lunedì 28 febbraio 2011

Evoluzione e Genesi (3).

Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; cosí le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti (Ebrei 11:3).

Rieccoci!Prima di esaminare i successivi “confini” (Genesi 1:21,27) dobbiamo esaminare i versi antecedenti per comprendere appieno ciò che il Creatore desidera comunicarci. Iniziamo quindi dal verso due: La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque (Genesi 1:2). Avevamo discusso in merito a questo verso in un altro post, per evidenziare che esso è la naturale continuazione dell’opera creativa di Dio. Di conseguenza non ci parla di una ricreazione o di uno stato caotico del creato. Avendo compreso che Dio nel verso uno descrive la creazione dello spaziotempo e della materia, possiamo dedurre che le parole “la terra era informa e vuota” descrivono lo stato primordiale del nostro sistema solare. Ma cosa significa “informa e vuota” in relazione al nostro globo? La terra per come la conosciamo noi, assomiglia geometricamente a un globo, anche se essa presenta una superficie e forma ben lontana da una sfera perfettamente liscia. Credo sia evidente che descrivendo il nostro pianeta come una cosa “informe” e “vuota”, nulla può farci pensare a una sfera, poiché la terra non è informe, ma possiede appunto una forma geometrica ben definita e conosciuta. Se l’aggettivo “informe” descrive la forma, e nella fattispecie l’assenza di forma, il vocabolo “vuota”, ci parla della sua consistenza. L’aggettivo “vuota”, inoltre, ci aiuta a comprendere che la terra, essendo priva di forma dovuta alla sua inconsistenza, era inadatta ad accogliere ciò per cui Dio la creò. Quest’illustrazione non assomiglia a quello che molti descrivono come un agglomerato gassoso? A me sembra che sia così. Anche se la scienza propone diverse teorie in merito alla genesi del nostro pianeta, possiamo tuttavia riconoscere nella descrizione biblica una narrazione semplice ma comunque corrispondente, in tale particolarità, a tutti i modelli teorici proposti dall’astrofisica. Se dovessimo descrivere la nascita del nostro pianeta a un bambino, non potremmo fare a meno d’usare i citati aggettivi per raccontargli lo stato iniziale della terra. Mi piace veder in questo verso il Creatore mentre dona forma e consistenza alla terra, perché possiamo leggere: Suo è il mare, perch'egli l'ha fatto, e le sue mani hanno plasmato la terra asciutta (Salmi 95:5). Naturalmente comprendiamo che il Creatore non necessità di una mano per eseguire le proprie azioni, infatti, Egli comandò e la cosa avvenne, tuttavia, il verso evidenzia che durante la creazione agì con molta cura e amore. Nel primo capitolo del Genesi, in cui possiamo leggere che Dio agì con la parola, possiamo riconoscere la Sua potenza, mentre il citato verso del Salmo novantacinque ci parla appunto dell’amore e la cura che Egli riservò al creato. Perché? Non credo che qualcuno si occupi di un bisognoso soltanto a “parole”, perché se sarà mosso da un sentimento d'amore, si rimboccherà certamente le maniche per accudirlo, e tale interesse mostra che Dio non abbandonò il creato a se stesso. Passiamo adesso alla seconda parte del secondo verso del Genesi, non vi sembra bellissimo, leggere che “lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”? In questo particolare possiamo riconoscere l’onnipresenza e l’onniscienza del Creatore. Nonostante non vi fosse ancora alcuna forma di vita, il Creatore manifestò al creato la Sua presenza. Non immaginiamo che Egli dovesse svolazzare da una parte all’altra della nostra proto- terra. Il termine ebraico (rachaph) utilizzato per descrivere “l’aleggiare” dello Spirito, lo possiamo rinvenire soltanto tre volte nell’intero A.T., la prima volta nell’esaminato secondo verso biblico, le successive in: (Deuteronomio 32:11) Come un’aquila che desta la sua nidiata, svolazza sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne. - (Geremia 23:9) Contro i profeti. Il cuore mi si spezza nel petto, tutte le mie ossa tremano; io sono come un ubriaco, come un uomo sopraffatto dal vino, a causa del SIGNORE e a causa delle sue parole sante. Nel verso del Deuteronomio l’aggettivo è tradotto con il vocabolo “svolazza”, mente nel verso di Geremia si utilizza la parola “tremano”. Quindi, con l’espressione “aleggiare” possiamo comprendere che lo Spirito, pur non dovendosi (essendo onnipresente) spostare da una parte all’altra della proto-terra, non rimase inattivo, ma si curò di ciò che avvenne mostrando (possiamo pensare a un movimento vibratorio) la Sua presenza.
