lunedì 15 novembre 2010

L’infinito “perché” dell’uomo visto dalla torre di Babele.

Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra" (Genesi 11:4).

Scusate il ritardo ma ho un bel po’ d’impegni da rispettare.
Fine ottobre ho avuto modo di conversare con un collega in merito alla realtà del Divino. E come molti intellettuali ha evidenziato la propria razionalità chiedendosi perché un dio onnipresente, onnisciente, onnipotente e d’amore possa permettere tutte le crudeltà e catastrofi che affliggono o hanno afflitto l’umanità. Le domande sono spesso le stesse, per esempio: dov’era Dio quando lo tsunami inondò mezzo sud est asiatico causando centinaia di migliaia di vittime, o quando il terremoto di Haiti rase al suolo Port-au-Prince, o quando un pedofilo sopprime la vita di un bambino? Beh, se dovessimo affrontare il problema da un punto di vista razionale, troveremmo non poche difficoltà a rispondere al quesito. Innanzi tutto dobbiamo chiarire che entrare nel merito del singolo caso è qualcosa veramente d’estenuante, e il dibattito tra libero arbitrio e determinismo diverrebbe sicuramente interminabile, dato che il libero arbitrio si pone come caratteristica fondamentale dell’individualità. Ma toniamo al verso in epigrafe, esso espone una parte della storia di Babel, e da quel tempo sono trascorsi migliaia d’anni. Babel o meglio conosciuta come Babele, che in seguito prese il nome di Babilonia, fu un luogo in cui l’ambizione non differì da quella riscontrabile nell’attuale società. In questa città, fondata da Nimrod, si proposero di costruire una torre che giungesse fino al cielo. Mattone su mattone iniziarono a costruirla, ma il Creatore spezzò questo tentativo confondendo il linguaggio dei costruttori.
Anche oggi possiamo assistere alla costruzione di torri in cui si rompono i record d’altezza, certamente non con lo scopo di giungere al cielo, dato che ne abbiamo compreso la realtà. Però desidero attrarre la vostra attenzione sul sentimento che animò i cittadini di Babel. Essi volevano costruire la descritta torre per occupare il luogo in cui pensavano risiedesse la divinità, ossia aspiravano a spodestarla. Anche oggi l’uomo cerca d’occupare il posto che appartiene al Creatore. Mattone su mattone si cerca di spodestare il Creatore. Ma in che senso? Beh, è semplice, ogni volta che l’antropologia, la biologia, la chimica, la fisica, l’archeologia, la geologia, psicologia o altra scienza, adopera la conoscenza per escludere il Creatore dalla nostra realtà, si pone un mattone con il quale si edifica quella torre che si proietta verso il cielo. E come a Babel, i costruttori di questa torre parlano la medesima lingua, cioè quella della negazione di un creatore. Gli edificatori della torre di Babel non compresero che la costruzione di una torre che giungesse al cielo sarebbe stata un’impresa impossibile, poiché non ne comprendevano la realtà, cioè, la concezione dello spazio era totalmente distorta, dato che la cosmologia mesopotamica considerava il cielo una specie di cupolone solido. Certamente, oggi, abbiamo una concezione della realtà molto più ampia, ma questo non impone l’esclusione del Creatore.
I sentimenti umani non differiscono da quelli dell’epoca di Babel. Ogni volta che l’uomo aggiunge un mattone alla propria torre, comprende che è insufficiente per raggiungere lo scopo preposto. Quante volte abbiamo sentito annunciare che l’ultimo mattone sarebbe stato posto a breve e invece salendo su quest’ultimo si capiva che ancora ne mancavano molti per toccare l’irraggiungibile. Molti sono convinti che LHC di Ginevra ci regalerà gli ultimi mattoni della fisica escludendo così il Creatore da ogni disegno che riguarda il principio. Il bosone di Higgs (ipotetica particella elementare) soprannominato, data la sua importanza, “particella di Dio”, è presentato dai media come se fosse uno degli ultimi mattoni. Se avessimo un riscontro sperimentale in merito alla “particella di Dio”, saremmo in grado d’escludere un disegno intelligente? Penso proprio di no, la storia c’insegna che non accadrebbe. Pensate all’evoluzione storica del modello atomico, il primo è d’attribuire a Joseph Thomson, il secondo a Ernest Rutherford, il terzo e più conosciuto a Niels Bohr, e l’ultimo al celebre Erwin Schrödinger. Chissà quanti pensavano d’aver posto l’ultimo mattone della conoscenza. Demòcrito ipotizzò addirittura, nel quarto secolo a. C., che prendendo a martellate un sasso se l’ultimo infinitesimo granello di sasso non si sarebbe rotto, avremmo potuto affermare che tal elemento fosse fatto unicamente di se stesso. Da quell’epoca abbiamo scoperto che quell’infinitesimo granello di pietra è una particella subatomica costituita dal protone, e che nonostante non si spacchi (alle nostre energie, e non a quelle prodotte in questi giorni al CERN di Ginevra di 1,38 TeV) è comunque fatto da particelle elementari denominati quark (l’opposto di ciò che pensava Demòcrito). Ogni traguardo pone nuovi quesiti, ma perché? La tipica risposta è che la nostra realtà è qualcosa di estremamente complessa e vasta, quindi, molti affermano che la scienza si trova attualmente soltanto agli albori della conoscenza. Eppure, alcuni pensano di poter escludere il Creatore dalla nostra realtà, e nonostante la torre continua a innalzarsi, “avvicinandosi” al cielo, la meta sembra allontanarsi sempre di più. È difficile accettare per l’uomo l’incapacità di capire ciò che ritiene raggiungibile, quest’insuccesso frustra l’animo umano a un punto tale da farlo cadere nell’ostinazione.
