Che cos'è l'uomo che tu ne faccia tanto caso, che tu t'interessi a lui, (Giobbe 7:17)
Perché molti guardano in basso per ricercare la propria origine? Perché si cerca la propria origine nei terreni tra i fossili, se sappiamo (credenti o no) che siamo polvere e in polvere torneremo? Dio non lasciò l’uomo inerte sul terreno. Egli rese l’uomo un’esser vivente affinché fosse in grado di guardare in alto (anthropos) a Colui che lo creò: "Dio non è forse lassú nei cieli? Guarda lassú le stelle eccelse, come stanno in alto! (Giobbe 22:12). Addirittura la sera passeggiava con Adamo ed Eva nel giardino d'Eden. Magari passeggiasse con me, non avrei alcuna difficoltà ad accettare un creatore, penserà qualcuno. Come mai, oggi, non abbiamo più questo privilegio? Dio disse che: ….. nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" (Genesi 2:17). La violazione dell’unico precetto di Dio introdusse la morte. Il peccato sconvolse l’intero essere umano creato perfetto dal Creatore. Il corpo iniziò a subire le malattie e il deterioramento, che irrimediabilmente produsse, e produce, la morte fisica. Nonostante ciò l’anima non perse l’immortalità poiché fortificata dallo spirito, eppure, il tutto non impedì l’avvento della morte, così come proferito dal Creatore: Dio il SIGNORE ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" (Genesi 2:16,17).
Sappiamo che la morte non colpì Adamo ed Eva nel giorno in cui mangiarono il frutto proibito (un particolare, la Bibbia non riporta che fosse una mela, vedi Genesi 3:6) e allora perché Dio disse che “nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai"? Che cosa avvenne in quel giorno dato che non morirono? Leggiamo cosa riporta il Genesi: Alla donna disse: "Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". Ad Adamo disse: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai" (Genesi 3:16-19). Possiamo capire che la condanno del Creatore colpì soprattutto la parte fisica dell’uomo, che fu così condannata al deperimento e di conseguenza alla morte. Nonostante questa evidenza, le parole, che riguardano il precetto di Dio, non trovano ancora un riscontro, perché se il termine “morirai”, fu pronunciato con riferimento al corpo, dobbiamo costatare che il Creatore si contraddisse giacché non morirono in quel giorno. Tale particolare sembra quasi avvalorare le parole di Satana ("No, non morirete affatto;….”). Per svelare quest’apparente contraddizione dobbiamo continuare a leggere il terzo capitolo del Genesi: Poi Dio il SIGNORE disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre". Perciò Dio il SIGNORE mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. Cosí egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d'Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita (Genesi 3:22-24).
Oltre alla condanna di cui ai versi sedici, diciassette, diciotto e diciannove del citato capitolo, possiamo notare che l’uomo fu scacciato dal giardino d’Eden, luogo in cui egli viveva alla presenza di Dio. Ci fu una separazione tra l’uomo e Dio, e l’aspetto doloroso della morte è proprio la separazione che avviene tra il defunto e i viventi. La morte pone fine a quella comunione goduta con ogni persona a noi cara. Sembra che questa condizione rispecchi ciò che avvenne nel giorno della caduta di Adamo ed Eva. Infatti, essi non ebbero più occasione di passeggiare con Dio nel giardino d’Eden, cioè, luogo in cui godevano la presenza del proprio Creatore, pertanto, possiamo affermare che da questo punto di vista morirono. Il peccato ebbe delle conseguenze fisiche e soprattutto spirituali. Spirituali perché? Beh, l’uomo adoperò il corpo per soddisfare un istinto dell’anima. A questo punto qualcuno potrebbe replicare affermando che è stato il Creatore a dotare l’uomo di un’anima in cui hanno sede gli istinti, e quindi, se l’uomo peccò, fu colpa anche un po’ di Dio. Nulla di più errato, poiché dobbiamo considerare che il Creatore dotò l'uomo (a differenza delle bestie) di uno spirito che governava l’anima in cui gli istinti erano sempre sottomessi al volere dello spirito. La caduta dell’uomo fu soltanto determinata da una scelta, purtroppo, sbagliata. Questa scelta non fu condizionata dalle proprie caratteristiche fisiche e spirituali, perché egli era perfetto, perciò, non era un essere tendente al peccato. Per noi è difficile comprendere la natura perfetta di Adamo ed Eva, poiché abbiamo ereditato quella corrotta.