Continuando a legger i versi del primo capitolo del Genesi ci imbatteremo in un’apparente contraddizione: Dio disse: "Sia luce!" E luce fu. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce "giorno" e le tenebre "notte". Fu sera, poi fu mattina: primo giorno (Genesi 1:3-5). Come coniugare la creazione della luce se le sue fonti come il sole e gli altri luminari furono creati soltanto al quarto giorno? Come sono cresciute le piante senza il sole? Beh, alcuni attribuiscono l‘origine della luce al Creatore, essendo Egli la fonte principale, mentre i luminari quella secondaria, infatti, nel libro dell’Apocalisse possiamo leggere che: Non ci sarà piú notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli (Apocalisse 22:5). Certo, la luce di Dio potrebbe ottemperare a tali bisogni, ma questa spiegazione è conciliabile con il testo in esame? Se dovessimo avvalorare l’appena citata spiegazione, allora potremmo dedurre che Dio comandò a se stesso d’emetter luce o di creare la propria luce, e ciò vi sembra plausibile? Penso sia una conclusione assurda, perché possiamo leggere che la luce di cui parla il Genesi servì a stabilire il giorno e la notte, pertanto, dobbiamo chiederci che cosa fu stabilito a tale proposito? Come avrete intuito sto parlando del sole. La rotazione del nostro pianeta permette al sole di illuminare l’intera superficie della terra con periodicità alterna, moto che ci concede, appunto, il giorno e la notte. La fonte di luce di cui parla il Genesi risiede quindi nella nostra stella, cioè, il sole. E allora cosa avvenne quando il Creatore comandò "Sia luce!"? Fu semplicemente l’inizio delle reazioni nucleari di fusione d’idrogeno in elio. Mi piace pensare che il Creatore abbia dato lettura di una parte delle Sue leggi (fisiche), e la Parola (Logos) le abbia eseguite, la conseguenza di quest’azione sarebbe stata, di conseguenza, “l’accensione” della nostra stella. Se questo verso descriverebbe la creazione del sole, che cosa narrerebbero quelli successivi al tredicesimo? Per comprendere questa parte del primo capitolo biblico, dobbiamo rivolgerci al secondo capitolo del Genesi: Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il SIGNORE fece la terra e i cieli, non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il SIGNORE non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo (Genesi 2:4-6). Le parole, “non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata", descrivono la terra in uno stato arido, così come la scienza la immagina quattro miliardi e trecento milioni di anni fa. La Bibbia attribuisce quest’assenza di vegetazione al fatto che “Dio il SIGNORE non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo”. E’ sorprendente notare che questa descrizione non contrasta per nulla con il modello evolutivo che riguarda la terra. E non solo, in quell’epoca, quattro miliardi e trecento milioni di anni fa, la scienza concorda col fatto che non vi era ancora presenza d’acqua, inoltre, la terra era avvolta da una fitta coltre di gas (dovuta alle violentissime attività geotermiche della terra) così come descritto nei seguenti versi: perché Dio il SIGNORE non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. E' interessante notare che il Creatore precisa l'assenza dell'uomo sulla terra in quel periodo. Infatti, le condizioni ambientali erano incompatibili per la vita.
