giovedì 11 marzo 2010

L’uomo (3)

Che cos'è l'uomo che tu ne faccia tanto caso, che tu t'interessi a lui, (Giobbe 7:17)

Eravamo rimasti all’Io, l’Io è quella consapevolezza che l’uomo ha di sé. Forse sarebbe più corretto parlare di coscienza, poiché con tale termine s’include anche la consapevolezza dell’ambiente circostante e la possibilità d’interazione con esso. A questo punto molti tenteranno d’accostare questa realtà alla vita animale, e l’antropologia insiste molto su quest’aspetto per avvalorare l’evoluzione biologica della specie umana. Abbiamo visto che Dio non ha dotato l’uomo solamente del corpo e dell’anima ma anche di uno spirito, quest’elemento ci distingue da tutte gli altri esseri viventi. Giobbe affermò che: Ma quel che rende intelligente l'uomo è lo spirito, è il soffio dell'Onnipotente (Giobbe 32:8). E che cosa intende la Bibbia con intelligenza? Forse quella capacità mentale d’apprendimento e comprensione? Salomone affermò: Il principio della saggezza è il timore del SIGNORE, e conoscere il Santo è l'intelligenza (Proverbi 9:10).
L’uomo può conoscere Dio soltanto perché possiede qualcosa che gli animali non hanno, ossia lo spirito. Ciò che permette all’uomo di conoscere Dio è lo spirito fonte dell’intelligenza. Mentre la facoltà di ragionamento associata all’intelligenza, ossia, quella capacità d’apprendimento e comprensione, ci permettono d’acquisire, attraverso la parola di Dio, l’intelligenza di cui al decimo verso del nono capitolo dei Proverbi. Tute queste attività avvengono nel cervello sede di ogni pensiero e, quindi, ragionamento. Questo significa che un defunto, privato dell’attività di quest’organo, non ragiona più e di conseguenza è incosciente? No, Cristo insegnò chiaramente che dopo la morte si vive in uno stato di coscienza in attesa della risurrezione del corpo: Gesú gli disse: "Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso" (Luca 23:43) - E nell'Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell'acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma (Luca 16:23,24). Comprendiamo che la nostra coscienza sopravvive alla morte, anche se il cervello andrà in decomposizione, poiché Dio rese l’anima immortale per mezzo dello spirito. Davide vivendo con questa certezza disse: Quanto a me, per la mia giustizia, contemplerò il tuo volto; mi sazierò, al mio risveglio, della tua presenza (Salmo 17:15).
Il cervello è l’organo fisico che fa da recettore tra mondo materiale e l’elemento spirituale da cui l’uomo è animato. Egli percepisce la realtà in cui vive attraverso gli organi sensitivi (vista, udito, gusto, olfatto, tatto) che trasmettono le informazioni alla parte spirituale (anima). L’antropologia afferma invece che la sede dei nostri pensieri è il cervello e non l’anima o lo spirito. I pensieri sono tuttavia una prova “tangibile” di una parte spirituale. Perché? Beh, provate a chiedere a qualche psichiatra o neurologo in che modo nasce un pensiero, e chiedetegli di crearne uno così come avviene nella mente umana. È un dato di fatto che il pensiero, qualcosa d’immateriale, nasce in un organo fisico, quindi, materiale. Noi siamo in grado di definire le varie parti del cervello attive in determinate circostanze, ma non possiamo osservare un pensiero, ossia, leggere la mente. Il pensiero è immateriale, anche se conosciamo la zona in cui esso si muove. Pure gli animali hanno una vita cosciente, e questo dimostra che abbiamo un’origine comune tracciata dall’evoluzionismo, potrebbe replicare qualcuno.