In effetti, che cosa avvenne nell’uomo in quel giorno? L’anima che pecca è quella che morirà, …. (Ezechiele 18:20), scrisse il profeta Ezechiele. Ma in che modo pecca l’anima? L’anima usa il corpo per agire in modo peccaminoso. Adamo ed Eva usarono il corpo per desiderare, prendere e mangiare il frutto proibito, ma fu l’anima ad animare il corpo che agì in quel modo, quindi, fu l’anima a peccare e il corpo, lo strumento per agire nella realtà (creato) di cui l’uomo faceva, e fa, parte. Lo spirito fu così sottomesso alla volontà dell’anima. Pertanto lo spirito, parte spirituale in cui si realizza la comunione con Dio, l’intelligenza e la coscienza, sono stati sottomessi all’Io dell’anima con i suoi istinti. Non è il corpo (o carne) che pecca ma l’anima. Cristo evidenziò quest’aspetto quando disse: "Voi avete udito che fu detto: Non commettere adulterio. Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (Matteo 5:28). Il cuore, raffigurato come la sede dei sentimenti nell’anima, è la parte in cui il peccato si realizza prima d’aver agito con il corpo, e pertanto, non farete di un ladro un uomo onesto se lo priverete della mano. Sono gli impulsi peccaminosi, cioè i pensieri frutto dell’animo, che fanno agire il corpo affinché raggiunga lo scopo dei desideri dell’anima. Eppure Cristo aggiunse alle suddette parole: Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo. E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo (Matteo 5:29,30). Perché? Beh, se non riusciamo a frenare gli impulsi peccaminosi, sarebbe meglio privarsi dello strumento che ci fa cadere nel peccato. Però, ciò non è certamente un incitamento all’automutilazione, ma è semplicemente un’illustrazione profonda a separarci da tutto quello che ci fa cadere nel peccato. Infatti, l’occhio, nel citato verso, rappresenta (com’era uso tra gli ebrei) semplicemente la concupiscenza che nasce e si rafforza attraverso l’occhio, di conseguenza è la concupiscenza che deve essere estirpata dall’animo umano, e non l’occhio. Questo pensiero Cristo lo espose esplicitamente nel quindicesimo capitolo del Vangelo secondo Matteo: Ma ciò che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è quello che contamina l'uomo. Poiché dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni (Matteo 15:18,19). L’impotenza dello spirito, a seguito di quella lotta tra ciò che l’Io richiede e il volere dello spirito (non si tratta di una lotta tra il bene e il male, cioè, l’anima non rappresenta il male e lo spirito, il bene), è considerata come uno stato di morte. L’anima macchiata e indebolita dal peccato si piega e curva, coinvolgendo e deprimendo lo spirito, producendo appunto uno stato di morte spirituale, ossia, a seguito di questa separazione lo spirito non riesce più a instaurare quella comunione con Dio, di cui godevano i nostri progenitori.
Il concetto di morte spirituale è comprensibile per esempio da questi passi: siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti (Colossesi 2:12) - ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesú, (Efesini 2:6) - Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassú dove Cristo è seduto alla destra di Dio (Colossesi 3:1).
Se, dunque, i credenti sono stati risuscitati, significa che quest’evento è o fu preceduto da uno stato di morte, pensiero confermato dai versi precedenti o seguenti dei citati capitoli: Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, (Efesini 2:1) - Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; (Colossesi 2:13). Ecco finalmente la risposta allo stato di morte in cui caddero Adamo ed Eva. Essi godevano di una condizione d’equilibrio tra anima e spirito, in cui lo spirito governava l’anima che si esprimeva attraverso il corpo. Questa perfezione venne meno nel momento in cui scelsero di disubbidire all’unico precetto di Dio. Dobbiamo precisare che gli istinti (di conservazione, di possesso, della nutrizione, della riproduzione, di conquista) non gli furono donati come degli impulsi cui non potevano resistere, ma la disubbidienza e, quindi, il peccato indebolirono quel dominio dello spirito sull’anima.