Torniamo all’apparente conflitto che c’è tra il verso cinque e quelli successivi al tredicesimo. Qualcuno potrebbe chiedermi che cosa creò il Signore al verso sedici, se le stelle e, quindi, anche il nostro sole, furono creati antecedentemente al verso tredici, come spiegare questa particolarità? Abbiamo letto che un “vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo”, di conseguenza non credo che i luminari siano stati visibili, e, quindi, apparentemente facenti parti della realtà di un ipotetico osservatore posto sulla terra. Dobbiamo oltretutto precisare che il verbo “fece”, utilizzato dall’Autore al verso sedici, non ha il medesimo significato del verbo “creò”. Difatti, nel testo ebraico non è riportato il vocabolo “bara’” ma “`asah”. Questo verbo esprime ciò che le traduzioni italiane della Bibbia lasciano intendere, cioè, “fare”. Il verbo “`asah” lo possiamo rinvenire 2275 volte nel testo ebraico, e spesso è stato tradotto con il verbo “fare”, ma “fare” e ”creare” sono due concetti distinti. Nei precedenti post abbiamo considerato il significato del verbo “creò”, però, non possiamo effettuare le medesime considerazioni in merito al verbo “fare”, poiché spesso non designa un’azione ben definita. Facciamo un esempio, l’affermazione “ho fatto un’automobile” può significare che ho disegnato un’automobile, ho costruito un’automobile o ho progettato un’automobile. Quindi, la citata affermazione potrebbe descrivere diverse azioni o, addirittura, una serie d’azioni, poiché per fare un’automobile devo innanzitutto progettarla, disegnarla e infine realizzarla (in cui avverranno tantissime azioni). Come potete notare, da questo semplice esempio, il verbo “fare” può comunicarci più di quanto pensiamo.
È importante, quindi, analizzare il contesto per comprendere pienamente la parte biblica in esame. Sarebbe troppo complicato ed esteso descrivere ciò che Dio compì in quei periodi o momenti. Spero abbiate compreso che il Creatore ha semplicemente riassunto l’opera (o azioni) adoperando il verbo “fare”. Dall’esposta interpretazione possiamo dedurre che non è assurdo collocare l’origine della vita vegetale nei versi antecedenti a quelli del quattordicesimo verso, dato che il sole fu creato (verso 3) in un periodo precedente alla comparsa dei vegetali (verso 11), anche se molti sono convinti del contrario. Io penso invece che un’attenta lettura del testo riesca a fugare qualsiasi dubbio o contraddizione. Prima di terminare desideravo però attrarre la vostra attenzione su questi versi: Poi Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto". E cosí fu. Dio chiamò l'asciutto "terra", e chiamò la raccolta delle acque "mari". Dio vide che questo era buono (Genesi 1:9,10). È interessante notare che Dio raccolse le acque in un unico luogo, così come ci propone la paleogeografia e la teoria della deriva dei continenti. Il fatto che le acque furono raccolte in un unico luogo ci fa comprendere che “l’asciutto” era anch’esso costituito in un unico luogo, che la paleogeografia riconosce, appunto, nel cosiddetto supercontinente Pangea (180 milioni di anni fa). Anche se la geologia ha ipotizzato altri supercontinenti (Pannotia, 600 milioni di anni fa; Rodinia, 750 milioni di anni fa; Vaalbara, 3,6 miliardi di anni fa) ciò non toglie che il Genesi descriva un unico luogo in cui furono raccolte le acque, caratteristica che ci fa considerare “l’asciutto” (terra) come un supercontinente. Infine, preciso che non ho commentato i versi sei, sette e otto del primo capitolo biblico, perché sono stati oggetto di questo post. Purtroppo non siamo ancora riusciti a descrivere il secondo “confine” del primo capitolo, quindi, vi rimando al prossimo post. Dio ci benedica!

sabato 12 febbraio 2011

Evoluzione e Genesi (2).

Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; cosí le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti (Ebrei 11:3).

