lunedì 31 maggio 2010

I colori della bugia.

Il falso testimone non rimarrà impunito, chi spaccia menzogne non avrà scampo (Proverbi 19:5).

Leggendo il verso in epigrafe molti potrebbero pensare che pur avendo proferito delle menzogne l’hanno fatta franca svariate volte. E una persona onesta pensa magari la medesima cosa in merito a queste persone. Eppure il verso afferma l’opposto.
Con il termine menzogna s’intende l’attestazione cosciente di una falsità. Dio proibì questo comportamento sin dalla promulgazione della Sua legge: Non attestare il falso contro il tuo prossimo (Esodo 20:16). La violazione del citato comandamento comporta la trasgressione del secondo precetto di Cristo cui abbiamo fatto riferimento diverse volte, anche san Paolo lo rammentò: poiché tutta la legge è adempiuta in quest'unica parola: Ama il tuo prossimo come te stesso (Galati 5:14). Comprendiamo che è peccato proferire una menzogna, e dato che il peccato conduce alla morte, dobbiamo stare molto attenti a ciò che esce dalla nostra bocca.
La maggioranza delle persone compie una distinzione tra le bugie nel senso comune del termine e le menzogne a fin di bene, pensando che quest’ultime non siano dei peccati dinanzi agli occhi di Dio. Tuttavia la Bibbia non fa una simile distinzione, anzi, insegna tutt’altro. È oltretutto scandaloso che quest’aspetto sia molto diffuso tra coloro che si definiscono cristiani.
Nella società la verità è divenuta quasi irriconoscibile, poiché amalgamata con la falsità. Alterare una realtà allo scopo d’ingannare e indurre a fare credere al prossimo qualcosa di diverso, corrisponde a una menzogna. Il detto le bugie hanno le gambe corte è spesso riscontrabile nella quotidianità. Oltre ad avere le gambe corte, le menzogne fomentano problemi e di conseguenza indurranno all'innesto di altre bugie, così da determinare un circolo vizioso.
La carriera del celebre soppiantatore (infatti, tale è il significato del patriarca) biblico, Giacobbe, iniziò proprio con una menzogna: Giacobbe disse a suo padre: "Sono Esaú, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai detto. Alzati, ti prego, mettiti a sedere e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica". Isacco disse a suo figlio: "Come hai fatto a trovarne cosí presto, figlio mio?" E quello rispose: "Perché il SIGNORE, il tuo Dio, l'ha fatta venire sulla mia via". Allora Isacco disse a Giacobbe: "Avvicínati, figlio mio, e lascia che io ti tasti, per sapere se sei proprio mio figlio Esaú, o no". Giacobbe s'avvicinò a suo padre Isacco; e, come questi lo ebbe tastato, disse: "La voce è la voce di Giacobbe, ma le mani sono le mani d'Esaú". Non lo riconobbe, perché le sue mani erano pelose come le mani di suo fratello Esaú, e lo benedisse. Disse: "Tu sei proprio mio figlio Esaú?" Egli rispose: "Sí". E Isacco gli disse: "Portami da mangiare la selvaggina di mio figlio, e io ti benedirò". Giacobbe gliene serví, e Isacco mangiò. Giacobbe gli portò anche del vino, ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: "Ora avvicínati e baciami, figlio mio". Egli s'avvicinò e lo baciò. E Isacco sentí l'odore dei vestiti, e lo benedisse dicendo: "Ecco, l'odore di mio figlio è come l'odore di un campo, che il SIGNORE ha benedetto (Genesi 27:19-27). A seguito di quest’inganno Giacobbe dovette fuggire lontano dalla propria casa, lavorare duramente, ed essere a sua volta ingannato prima di poter tornare nella propria terra natale.
Come accennato, la maggioranza delle persone pensa che le cosiddette bugie bianche (dette così perché a fin di bene e quindi non comportano un danneggiamento altrui) siano proferibili, ma queste menzogne sono legate a una visuale umana, poiché che cosa è buono o cattivo? La violazione di una legge divina è buono? L’unica cosa che il Creatore definì buono fu il creato, cui aggiunse l’avverbio molto con riferimento all’uomo. Pertanto il Creatore creò il mondo privo di menzogna. La menzogna fu introdotta nel mondo da colui il quale è il padre della menzogna, ossia, l’essere da cui ebbe origine la menzogna, Cristo lo evidenziò in un’occasione ai Giudei: Voi siete figli del diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c'è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo perché è bugiardo e padre della menzogna (Giovanni 8:44).