Se la parte spirituale dell’uomo versa in uno stato di morte, dobbiamo costatare che essa rimarrà inavvertibile finché il Creatore non aliterà nuovamente la vita in quell’uomo. Ma se l’uomo è fisicamente vivo, significa che in lui c’è un’anima fortificata dallo spirito, pertanto di morto non c’è nulla, potrebbe pensare qualcuno. D’accordo, ma se la parte spirituale non è più in grado di governare gli impulsi dell’anima e, quindi, le azioni del corpo, dobbiamo ammetter che quella parte è morta. Ciò non significa che queste persone non siano in grado di fare del bene, no, semplicemente non riescono a riconoscere il proprio stato. Il tutto si limita a un’esistenza in cui Dio (se si tratta di una persona religiosa) è considerato un essere lontano e disinteressato. L’incapacità d’instaurare un rapporto reale con Dio è causata, pertanto, dall’assenza di vita nella parte spirituale dell’uomo. L’anima indebolita dal peccato entra in un circolo vizioso che deprime lo spirito lasciandolo inattivo. Così l’elemento che Dio aveva donato per restare in comunione con Lui è stato sottomesso dall’anima peccatrice, e che di conseguenza ha separato l’uomo dal Creatore, non permettendogli di guardare all’insù, ma verso il basso perché piegato dal peccato. In questo stato l’uomo è molto più simile alle bestie perché governato dagli istinti come gli animali, anche se l’uomo avendo una "vitalità" superiore a quelle delle bestie, poiché dotato di uno spirito, riesce a compiere delle azioni molto più orrende rispetto a quelle di un animale. Infatti, le bestie uccidono altri esseri viventi per soddisfare l’istinto di nutrimento o di riproduzione, mentre l’uomo uccide per rabbia o altri motivi non attribuibili all’istinto. Forse per questo Giovanni Diodati tradusse nel seguente verso il termine “uomo naturale” con “uomo animale”, affinché il lettore riconosca lo stato in cui cade l’uomo privato della comunione con Dio: Or l'uomo animale non comprende le cose dello Spirito di Dio, perciocchè gli sono pazzia, e non [le] può conoscere; perchè si giudicano spiritualmente (I Corinzi 2:14). Inoltre questo verso ci illustra benissimo che le persone naturali (spiritualmente morti) non riescono a comprendere le realtà che riguardano le cose spirituali.
Comprendiamo di conseguenza che l’uomo cerca le proprie origini nel basso della terra perché l’elemento spirituale è incapace, e, quindi, inoperoso per realizzare la comunione con Colui che abita i luoghi celesti. Sembra quasi che il corpo pur essendo animato rimanga inerte sul suolo della terra. L’incapacità di rimanere nella posizione eretta, guardando all’insù, costringe l’uomo inconsapevolmente a ricercare le proprie origini nella polvere della terra da cui fu tratto. E in questo può anche scoprire tutta la sua natura terrena, acquisendo addirittura delle conoscenze fino a pochi anni fa impensabili, che comunque non chiariscono l’unicità delle caratteristiche del genere umano. Finché l’uomo continuerà a cercare le proprie origini nel basso della terra, non riuscirà a trovare un riscontro esaustivo. Si ottiene una risposta soltanto guardando in alto, e la scienza omette, nella sua ricerca, questa capacità fisica e sopratutto intellettuale dell’uomo, riscontrabile oltretutto unicamente nel genere umano. Auspico sia chiaro che l’uomo guarda in basso perché la sua trina natura fu deturpata dal peccato. Questo è appunto il motivo per cui molti non percepiscono la propria realtà spirituale. Più ci allontaniamo da Dio, più l’immagine di Dio in noi andrà scemando, poiché unici esseri che possediamo una personalità con una morale, una ragione e che riescono a dominare sulle altre creature, da cui differiamo soprattutto perché permeati da un’anima resa immortale da uno spirito, unico elemento in grado di relazionarsi con Dio.
Alla fine di questo quarto post possiamo aggiungere alle risposte precedenti, riguardo al quesito contenuto nel verso in epigrafe, che l’uomo è un esser trino creato per guardare in alto, il quale differisce da tutte le altre creature soprattutto per la sua spiritualità, essenza che purtroppo è stata deturpata dal peccato. Ma il Creatore non ha voluto lasciarci nel descritto stato, e ha iniziato una nuova opera creativa. Continueremo tra qualche giorno.
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