Allora, eravamo rimasti ai confini dell’argomento, scusate il doppio senso, e quindi iniziamo subito a riprender il ragionamento in cui l’avevamo lasciato. Ebbene, innanzitutto dobbiamo definire cosa intendo con confine, e siccome i confini gli rinveniamo in un testo, possiamo dedurre che sono rappresentati da una parola. Quale? E’ semplice notarla, e nella fattispecie analizzeremo il primo capitolo del Genesi, che narra appunto le nostre origini. Infatti, leggendolo attentamente, possiamo rinvenire per cinque volte il verbo "creò", ecco questo vocabolo delimita il citato confine. Ma qual è il significato di questo verbo? Nell’ebraico esso (bara’) descrive un atto creativo di Dio, questa parola non è mai associata all’uomo, cioè, non è adoperata per descrivere un’azione dell’uomo. E’ Dio che crea, e con tale verbo, l’autore del Genesi (Spirito Santo) intendeva far capire che la Parola non trasse "le cose che si vedono da cose apparenti". In altre parole le nostre origini non possono essere attribuite al caso, cioè, a cause sconosciute o conosciute frutto di varie ipotesi.
Rileggiamo il primo verso del Genesi: Nel principio Dio creò i cieli e la terra (Genesi 1:1). Leggendo invece la prima parte del verso, nella lingua dei testi originali (l’ebraico) noteremo che è composta da tre parole: B’reshit bara’ Elohim ….. Queste prime tre parole della Bibbia rispondono a tre quesiti, ossia, “quando”, “cosa” (avvenne) e “chi”.
La risposta al “quando” è data dal vocabolo“b’reshit”, essa designa il tempo in cui i fatti avvennero. Oggi grazie alla fisica possiamo dedurre che il tempo ebbe un “inizio”, anche se quest’affermazione non è proprio corretta, dato che il tempo designa il susseguirsi degli eventi in relazione alla realtà in cui viviamo. In altre parole possiamo dire che nel principio iniziò quel susseguirsi d’eventi che ci ha condotti all’odierno giorno. Pertanto, l’espressione “nel principio” (b’reshit) designa l’attimo in cui il tempo “iniziò a scorrere”. Perché le virgolette? Poiché non dobbiamo pensare al tempo come a un elemento assoluto che scorre indifferente rispetto agli eventi. Il celebre paradosso dei gemelli, che ha avuto un riscontro sperimentale, c'insegna che il tempo scorre differentemente per un astronauta di ritorno da un viaggio spaziale, fatto alla velocità prossima a quella della luce, rispetto al gemello rimasto sulla terra, infatti, egli (l’astronauta) risulterà più giovane. L’astrofisica è riuscita a rispondere a molte domande riguardo all’origine dell’universo e sembra che la conoscenza si limiti soltanto a una piccolissima frazione di tempo denominata “tempo di Planck”, cioè a 5,4 x 10 -44 s (s = secondi). Vi ricordo che 10-6 s equivalgono a 1 µs (un milionesimo di secondo - 0,000001 s), quindi, immaginate di che minuscola frazione di tempo stiamo parlando, dato che la rappresentazione numerica di questo tempo conta quarantaquattro cifre dopo la virgola. La celebre scienziata Margherita Hack, coautrice del libro “Origine e fine dell’universo”, afferma che “prima del tempo di Planck, che rappresenta il tempo impiegato dalla luce a percorrere la distanza di Planck 10-33 cm, la nostra fisica è inadeguata, e tale periodo iniziale resta per noi inconoscibile”. Nonostante la Hack sia atea, la sua affermazione risulta intellettualmente molto onesta. In un altro libro (dal Big Bang a oggi) la scienziata afferma che di quest’epoca possiamo dire pochissimo, ma comunque data l’affidabilità della fisica classica si possono formulare delle ipotesi. Possiamo però adoperare la fisica quantistica, che può essere applicata ai livelli energetici dell’epoca di Planck. Dal punto di vista scientifico ciò è molto interessante ma questa conoscenza ci permetterà d’escludere il Creatore dalla nostra realtà? No, poiché il primo vocabolo della Bibbia afferma che ci fu un principio in cui Dio compì un atto creativo. Pertanto, eccoci alla seconda parola del Genesi che risponde appunto al secondo quesito (cosa). L’Autore quando adopera il verbo bara’ (creò) desidera comunicarci un particolare poco evidenziato nella società. Infatti, nel momento in cui il Creatore trasse qualcosa dal nulla, lo scrittore sacro (ispirato) utilizzò questo verbo per evidenziare tale particolarità. Notate che con quest’ultima affermazione ho risposto anche al terzo quesito (chi). Infatti, il Creatore che agì nel principio fu “Elohim”, sostantivo plurale di Dio (Dii o Iddio). Perché il Creatore