Approfondiamo un po’ quest’aspetto, ricorrendo a una recente ricerca di Lori Marino dell’università Emory di Atlanta (USA). Nei delfini (tursiops truncatus) è stata misurata la materia grigia, riscontrando che hanno una massa leggermente inferiore a quella dell’uomo, ma siccome il cervello di questi animali possiede una piegatura maggiore rispetto all’uomo, si è giunti alla conclusione che la minore massa potrebbe essere compensata da questa caratterista, perché una maggior piegatura del cervello crea una superficie più grande dell’organo. La piegatura concernerebbe sopratutta il neocortex (parte della corteccia celebrale) che è coinvolto nelle più alte funzioni del cervello come il pensiero cosciente. Nessuna specie al mondo presenta una piegatura del cervello come quella dei delfini, e anche il rapporto tra peso corporeo e quello celebrale è simile all’uomo. Addirittura il professor Thomas White sostiene che i delfini possiedono tutte le caratteristiche mentali per ricevere la definizione d’individui. Come tali, mostrerebbero delle sensazioni negative e positive come emozioni e autocoscienza, inoltre, sarebbero in grado di controllare il proprio comportamento, riconoscersi allo specchio, mostrare in modo perdurante sofferenza fisica e dell’animo, e risolvere compiti complessi. Tutte queste caratteristiche spingerebbero alcuni esperti d’etica a conferire ai delfini i medesimi diritti dell’uomo.
Eppure sessanta milioni d’anni d’evoluzione non hanno prodotto uno sviluppo culturale. I delfini continuano a fare tutto come migliaia d’anni fa. Non hanno ideato ristoranti gourmet in cui assaporano magari un cocktail di gamberi o del sushi, né hanno inventato delle armi per eliminare il principale predatore dopo l’uomo, cioè, l’orca, ma soprattutto i delfini non mostrano alcun sentimento riguardo al divino. Perché? È semplice, gli animali per quanto intelligenti possano essere, e i delfini lo dimostrano, ricercano semplicemente l’appagamento dei propri istinti, e, pertanto, non vedrete mai un delfino cacciare le prede con delle reti, poiché le sue capacità fisiche e mentali sono più che sufficienti per appagare l’istinto di nutrizione. In un delfino non riscontrerete la ricerca del divino, né di una morale pur avendo un percorso evolutivo di milioni d’anni, poiché gli animali non hanno uno spirito. In loro non si realizza la comunione con Dio, né la coscienza e, quindi, sensi di colpa. Ma quale coscienza? Quella che è frutto della comprensione della legge di Dio. Non esiste animale che possa comprendere e relazionarsi con Dio, perché la coscienza e la comunione con Dio si realizzano soltanto nello spirito. Per questo non potremo mai osservare un animale che manifesterà un sentimento nei confronti del divino. Tutte le attività spirituali o mentali si sviluppano e manifestano mediante i pensieri. Ebbene, esiste un pensiero che ognuno di noi ha almeno una volta dovuto affrontare: Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta (Ecclesiaste 3:11). Dobbiamo esser sinceri con noi stessi, ci siamo chiesti tutti almeno una volta che cosa accadrà dopo la morte. Pensate che un delfino s’interroghi cosa riservi la morte? Non credo, e non perché sono un credente, ma semplicemente per il fatto che nessun animale ha mai mostrato con il proprio “linguaggio” simili perplessità. Il pensiero dell’eternità, è qualcosa d’esclusivo riservato all’uomo perché dotato di uno spirito che dona l’immortalità all’anima.
Se possiamo osservare molte analogie biologiche e comportamentali tra uomo e animale, dobbiamo riconoscere una differenza abissale nella psiche. Quella umana non persegue soltanto i propri istinti, perché l’animo umano è animato dallo spirito. Infatti, le bestie non costruiscono degli strumenti per uccidere i propri simili, né osserviamo una determinata specie perpetrare delle truffe o organizzare degli inganni con metodi menzogneri, e nemmeno, se pur intelligenti come i delfini, abbiamo assistito a un progresso tecnologico. Questo poiché le bestie sono governate dall’istinto, mentre l’uomo avendo uno spirito può relazionarsi con Dio, elemento che gli permette di realizzare una coscienza frutto della comprensione di una legge che le bestie non sono in grado di capire. L’anima priva di uno spirito non sopravvive alla morte, e tale mancanza porrà fine all’esistenza di ogni animale.