La menzogna s’insinua nella vita nel credente travestita da un abito d’innocuità, così come accadde per i nostri progenitori, presentandocela, appunto, come qualcosa d’innocuo. Proferire menzogne o alterare la verità con delle falsità, ci rende simili a Satana, e quindi ci allontana dal nostro Creatore. Purtroppo i cristiani tollerano ormai le menzogne a un punto tale da non considerarle più dei peccati. Una bugia bianca rimane una menzogna, e come tale è un peccato, anche se si cerca d’abbellirla e diversificarla con un aggettivo (bianca). Un vero credente dovrebbe invece bandire ogni menzogna: Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri (Efesini 4:25).
Cristo è la Verità e come tale ogni credente (nato di nuovo) dovrebbe sforzarsi di proferire unicamente la verità: Il giusto odia la menzogna, ma l'empio getta sugli altri discredito e vergogna (Proverbi 13:5). Dalla bocca di Cristo uscì soltanto la verità, medesimamente ogni credente dovrebbe possedere tale caratteristica. Nel regno dei cieli non c’è posto per i bugiardi, poiché: Le labbra bugiarde sono un abominio per il SIGNORE, ma quelli che agiscono con sincerità gli sono graditi (Proverbi 12:22) - Chi agisce con inganno non abiterà nella mia casa; chi dice menzogne non potrà restare davanti ai miei occhi (Salmo 101:7). Pertanto, un cristiano che dichiara d’aver conosciuto il Signore ma che comunque proferisce delle menzogne, violando la legge di Dio, non fa altro che dimostrare l’opposto: Chi dice: "Io l'ho conosciuto", e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; (I Giovanni 2:4).
Un cristiano dovrebbe ricordare cosa accadde a due coniugi vissuti all’epoca della chiesa apostolica: Ma un uomo di nome Anania, con Saffira sua moglie, vendette una proprietà,e tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e, un'altra parte, la consegnò, deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: "Anania, perché Satana ha cosí riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere? Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio"Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un gran timore prese tutti quelli che udirono queste cose. I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono. Circa tre ore dopo, sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò. E Pietro, rivolgendosi a lei: "Dimmi", le disse, "avete venduto il podere per tanto?" Ed ella rispose: "Sí, per tanto". Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono alla porta e porteranno via anche te". Ed ella in quell'istante cadde ai suoi piedi e spirò. I giovani, entrati, la trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono accanto a suo marito (Atti 5:1-10).
Qual è la lezione che possiamo trarre da questo passo? Innanzitutto che la bugia non è poi qualcosa di così innocuo. Il passo dimostra certamente che il salario del peccato (in questo caso la bugia) è la morte. Ma i credenti hanno qualcos’altro da imparare. Pietro disse che Anania e Saffira avevano mentito allo Spirito Santo, però, è interessante notare che il loro interlocutore era Pietro e non Dio. E allora perché affermare che essi avevano mentito allo Spirito Santo se l’interlocutore era Pietro? Beh, credo che Anania e Saffira conoscevano il verso di cui in epigrafe, e magari lo Spirito Santo l’avrà richiamato alle loro menti prima che essi rispondessero a Pietro. E sicuramente conoscevano anche il verso del seguente Salmo: Oggi, se udite la sua voce, non indurite il vostro cuore come a Meribà, come nel giorno di Massa nel deserto, (Salmi 95:8). È evidente che possiamo resistere alla voce di Dio non credendo a quanto ci sta comunicando o restando indifferenti alle parole, ma ciò non ci esimerà dalle conseguenze del peccato. In poche parole questo passo comunica e dimostra che chi spaccia menzogne non avrà scampo. Semplice, immediatamente o dopo alcuni anni, non si può sfuggire al giudizio di Dio, tutto qui.
Non illudiamoci, i bugiardi non potranno giustificarsi dinanzi a Dio affermando che le loro menzogne erano soltanto bugie bianche. Una bugia rimane una bugia indipendentemente dal suo “colore”, e, quindi, ciò comporta la violazione della legge di Dio. Amare la bugia significa perseverare in essa, ritenendola non peccaminosa, ma la parola di Dio è molto chiara in merito, e afferma negli ultimi versi della Bibbia: Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna (Apocalisse 22:15). Però, se oggi qualcuno riconosce, d’essere manchevole in quest’aspetto, si rivolga a Dio, poiché: Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità (I Giovanni 1:9).
Dio ci benedica!