s’identifica al plurale nel primo verso della Bibbia? Dio desidera semplicemente comunicarci che l'intera Divinità partecipò all’opera creativa. E quell’azione creativa cosa produsse? Lo rivela la seconda parte del verso in esame, cioè “i cieli e la terra”. Gli effetti di quell’azione produssero i cieli e la terra. Quindi, nel senso stretto del termine, possiamo riassumere che tutta la nostra realtà fu tratta da quell’atto creativo di Dio. In un altro senso invece mi piace parafrasare il primo verso nel seguente modo, “nel principio Dio creò lo spaziotempo e la materia”. Infatti, se Dio non avesse creato prima di ogni altra cosa lo spaziotempo e la materia, non fosse stato possibile formare i cieli e la terra. Da ciò possiamo dedurre che il verbo bara’ (creò) pone un "confine" proprio in questo senso. La nostra realtà (cieli e terra) ebbe un’origine da Dio. Pertanto possiamo riassumere che ci fu un principio in cui il Creatore creò qualcosa d’inesistente, cioè, lo spaziotempo e la materia. La conoscenza dell’origine di questi elementi, all’infuori della rivelazione biblica, resteranno pertanto sconosciuti. Potremmo spiegare e avvicinarci al “principio” anche oltre il tempo di Planck ma quello che riusciremo a osservare, rimarranno gli effetti dell’atto creativo dell’Onnipotente. La Bibbia rivela invece che nel principio il Creatore compì ciò che la scienza non riesce a spiegare. Certo, questo comporta un atto di fede che Dio esige attraverso il verso in epigrafe. Di conseguenza possiamo avvalorare l’intero modello evolutivo cosmico che la scienza ci propone? No, ma ciò che è empiricamente esposto può essere accettato. Dobbiamo, però, sottolineare che molti usano la scienza per escludere il Creatore dalla nostra realtà. Il messaggio biblico invece è all’opposto, poiché desidera rivelare all’uomo che l’universo è il frutto dell’opera creatrice di Dio. L’incredulo certamente potrà replicare chiedendoci come mai quando osserva la nascita di una stella non riesce a vedere la mano di Dio all’opera. La Bibbia non afferma che è Dio a creare e distendere i cieli? Di conseguenza perché riesco a descrivere l’evoluzione del cosmo senza l’ausilio di un creatore? Eppure nei seguenti versi è scritto che: nel passato tu hai creato la terra e i cieli sono opera delle tue mani; (Salmi 102:25) - Cosí parla Dio, il SIGNORE, che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra con tutto quello che essa produce, che dà il respiro al popolo che c'è sopra e lo spirito a quelli che vi camminano (Isaia 42:5). Anche a questo quesito risponde la Bibbia, leggiamo: Il SIGNORE regna per sempre; il tuo Dio, o Sion, regna per ogni età. Alleluia (Salmi 146:10). Inoltre, per rispondere ai suddetti quesiti non dobbiamo dimenticare, e soprattutto evidenziare, che Dio è il Creatore il quale regna sull’intero universo: Cosí parla il SIGNORE: "Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi; quale casa potreste costruirmi? Quale potrebbe essere il luogo del mio riposo? (Isaia 66:1). In quanto Creatore e Re dell’universo, è l’unico che possiede il diritto di governare su di esso.
In uno stato federale o repubblicano magari non riusciamo a conoscere tutti i membri del governo, e in una monarchia forse non conosceremo il re ma dato che la legge non ammette ignoranza, dovremmo conoscere almeno in parte le leggi con cui essi (re o governo) governano lo stato. Il Creatore governa l’universo attraverso le leggi fisiche, e in ciò possiamo riconoscere la Sua realtà: Cosí parla il SIGNORE: Se io non ho stabilito il mio patto con il giorno e con la notte, e se non ho fissato le leggi del cielo e della terra, allora rigetterò anche la progenie di Giacobbe e di Davide mio servitore, e non prenderò piú dai suoi discendenti coloro che governeranno la discendenza d'Abraamo, d'Isacco e di Giacobbe! poiché io farò tornare i loro esuli, e avrò pietà di loro" (Geremia 33:25,26) - Conosci le leggi del cielo? Regoli il suo dominio sulla terra? (Giobbe 38:33). Magari non riusciamo a osservare il re (legislatore) o il governo mentre “scrive” le leggi, eppure se violiamo o rispettiamo queste leggi comprenderemo che esistono, perché violandole ne subiremo le sanzioni e adempiendole i benefici. La realtà delle leggi ci dimostra che esiste un legislatore (re o governo). Attraverso le leggi il re o il governo attua le volontà politiche, pertanto, rappresentano lo strumento con cui governa sul proprio regno o stato.