Ma dove risiede l’anima? Le scritture attribuiscono sentimenti al cuore, viscere o reni. Questo significa che l’anima permea ogni parte del corpo? Essendo l’anima descritta come il principio vitale, se pur la fonte della vita risiede nello spirito, possiamo immaginare che ogni parte del corpo ne sia compenetrata, così come riportato in Geremia 4:19 o Habacuc 3:16, ma questo lascerebbe pensare che alla perdita di qualche parte del corpo andrebbe staccato anche un pezzo dell’anima. Non credo che sia così, ciò mostra soltanto gli effetti che l’anima ha sul corpo, a seguito degli impulsi sensoriali ricevuti dall’esterno. Tuttavia dobbiamo ammettere che ogni parte del nostro corpo privato del sangue andrà in necrosi e, quindi, morrà. È per questo motivo che si colloca l’anima nel sangue. Nelle bestie l’anima è la fonte della vita, comprendiamo che il versamento del sangue (fluido vitale) comporta l’estinzione della vita, cioè, la morte, e oltre al corpo si estinguerà anche l’anima dell’animale. Il versamento del sangue umano comporta pure la morte, ma non l’estinzione della vita cosciente (spirituale), di conseguenza è evidente che una trasfusione di sangue non trasferisce l’anima da un corpo all’altro. Desidero, dunque, invitare chiunque a manifestare un atto d’amore nei confronti del prossimo contribuendo alla donazione del sangue e degli organi. Coloro che rifiutano, per motivi religiosi, la donazione degli organi, riducono la parte spirituale dell’uomo a qualcosa di materiale, idea nettamente in contrasto con le Scritture, conformandosi inconsciamente con il pensiero ateista.
Tornando al quesito, è chiaro che dove risiede l’anima si trova pure lo spirito, giacché si permeano a vicenda. La Bibbia non risponde in merito a, dove dimora l’anima nel corpo. Se è difficile tracciare i confini tra anima e spirito figuriamoci identificare quelli tra corpo e gli elementi spirituali. Però, è interessante notare che nell’ormai più volte citato settimo verso del secondo capitolo del Genesi, abbiamo un particolare molto indicativo. Dio soffiò nelle narici l’alito vitale, ebbene seguendo il percorso neurologico (perché conduttore degli impulsi elettrici e, quindi, dell’energia) dell’olfatto vedremo che, dai bastoncelli olfattivi si arriva tramite i nervi ai bulbi olfattivi da cui si giunge direttamente all’ipotalamo e sistema limbico, sede del sistema nervoso autonomo. Nel medesimo istante i polmoni, essendo vuoti e collassati, ricevettero l’alito del Creatore che donò all’uomo il primo respiro. Sembra quasi che l’uomo accolse, dalle narici la parte spirituale che attivò le funzioni vitali, e dai polmoni l’aria necessaria per iniziare a respirare. Pertanto, se volessimo collocare lo spirito in qualche parte del corpo, penso che (è un parere personale) non ci sia posto migliore dell’ipotalamo e/o sistema limbico, dato che è la sede di tutti quei meccanismi vitali omeostatici.
Il cervello lungi dall’esser compreso totalmente ci riserva tante incognite, purtroppo il peccato ha introdotto la malattia è questa non ha certamente risparmiato l’organo più complesso del nostro corpo. Il deficit mentale non è altro che un’interruzione tra volere dell’anima e azione del corpo. In sostanza il corpo non riesce a esprimere ciò che l’anima vuole trasmettere, e così che assistiamo alle varie forme di malattie mentali. Quanta autocoscienza abbiano queste persone non possiamo definirlo se non nei limiti della neurologia e psichiatria.
Alla fine di questo post che cosa possiamo aggiungere al quesito di Giobbe (“che cos'è l'uomo ….”)? L’uomo è semplicemente "l'anthropos", nel vero senso del termine greco, ossia, “colui che guarda su”. L’uomo guarda su perché è una creatura dell’Altissimo. L’uomo è l’essere che guarda a Colui il quale gli ha donato uno spirito, rendendo, a differenza delle bestie, l’anima immortale. L’uomo è l’unico essere in cui risiede il pensiero dell’eternità. L'uomo è l'unico essere che si è sviluppato culturalmente, e in grado di progresso. L’uomo è l’unico essere che guarda su perché fu creato per dimorare con Colui che lo guarda da lassù. L’uomo fu creato per ammirare il cielo, perché la sua origine è un triplice atto creativo di Dio, ma allora perché molti guardano in basso per ricercare la propria origine? Cercherò di rispondere nel prossimo post.

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