sabato 15 maggio 2010

L’egoismo fonte di crisi.

Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3:16).

L’attuale catastrofe economica che stiamo vivendo, e il cui epilogo è tutt’altro che vicino, affonda le proprie radici in un sentimento coperto spesso dall’ipocrisia. Dal titolo avrete capito che mi riferisco all’egoismo. L’attuale crisi è frutto dell’egoismo umano. E sicuramente questo periodo di crisi si acuirà, così come rammentato in questo post (per informazioni economiche vedi qui).
Purtroppo è dolente osservare che l’uomo più si trova in difficoltà e maggiormente l’egoismo trova spazio. Il noto detto “chi pensa per sé pensa per tre” ha un riscontro proprio nei momenti di crisi. In quei periodi l’istinto di sopravvivenza trova vigore nell’egoismo, sentimento opposto a quello del nostro Creatore. Il verso in epigrafe svela ciò che è l’opposto dell’egoismo, cioè, l’altruismo. Con egoismo s’intende l’amore per se stesso, le proprie esigenze e cose, senza alcun riguardo per il prossimo. Comprendiamo dal verso del Vangelo secondo Giovanni che il Creatore possiede un sentimento opposto a tale attitudine.
Se vogliamo un esempio d’egoismo, dobbiamo semplicemente osservare la politica italiana. In un paese che si definisce cristiano e in cui ha sede una delle più grandi organizzazioni religiose, è immorale che qualsiasi opera o fornitura pubblica sia determinata dal regalo che il politico o il funzionario riceverà dal fornitore. Sono decenni ormai che questa mentalità domina l’Italia e che ha prodotto il malessere economico cui assistiamo oggi.
L’uomo non è un essere altruista ma egoista. L’avarizia è un aspetto dell’egoismo. Le traduzioni italiane riservano soltanto un verso in cui appare il vocabolo “egoisti”: perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, (II Timoteo 3:2). Diodati traduce il medesimo verso, riportando: Perciocchè gli uomini saranno amatori di loro stessi, avari, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, disubbidienti a padri e madri, ingrati, scellerati; (II Timoteo 3:2).
Saranno amatori di loro stessi, parole che svelano la natura dell’egoista. Egli ama unicamente la propria persona, e quindi le sue azioni saranno rivolte soltanto al proprio benessere, disinteressandosi di conseguenza del prossimo. Chi si definisce cristiano dovrebbe aborrire un tale comportamento, infatti, Cristo insegnò l’opposto: Il secondo è questo: Ama il tuo prossimo come te stesso. Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi" (Marco 12:31). Ma l’uomo ama soltanto se stesso, incurante del prossimo. Belle parole mascherano spesso la vera natura dell’egoismo umano, in cui i fatti non avranno alcun riscontro a quanto proferito. Quest’atteggiamento, ormai dilagante nella società, ha prodotto e produrrà disastri. Non può esserci benessere se l’uomo pensa a se stesso.
Il verso in epigrafe mostra invece un atto altruista, un atto d’amore così profondo nei confronti della propria creatura da donare perfino la vita. Cristo (il Logos) donò la vita dopo essersi incarnato, e nel compiere quest’opera rinunciò alla gloria celeste. L’Onnipotente subì ogni umiliazione. Il Creatore della vita offrì la propria senza indugio. Il Re dei re, unico uomo giusto che calpestò la terra, fu ucciso tra i malfattori. Dio mostrò così l’altruismo, in opposizione a tutto l’egoismo umano. Difatti, che cosa c’è di più generoso se non di offrire la propria vita per quella altrui? L’uomo invece e del pensiero opposto, cioè, "mors tua vita mea" (la tua morte è la mia vita). Paradossalmente Cristo offrì se stesso affinché l’uomo abbia accesso alla vita eterna. Egli fu la vittima del pensiero comune (mors tua vita mea) dell’epoca romana, nonostante avesse tutto il diritto del vincitore. Certamente la morte degli uomini non avrebbe donato a Cristo la vita, essendo Lui la vita, ma la nostra sorte sarebbe stata sicuramente inevitabile.