Le scienze empiriche non fanno altro che enunciare ed esporre le leggi che il Creatore ha stabilito per governare l’universo. Leggere le leggi, comprenderne i meccanismi e i risvolti, non esclude l’esistenza del Legislatore. O forse nel momento in cui siete a conoscenza di una nuova legge negate che vi sia un legislatore? Non penso, anzi, vi prodigherete per conoscere la persona che ha emanato la nuova normativa, e sicuramente v’informerete il più possibile in merito ad essa. Purtroppo nella società accade l’opposto nei confronti del Creatore, perché la conoscenza ha allontanato l’uomo dal Legislatore. Per me è incomprensibile che un astrofisico ateo non riesca a capire che: I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l'opera delle sue mani (Salmi 19:1). Perché? Poiché sono proprio loro a conoscere meglio degli altri le leggi che Dio ha stabilito per governare l’universo. Certo, conoscenza e fede sono due cose distinte, e, quindi, desidero invitare tutti a ricercare la fede di cui ho parlato in questo post.

Considerazioni riguardo ai tempi (giorni) creativi.

Torniamo al primo verso biblico, e nella fattispecie al primo quesito, “quando”. Sono stati scritti fiumi di parole per definire l’epoca in cui Dio compì l’opera descritta nel primo capitolo del Genesi, e abbiamo notato che il tutto avvenne “nel principio”, ma quanti anni fa? Naturalmente dipende dall’estensione dei periodi creativi. Ho avuto modo di raccontarvi qualcosa in merito, e non voglio ripetermi se non soltanto chiarire alcuni punti in cui qualcuno potrebbe avere dei dubbi o, magari, è semplicemente male informato. Vi consiglio dunque di rileggervi questi post (1 e 2), affinché possiate seguire le successive argomentazioni. Prenderemo come spunto alcune dichiarazioni di un post, il cui autore è il "dottore della Parola" Giacinto Butindaro, per chiarire ciò che a qualcuno può sembrare incomprensibile. Chiarisco subito che non è mia abitudine o intenzione polemizzare con delle affermazioni esposte in altri siti, ma certe dichiarazioni possono avere un effetto poco benefico sulla ragione che Dio ci ha donata, almeno per quelli che la usano. Il mio scopo è soltanto quello di cercare d’evitare che si ripeta la storia in cui qualcuno potrebbe commettere l’errore che fece la chiesa cattolica romana, la quale si oppose ai discorsi di Galileo Galilei e che in seguito si dimostrarono veritieri.
Ribadisco che la Bibbia non si occupa di scienza, e la scienza non si dovrebbe occupare di teologia. La Bibbia adopera un linguaggio che riesce a parlare all’anima (elemento immateriale) di qualsiasi persona, indipendentemente dal livello culturale, viceversa la lingua che il Creatore adoperò per scrivere le leggi fisiche fu la matematica. L’Autore dei libri rimane, però, il medesimo, cioè, il Creatore.
