, poiché il corpo è soltanto una parte della triplice natura dell’uomo, in cui esso fa da contenitore agli altri due elementi. L’uomo e di conseguenza un’unità composta.
Come riferito, il verso ventisette del primo capitolo biblico recita che “Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio”. Ciò può apparire come la ripetizione del medesimo concetto, perché? Perché è difficile distinguere l’anima dallo spirito e viceversa. Inoltre questi elementi compongono la parte spirituale dell’uomo, e, quindi, rispecchiano l’immagine di Dio, dato che Egli è spirito. Come si giunge a tale conclusione? Notando che le prime due volte questo verbo è adoperato con riferimento all’immagine di Dio, mentre la seconda e ultima volta con riferimento al corpo. Il corpo privo dell’anima e dello spirito non è un essere vivente: Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente (Genesi 2:7). L’uomo divenne un’anima vivente soltanto dopo che il Creatore soffiò nelle sue narici l’alito vitale. La triplice natura umana può sembrare un po’ ambigua, ma abbiamo l’apostolo Paolo che esplicitamente parlò di quest’aspetto: Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesú Cristo (I Tessalonicesi 5:23). Pertanto, il nostro intero essere è composto dallo spirito, dall’anima e dal corpo, non facciamo parte della specie umana se non possediamo questi elementi. Il corpo privo della sua parte spirituale ne determina la morte fisica. Molti cardiochirurghi non riescono a spiegarsi l’insuccesso di alcuni interventi nonostante tecnicamente tutta si sia svolto alla perfezione. Nella fattispecie capita che, in un intervento a cuore aperto, dopo aver eseguito la circolazione extracorporea, il cuore non inizi a battere nonostante gli stimoli elettrici. Che cosa accade in questi casi? La classica spiegazione è che la medicina non è una scienza esatta, e quindi, comprendere pienamente questi casi è in pratica impossibile, di conseguenza le cause potrebbero essere molte. Però la Bibbia insegna che: Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà? (Luca 12:20). Quando il Creatore ridomanda (vedi I Samuele 2:6) ciò che gli appartiene il nostro corpo termina di funzionare, e di conseguenza subentra la morte. In sostanza accade ciò che l’Ecclesiaste affermò: prima che la polvere torni alla terra com'era prima, e lo spirito torni a Dio che l'ha dato (Ecclesiaste 12:9). È per tale motivo che quando il corpo si guasta (ammala) irrimediabilmente, Dio ridomanda l’anima, ossia, il nostro spirito torna sotto la Sua giurisdizione, mentre il corpo privo di vita andrà in decomposizione. Possiamo raffiguralo come un vaso (corpo) che contiene dell’acqua (spirito), nel momento in cui si rompe il vaso, l’acqua si disperde. Il Creatore, però, raccoglie l’acqua (spirito) che Egli aveva versato nel vaso, designandone (a seguito delle nostre scelte) la condizione eterna. Nel momento in cui Egli ridomanda l'anima, il corpo cessa di svolgere la propria funzione, e per tale motivo che avvolte non c’è spiegazione in merito alle cause di morte, anche se sempre e comunque si può osservare un arresto cardiocircolatorio. In effetti, la causa di morte è determinata dalla dipartita dell’anima dal corpo, nel quale sarà riscontrabile una causa fisica, ossia, l’arresto cardiocircolatorio, determinato da qualche trauma o patologia.
Molti desiderano conoscere questo momento e si affannano inesorabilmente onde allontanare questo evento della vita il più lontano possibile ma Cristo affermò che: E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita? (Luca 12:25). Questo significa che non ricorreremo alle cure mediche vivendo una vita dissoluta affidata alla fatalità? No, chi di noi percorrerebbe una strada conoscendo che terminerà in un burrone alto centinaia di metri? Siamo responsabili del nostro corpo dinanzi a Dio, esso va curato e preservato, contrariamente, ciò, corrisponderebbe a un suicidio, disprezzando il dono della vita.