Ho citato diverse volte nei post un uomo vissuto ai tempi dei patriarchi (circa 2000 anni a. C.), avrete capito che mi riferisco a Giobbe. Chi conosce la sua storia sa che subì una prova che gli tolse tutto, perfino la salute. Ebbene il Creatore gli rispose dal seno della tempesta, in un discorso molto ampio che abbraccia quattro capitoli (38:1-41). Se vogliamo riassumere il discorso del Creatore, allora i quesiti sarebbero: riesci a controllare le forze della natura e il principio della vita? La vita è fine a se stessa? Spero che ognuno di noi sia consapevole che nessuna “torre” riuscirà a raggiungere le altezze celesti. È impossibile! Possiamo costruire delle "torri" per vedere qualcosa da più vicino, e ciò sicuramente ha portato dei benefici all’umanità, ma non riusciremo giammai a innalzare una "torre" che giunga lì dove la conoscenza di Dio, risiede. Essa è inaccessibile per un essere limitato come l’uomo. Infatti, Egli c’interroga: Puoi tu stringere i legami delle Pleiadi, o potresti sciogliere le catene d'Orione? (Giobbe 38:31). Chi di noi riesce a ravvicinare le Pleiadi? Nessuno, nemmeno di un metro. La tipica domanda che spesso insorge a seguito di queste considerazioni è: in che modo il Creatore compie o compì ciò che la Bibbia afferma? Quando il Figlio di Dio s’incarnò, abitando per un breve periodo tra gli uomini (vivendo soltanto trentatré anni) compì talmente così tante opere che se si dovessero raccontare il mondo non potrebbe contenerne i libri: Or vi sono ancora molte altre cose che Gesú ha fatte; se si scrivessero a una a una, penso che il mondo stesso non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero (Giovanni 21:25). Considerando che l’universo ha un’età di circa quindici miliardi d’anni, proviamo a immaginare quanti “mondi” avremmo necessitato per contenere i libri che avrebbero narrato le opere compiute dal Creatore in tale periodo (vedi post l'infinito). Eppure l’Altissimo (questo il termine che Baalam usò per proferire il suo oracolo) è riuscito a condensare la propria opera in un libro, la Bibbia. Purtroppo, l’uomo non comprende che la torre rimarrà sempre e a qualsiasi altezza troppo bassa per raggiungere l’Altissimo. L’appellativo utilizzato da Baalam, che era partito per maledire il popolo d’Israele, è una chiara risposta al proposito dei cittadini di Babel. Essi non sapevano che Colui il quale volevano raggiungere, è l’Altissimo. L’uomo è chiamato soltanto ad alzare il capo: Levate gli occhi in alto e guardate: Chi ha creato queste cose? Egli le fa uscire e conta il loro esercito, le chiama tutte per nome; per la grandezza del suo potere e per la potenza della sua forza, non ne manca una. Perché dici tu, Giacobbe e perché parli cosí, Israele: "La mia via è occulta al SIGNORE e al mio diritto non bada il mio Dio?" Non lo sai tu? Non l'hai mai udito? Il SIGNORE è Dio eterno, il creatore degli estremi confini della terra; egli non si affatica e non si stanca; la sua intelligenza è imperscrutabile (Isaia 40:26-28). L’uomo non deve costruire “torri di conoscenza”, poiché abbiamo letto che la sua intelligenza è imperscrutabile, ma ciò non vuol dire che non possiamo intraprendere un cammino per capire la realtà intorno a noi. Purtroppo spesso si accusano i creazionisti di disprezzo nei confronti delle scienze. Però non credo che ciò corrisponda al reale pensiero di un creazionista. Penso invece che tutti siano riconoscenti del fatto che la scienza abbia contribuito a migliorare la qualità della vita. La scienza non è un problema per un credente, ma lo diventa nel momento in cui si cerca di censurare il Creatore a un punto tale da escluderlo da ogni disegno. Questa contesa dell’uomo tra se e il Creatore lo pone su una “torre" la cui cima non potrà mai raggiungere lo scopo preposto. Per questo motivo Egli pone all’uomo questa domanda: Il SIGNORE continuò a rispondere a Giobbe e disse: "Il censore dell'Onnipotente vuole ancora contendere con lui? Colui che censura Dio ha una risposta a tutto questo?" (l’espressione “a tutto questo” possiamo riassumerla con “creato”). Quale fu, la risposa di Giobbe (uomo giusto)? Certamente non fu quella di mettere in dubbio l’operato di Dio o continuare a porsi delle domande, no, egli si arrese al fatto che l’uomo è soltanto polvere: Allora Giobbe rispose al SIGNORE e disse: "Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno. Chi è colui che senza intelligenza offusca il tuo disegno? Sí, ne ho parlato; ma non lo capivo; sono cose per me troppo meravigliose e io non le conosco. Ti prego, ascoltami, e io parlerò; ti farò delle domande e tu insegnami! Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora l'occhio mio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere" (Giobbe 42:1-6). Se lo scopo della tua vita consiste nel raggiungere ciò che è irraggiungibile, mediante “torri”, devi semplicemente arrenderti a Colui la cui intelligenza è imperscrutabile, così parlerai la medesima lingua del Creatore, senza rimanere disperso nel mondo creato da Lui in cui ormai chiunque parla una lingua diversa.
Pertanto, scendi dalla torre e inizia a parlare la lingua del Creatore!