La questione che riguarda il tempo durante la creazione è un tema che può essere risolto con le conoscenze scientifiche, così come la scienza empirica risolse la questione sollevata da Galileo Galilei. Perché? Innanzitutto iniziamo a evidenziare che il testo non impone un’interpretazione che spinge il lettore a intravedere un periodo di ventiquattro ore. L’autore dell’indicato post (Giacinto Butindaro) purtroppo non ha trascritto l’intero verso che ricorre alla fine di ogni giorno, parole che chiariscono la questione dal punto di vista letterario: Dio chiamò la luce "giorno" e le tenebre "notte". Fu sera, poi fu mattina: primo giorno (Genesi 1:5). Perché la strutturazione del testo non impone una definizione temporale dell’opera? Poiché il Creatore avrebbe sicuramente adoperato un verbo idoneo per descrivere il susseguirsi del tempo. In sostanza, avrebbe ispirato lo scrittore sacro in tal senso: Fu sera, poi fu mattina, “e trascorse”, “si concluse” o “passò” il primo giorno. Inoltre, dato che il giorno ebraico inizia con la sera per terminare con quella successiva sarebbe stato più comprensibile aggiungere le seguenti parole: “Fu sera, poi fu mattina (e poi sera): ….”. Penso che una tale descrizione avrebbe lasciato pochi dubbi. È importante comprendere che tutta la questione gira intorno al tanto discusso giorno, e se avete letto questo post, vedrete che cosa s’intende in fisica con giorno, periodo che corrisponde appunto a un tempo ben definito (23h 56m 04s) valido, però, soltanto sul nostro pianeta.
Se non capiamo bene le caratteristiche del tempo, sarà difficile riconoscere in determinati versi biblici la realtà fisica del tempo. Il punto della questione verte tutto su tale fatto. Come descritto nel paradosso dei gemelli, non dobbiamo pensare al tempo come un elemento assoluto che scorre indifferente rispetto agli eventi. Perché? Poiché il tempo è relativo così come predetto, e successivamente dimostrato, dalla teoria della relatività di Einstein. In che cosa consiste la relatività? Einstein rispose un giorno a questa domanda facendo il seguente paragone: "In pratica significa che un minuto seduto su di un ferro rovente, sembra molto più lungo di un'ora passata parlando con una bella ragazza". E’ utile ricordare che fino al sesto giorno non c’era traccia dell’uomo sulla terra, quindi, dovremmo ragionare in modo diverso da come pensiamo. Il Creatore era l’unico essere presente in quel periodo. Come pensate che il Creatore abbia percepito il tempo dato che Egli è l“IO SONO”? Quando nella Bibbia leggiamo i seguenti versi, iniziamo a intravedere la realtà fisica del tempo: Ma voi, carissimi, non dimenticate quest'unica cosa: per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno (II Pietro 3:8) - Perché mille anni, agli occhi tuoi, sono come il giorno d'ieri quand'è passato, e come una veglia nella notte (Salmi 90:4). Einstein non era un credente ma se lo fosse stato avrebbe certamente citato i nominati versi per descrivere la relatività. Essi denotano che non si può attribuire al giorno creativo un periodo di ventiquattro ore, ma nemmeno di mille anni. È corretto affermare (come ricordato da Butindaro) che per Dio mille anni non sono un giorno, ma “come” un giorno, tuttavia dobbiamo altresì evidenziare che l’avverbio “come” ci aiuta a capire che un giorno per Dio può, ma non deve, corrispondere a un periodo di 999 anni, o 9999 anni, o 99999 anni, o 999999 anni, o 9999999 anni. Chissà Dio come percepì il giorno in cui Suo Figlio fu crocefisso, certamente Gli apparve molto più lungo di quanto possiamo pensare. D’altronde come illustrato negli indicati post, mille anni possono apparire come un giorno se un uomo li passasse dormendo, ma un giorno di sofferenza può divenire interminabile.