Dobbiamo precisare che Dio non creò l’uomo con un corpo mortale. Egli era un essere perfetto, non soggetto a deterioramento, ed era talmente perfetto che il Creatore considerò il creato molto buono unicamente dopo aver creato l’uomo. Il peccato produsse la morte perché causò uno sconvolgimento nella natura umana, e soprattutto l’immagine di Dio nell’uomo rimase sbiadita. Infatti, è difficile accettare che siamo costituiti anche da una parte spirituale, la conseguenza del peccato nasconde, deprime e, quindi, occulta l’immagine di Dio in noi.
In conclusione possiamo rispondere al quesito “che cos'è l'uomo ….?”, affermando che l’uomo è una creatura a immagine del Creatore, in quanto trino come Lui e con una parte spirituale, ma dotato anche di un corpo con il quale interagisce nel creato di cui fa parte. Nel prossimo post approfondiremo la parte spirituale dell’uomo, dato che rappresenta la parte meno conosciuta, visibile e accettata, continuando a rispondere al verso in epigrafe.

domenica 7 febbraio 2010

Il silenzio dell’orgoglio e della superbia contrapposti all’umiltà.

….. Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili (I Pietro 5:5).

L’orgoglio è un sentimento che s’insinua silenziosamente causando dei danni spiritualmente molto profondi tali da farci perdere il senso della realtà. Bisogna liberarsi immediatamente da questo sentimento se non vogliamo rimanerne vittime.
È il sentimento che Lucifero non rimosse, e che di conseguenza lo condusse alla caduta: Tu dicevi in cuor tuo: "Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell'assemblea, nella parte estrema del settentrione; (Isaia 14:13).
Ma che cosa s’intende con orgoglio? Un dizionario riporta che è l’esagerata valutazione dei propri meriti e qualità. Molti sono totalmente incoscienti di questo grave problema che gli ostacola. L’orgoglioso non riconosce il proprio orgoglio, ed entra così in un circolo vizioso da cui è difficile uscire. La ritrosia nell’ammettere i propri errori è alimentata dall’orgoglio, e il tutto non farà altro che innescare la superbia. La superbia si differenzia dall’orgoglio in quanto è accompagnata da un senso di disprezzo per gli altri.
L’umanità purtroppo è piena di superbia e d’orgoglio. E’ facile anche per un credente divenire vittima di questi sentimenti. Vediamo cosa ricorda san Pietro nella sua prima epistola cattolica (non romana, bensì universale): Parimente, voi più giovani, siate soggetti agli anziani. E tutti rivestitevi d'umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché Egli v'innalzi a suo tempo, (I Pietro 5:5,6). Notiamo che questo sentimento era presente già all’epoca della chiesa apostolica.
Dobbiamo evidenziare che se è facile riconoscere un sentimento di disprezzo, quindi, riconducibile alla superbia, non è altrettanto semplice riconoscere questi sentimenti in qualcuno che si riveste d’ipocrisia, il quale mostra con delle belle parole un’apparente umiltà ma che, in effetti, nasconde un orgoglio e una superbia smisurati.
Abbiamo letto che Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili. Agli altri possiamo anche nascondere i nostri veri sentimenti ma: Dio, forse, non l'avrebbe scoperto? Infatti, egli conosce i pensieri piú nascosti (Salmi 44:21). All’Onnisciente nulla è nascosto! Nella vita possiamo recitare la parte dell’umile e fare magari una bella figura nella società, ciò non ci esime però dal giudizio Divino.
Il potere in qualsiasi settore (politico, economico, religioso, militare, ecc.) rappresenta uno scoglio duro per chiunque desidera intraprendere la rotta verso l’umiltà. Ciò non toglie il comune fatto che per tutte le persona è difficile ammettere i propri errori. L’orgoglio si oppone alla volontà di riconoscere i propri errori, mentre la superbia ci impedisce di discernere il nostro stato. Nel superbo esiste soltanto l’”io”, e se desiderate uno strumento per misurare l’orgoglio in una persona, contante quanto volte nelle sue frasi è presente il pronome personale “io”. Noterete che avrà una tale predominanza da sentirvi disturbati.