Purtroppo l’uomo continua a coltivare incurantemente il proprio egoismo. All’uomo tutto sembra scontato, credendo di poter opprimere, a seguito del proprio egoismo, i più deboli. Egli persevera nel pensare al proprio tornaconto. Il prossimo è visto soltanto come un oggetto da sfruttare per raggiungere i propri scopi. Pertanto è evidente che la carità non ha posto in un tale atteggiamento. Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Romani 5:8). Questo è altruismo, sentimento che si pone all’opposto dell’egoismo. E oggi il Creatore ci chiede: tu da che parte stai? Forse qualcuno mostra un’immagine in cui l’egoismo rimane coperto, in quanto nel suo intimo continua a pensarla come quel ricco protagonista di una parabola di Cristo: …… "La campagna di un uomo ricco fruttò abbondantemente; egli ragionava cosí, fra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Questo farò: demolirò i miei granai, ne costruirò altri piú grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all'anima mia: "Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; ripòsati, mangia, bevi, divèrtiti". Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà? (Luca 12:16-20).
L’egoista (e, quindi, l’avaro) è incline ad accumulare, gli è difficile rinunciare a ciò che ha acquisito distribuendolo al prossimo, poiché è profondamente attaccato ai suoi beni: Gesú, udito questo, gli disse: "Una cosa ti manca ancora: vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi" (Luca 18:22). L’egoista è un avaro che non riesce a separarsi dai propri averi, e chi si rifugia in questo pensiero, diverrà vittima del suo stesso egoismo, rileggiamo l’ultimo verso del citato passo di san Luca: Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà? (Luca 16:20). Questa è l’epilogo dell’egoista. Egli vuole tutto, ma alla fine si ritroverà separato eternamente dall’unico bene con un valore eterno.
L’apostolo Paolo scrivendo a Timoteo rammentò che negli ultimi giorni le persone saranno egoisti, amanti del denaro …., ma questa crisi si riferisce agli ultimi tempi descritti da Paolo? Non voglio approfondire l’aspetto escatologico del citato passo (II Timoteo cap. 3). Però è doveroso rammentare che se questa crisi sfocerà in un collasso economico globale, da cui sorgerà un uomo il quale riporterà l’ordine economico introducendo (magari a seguito di qualche attentato terroristico) il controllo fisico degli uomini, potremo riconoscere in ciò i tempi di cui parlò Paolo a Timoteo. Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina" (Luca 21:28).
Pertanto, non lasciamoci vincere dall’egoismo, poiché la sorte di questi uomini è già segnata, ricerchiamo invece l’altruismo del nostro Creatore. Dio ci benedica!

lunedì 3 maggio 2010

Matematica matrimoniale!

Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne? Cosí non sono piú due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi". Essi gli dissero: Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?" Gesú disse loro: "Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era cosí.