Oggi grazie alla scienza riusciamo a capire che non è il sole a girare intorno alla terra ma è il nostro globo a compiere un’ellisse intorno alla stella che ci illumina. Se vogliamo essere letterari, allora dovremmo credere per fede che è il sole a muoversi, dato che c’è scritto: Anche il sole sorge, poi tramonta, e si affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo (Ecclesiaste 1:5) - Allora Giosuè parlò al SIGNORE, il giorno che il SIGNORE diede gli Amorei in mano ai figli d'Israele, e disse in presenza d'Israele: "Sole, fermati su Gabaon, e tu, luna, sulla valle d'Aialon!" (Giosuè 10:12). Dobbiamo riconoscere che la Bibbia usa spesso il linguaggio dei fenomeni, il quale descrive ciò che l’uomo riesce a captare attraverso i suoi sensi, e naturalmente tale descrizione sarà influenzata dal punto d’osservazione. Certo, la Bibbia adopera moltissime volte il vocabolo “giorno” (yom) per descrivere un periodo di ventiquattro ore, ma ci sono delle eccezioni e la prima si rinviene nel secondo capitolo del Genesi: Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il SIGNORE fece la terra e i cieli, non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il SIGNORE non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente (Genesi 2:4-7). Penso che questo passo dimostri che i giorni creativi furono dei periodi indefiniti, infatti, il racconto inizia con le parole “nel giorno che Dio il SIGNORE fece la terra e i cieli” (primo giorno) per terminare con la creazione dell’uomo, che si compì, come riferito nel primo capitolo, nel sesto giorno, nonostante il testo inizi con le parole “nel giorno” e non “nei giorni”.
Ma allora perché descrivere la creazione in sei giorni? Beh, il Creatore desiderava semplicemente impartirci la lezione che il periodo lavorativo è costituito da sei giorni cui segue il giorno di riposo, d’altronde le Scritture servono all’ammaestramento. Sì, all’ammaestramento, poiché abiamo letto: Il settimo giorno, Dio compí l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta (Genesi 2:2,3). Veramente pensate che Dio ebbe bisogno di un giorno (24 ore) di riposo (perché c’è scritto che “Dio in esso si riposò”) dopo quell’immensa opera creatrice? Penso che Lui non avesse tale bisogno, ma ciò fu soltanto un ammaestramento, infatti: Non lo sai tu? Non l'hai mai udito? Il SIGNORE è Dio eterno, il creatore degli estremi confini della terra; egli non si affatica e non si stanca; la sua intelligenza è imperscrutabile (Isaia 40:28). Egli non si stancò ma si riposò affinché capissimo l’importanza di tale giorno. E’ l’uomo che ha bisogno di tale riposo e non il Creatore. Il racconto del Genesi adopera un linguaggio elementare e quindi accessibile a ogni livello culturale, e in ciò possiamo riconoscere un altro motivo nel descrivere la creazione in sei giorni lavorativi.
Spero abbiate capito che considerare i giorni creativi dei periodi indefiniti non sia poi così vano e seduttivo come alcuni pensano, anzi, questa è una caratteristica del tempo che fa parte della nostra realtà. Così come tutti ormai sappiamo che la terra compie un’elisse intorno alla nostra stella, nonostante la Bibbia parla "del levare o calar del sole", altrettanto certi possiamo essere in merito alle proprietà del tempo. In conclusione desidero, pertanto, riproporre il quesito che Dio fece a Giobbe: Conosci le leggi del cielo? Regoli il suo dominio sulla terra? (Giobbe 38:33). Nessuno di noi conosce tutte le leggi del cielo, ma queste leggi possono essere decifrate dalla scienza. Spero, però, che tutti abbiano capito che non sono scritte nella Bibbia, libro che comunque contiene delle verità riguardo alla nostra realtà, poiché ispirato da Colui il quale formulò le leggi che regolano l’universo. Io non ho alcun problema a credere che l’Onnipotente abbia creato l’universo in sei giorni, ma la scienza ha dimostrato alla ragione che il tempo possiede una particolare caratteristica, da cui deduciamo che i giorni creativi furono dei periodi indefiniti. Ma come illustrato, possiamo rinvenire anche alcuni versi biblici che oggi ci mostrano una realtà poco visibile e molta più profonda di quanto potevamo pensare fino a qualche decennio fa. Non dimentichiamo la questione sollevata da Galileo Galilei. I credenti dovrebbero imparare anche da questi errori. Accettare i sei giorni creativi come dei periodi indefiniti non significa avvalorare l’evoluzione escludendo il Creatore, e certamente non condurrà un vero credente a ritenere la creazione dell’uomo frutto di un percorso evolutivo. Ci sarebbe ancora molto da dire, penso, però, d’avervi stancato abbastanza. Naturalmente nei prossimi post continueremo a descrivere i “confini”.