L'uomo potente, ripieno d’orgoglio, cade facilmente in un sentimento d’onnipotenza, e le cronache sono piene d’affermazioni che richiamano a questo tipo di pensiero. La Bibbia riporta un evento in cui Nerone fu vittima del proprio orgoglio: Nel giorno fissato, Erode, indossato l'abito reale, e postosi a sedere sul trono, li arringava pubblicamente. E il popolo si mise a gridare: Voce d'un dio, e non d'un uomo! (Atti 12:21,22). È pericoloso tentare di occupae il posto che appartiene soltanto al Creatore. E abbiamo accennato al fatto che Satana cadde in questo peccato a causa del suo orgoglio.
Personalmente ho visto cadere molte persone le quali ricoprivano delle posizioni di potere e che a seguito d’alcune affermazioni in cui esternavano il proprio orgoglio, sono precipitate in un punto più basso da cui erano partiti. Anche il re babilonese Nabucodonosor (II), costruttore tra l’altro (si pensa) dei giardini pensili, cadde alla vista dei suoi manufatti nell’orgoglio e fu da lì a poco rimosso: Ma quando il suo cuore divenne altero e il suo spirito s'indurò fino a diventare arrogante, fu deposto dal suo trono reale e gli fu tolta la sua gloria; fu cacciato di tra i figliuoli degli uomini, il suo cuore fu reso simile a quello delle bestie, e la sua dimora fu con gli asini selvatici; gli fu data a mangiare dell'erba come ai buoi, e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, finché non riconobbe che l'Iddio altissimo, domina sul regno degli uomini, e ch'egli vi stabilisce sopra chi vuole (Daniele 5:20,21). Chi si lascia dominare dall’orgoglio non fa altro che rispecchiare la caduta di Satana. L’uomo dovrebbe invece rispecchiare il suo Creatore.
Il Verbo (Figlio di Dio) che lasciò la gloria celeste per incarnarsi non mostrò alcun orgoglio, anzi, la sua vita terrena fu caratterizzata dall’umiltà, insegnando la conseguenza dell’orgoglio: Chiunque si innalzerà sarà abbassato e chiunque si abbasserà sarà innalzato" (Matteo 23:12).
Eppure l’orgoglio acceca le menti, distogliendo l’uomo da Colui che siede sul trono e regna, e che rimarrà in eterno al disopra di tutto: al Dio unico, nostro Salvatore per mezzo di Gesú Cristo nostro Signore, siano gloria, maestà, forza e potere prima di tutti i tempi, ora e per tutti i secoli. Amen (Giuda 1:25). Cristo è l’esempio perfetto dell’umiltà descritta e ispirata dallo Spirito Santo (centinaia di secoli prima della venuta di Gesù) a Salomone nel libro dei Proverbi: Il timore del SIGNORE è scuola di saggezza; e l'umiltà precede la gloria (Proverbi 15:33).
L'umiltà precede la gloria, non che Egli ne fosse privo prima del suo avvento, no, ma affinché ricevesse spontaneamente, dalle sue creature, ciò che gli appartiene: E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: "A colui che siede sul trono, e all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli" (Apocalisse 5:13).
Come descritto, Satana scelse l’opposto: La superbia precede la rovina, e lo spirito altero precede la caduta (Proverbi 16:18). E chiunque si lascia governare dall’orgoglio subirà il medesimo giudizio: Ma per i codardi, gl'increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda" (Apocalisse 21:8).
Non illudiamoci, il porto d’attracco del superbo sarà lo stagno di fuoco, poiché nella vita avrà disprezzato Colui il quale umiliò se stesso, donando la Sua vita per i peccati che egli (il superbo) non volle riconoscere a causa del proprio orgoglio.