In questi giorni un fratello, conosciuto in rete, mi ha confidato che tra pochi giorni si sposerà. La prima cosa che mi è venuta in mente sono state le parole del seguente verso, le quali hanno avuto un impatto così insistente da realizzare l'odierno post: Cosí non sono piú due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi".
La società propone ormai una mentalità in cui il matrimonio è considerato un’istituzione superflua, dato che nulla (morale o leggi) impedisce a una coppia ad avere dei rapporti sessuali al di fuori del matrimonio e, quindi, dei precetti di Dio. Il Creatore non pensò, però, di far vivere all’uomo l’intimità sessuale al di fuori di quella morale in cui vissero Adamo ed Eva nel giardino d’Eden, poiché ciò condurrà a diversi squilibri che si rifletteranno nella vita della coppia. Questo squilibrio è talmente reale (dinanzi agli occhi di Dio) che lo possiamo rappresentare matematicamente.
Iniziamo, pertanto, ad applicare la matematica al citato verso. Il verso recita "non sono più due", quindi, la somma di uno e uno "ma una sola carne", ossia, uguale a uno. Illustriamo il tutto con dei numeri: 1+1=1. Beh, dato che la matematica non è un’opinione, dobbiamo costatare un errore nell’addizione, poiché la somma corretta degli addendi corrisponde a due e non a uno.
Il Creatore ha sbagliato i conti, potrebbe pensare qualcuno. In effetti, accertata l’apparente contraddizione, dobbiamo rappresentare il problema algebricamente: u+d=1, in cui u e d rappresentano rispettivamente l’uomo e la donna. Per risolvere il problema ci dobbiamo rivolgere al contesto in cui appare questo verso, e che ho riportato in epigrafe. Infatti, Cristo fece un riferimento al principio, e, quindi, leggiamo alcuni versi del secondo capitolo del Genesi: Allora Dio il SIGNORE fece cadere un profondo sonno sull'uomo, che si addormentò; prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto d'essa. Dio il SIGNORE, con la costola che aveva tolta all'uomo, formò una donna e la condusse all'uomo (Genesi 2:21,22).
Sono state scritte e proferite fiumi di parole in merito alla “costola” che il Creatore avrebbe prelevato da Adamo. Non voglio entrare nel merito, ma desidero semplicemente riportare ciò che molti biblisti pensano riguardo a questo verso. È ormai risaputo che il testo ebraico ci riporta al fatto che il vocabolo “costola” andrebbe tradotto correttamente con il termine “metà”. Pertanto potremmo tradurre: Allora Dio il SIGNORE fece cadere un profondo sonno sull'uomo, che si addormentò; prese una metà di lui, e richiuse la carne al posto d'essa. Dio il SIGNORE, con la metà che aveva tolta all'uomo, formò una donna e la condusse all'uomo (Genesi 2:21,22). Questa realtà è riscontrabile spesso anche nell’espressione rivolta alla propria moglie quando adoperiamo l’appellativo la nostra (dolce) “metà”.
A questo punto possiamo affermare che se prima avevamo due incognite date da u e d, ora siamo in grado di definirle. Infatti, se Eva (donna) è un mezzo (1/2) di Adamo (uomo), possiamo comprendere che Adamo equivale all’altro mezzo (1/2), il tutto può essere ricavato così: u=1-d. Ora rifacciamo i conti di cui in premessa: 0,5 + 0,5 = 1 (u sta per 0,5 come anche d sta per 0,5). Ecco illustrata la soluzione del problema. Nell’espressione difatti esiste un perfetto equilibrio. Ma in tal espressione con che cosa è stata rappresentata l’unione di Dio? Semplicemente con il segno +. Se in una coppia manca l’unione di Dio, non potrà mai esserci un equilibrio dinanzi ai Suoi occhi. Togliete il più dall’espressione e sarete in grado di rilevare l’errore, infatti: ud ≠ 1, ossia, 0,5 moltiplicato per 0,5 equivale a 0,25 (algebricamente ud rappresenta una moltiplicazione tra u e d).
Le molteplici relazioni prematrimoniali o extraconiugali possono essere rappresentate nell’uomo da ud, ud₁d₂ o ud₁d₂d₃ ecc. e nella donna come du, du₁u₂ o du₁u₂u₃ ecc., il risultato sarà comunque sempre disuguale e inferiore a uno (naturalmente il valore numerico da inserire al posto dei simboli sarà 0,5). Se qualcuno pensa che il matrimonio sia superfluo, possiamo matematicamente costatare (secondo il descritto principio) che una relazione al di fuori del matrimonio pone la coppia in disequilibrio dinanzi a Dio. Non si potrà mai giungere a quell’unità cui aveva pensato il Creatore fin dal principio. Potete fare varie prove matematiche, osserverete sempre che la somma sarà inferiore a uno. Certo, questa è soltanto una metafora matematica, ma che illustra anche a un razionale il valore del matrimonio.
Anche le relazioni extraconiugali sono, dinanzi agli occhi di Dio, un peccato che di conseguenza conduce a uno squilibrio nella coppia. Applichiamo nuovamente le descritte regole algebriche, pensando al marito come al colpevole. Abbiamo rappresentato una relazione priva dell’unione (prematrimoniale) di Dio con ud il cui risultato è ≠ 1. Quindi, per rappresentare un matrimonio macchiato dall’adulterio, dovremmo riportare i simboli nel seguente modo: ud₂ + d₁ ≠ 1, in cui d₂raffigura l’amante e ud₂indica l’uomo adultero unito illecitamente all’amante, mentre d₁simboleggia la moglie. Ora verifichiamo il tutto inserendo i valori numerici: 0,5 x 0,5 + 0,5 = 0,75. Notiamo dal risultato (≠ 1) che un matrimonio macchiato dall’adulterio entrerà subito in disequilibrio. Infatti, la formula mostra molto bene che, non si raggiungerà mai l’unità (raffigurata dall’uno) pensata dal Creatore, e se qualcuno voleva una rappresentazione razionale in merito, credo che l’odierno post l’abbia fornito (anche se simbolicamente). Credo sia chiaro che l’unione tra un uomo e una donna (cioè tra u e d) deve essere sempre suggellata dal Creatore (espressa nei descritti esempi dal simbolo +) altrimenti non potrà esserci quell’unità (indicata dal numero 1) istituita da Lui nel giardino d’Eden. Giardino in cui il Creatore prelevò una metà dell’uomo per ricongiungerla a lui, nella forma di una donna, la quale riempirà la parte mancante nell’uomo.
In conclusione è interessante notare che ogni relazione illecita non fa altro che allontanarci sempre più da quell’unità pensata da Dio. Facciamo due esempi tra coniugi adulteri: ud + du ≠ 1 - (0,5 x 0,5) + (0,5 x 0,5) = 0,5 - i coniugi adulteri avranno dimezzato la loro unità; ud₁d₂ + du₁u₂ ≠ 1 - (0,5 x 0,5 x 0,5) + (0,5 x 0,5 x 0,5) = 0,25 - in un rapporto in cui entrambi i coniugi commettono due adulteri, rimarrà soltanto un quarto dell’unità. Naturalmente questi esempi si prefiggono di mostrare soltanto l’indebolimento di una relazione macchiata da molteplici adulteri, e, di conseguenza, non indicano altro all’infuori di questo.
Come potete notare, anche la matematica espone ciò che alcuni non vogliono riconoscere, pertanto, termino ricordando che: Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti e il letto coniugale non sia macchiato da infedeltà; poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adúlteri (Ebrei 13:4). E se qualcuno s’è macchiato di questi peccati, introducendo squilibrio nella propria vita di coppia, deve rivolgersi esclusivamente a Colui che è l’unico in grado di cancellare l’elemento estraneo (frutto del peccato) rappresentato nelle descritte “formule”, poiché: Io, io, sono colui che per amor di me stesso cancello le tue trasgressioni e non mi ricorderò piú dei tuoi peccati (Isaia 43:25).
A Dio sia la gloria, nei secoli dei secoli, per una così grande grazia!