Le
cronache degli ultimi mesi ci mostrano la dura realtà che stiamo vivendo
nell’attuale crisi sociale ed economica. Avevo parlato della crisi in diversi
post quando ancora non era ben percepita dalla popolazione italiana. Purtroppo,
è ormai di pubblico dominio l’aumento dei casi di suicidio dovuti alla
disperazione di molte persone oppresse dalle difficoltà di una crisi che non
sembra aver fine. Probabilmente la maggioranza di chi ha posto fine alla propria
vita pensa di poter trovare in tale atto un sollievo al disagio in cui vive. Ciò corrisponde alla realtà? Premetto che questo post non è un processo a
tutti coloro che sono caduti in tale disgrazia, ma desidero accennare alcuni
fatti descritti nella Bibbia per far luce su alcuni aspetti magari incompresi.
Innanzitutto dobbiamo fare una distinzione tra tre categorie di soggetti,
ossia: i credenti, i non credenti e le persone affette da psicopatologie. Iniziamo dai credenti, nella Bibbia non troviamo
un solo caso in cui si narri di qualche credente che abbia commesso il
suicidio. Perché?
Beh, un vero credente (nato di nuovo) è consapevole che il potere sulla vita lo detiene il Creatore (I Samuele 2:6: Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire.), pertanto, chi si appropria di questo potere commette omicidio, anche se nella Bibbia non troviamo verso in cui il suicidio è esplicitamente indicato come un peccato. Ma a un credente può capitare di desiderare la morte? Certo che ci sono casi in cui dei credenti caduti in depressione abbiano desiderato la morte, può capitare anche ai più forti e mi guarderei dal pensare che non possa accadere anche a me: Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere. (I Corinzi 10:12). Nella Bibbia parecchi uomini si sono sentiti allo stesso modo: “Io non posso, da solo, portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. Se mi vuoi trattare così, uccidimi, ti prego; uccidimi, se ho trovato grazia agli occhi tuoi; che io non veda la mia sventura!” (Numeri 11:14,15) - “Ma egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: Basta! Prendi la mia vita, o Signore, poiché io non valgo più dei miei padri!” (1 Re 19:4) - Perciò, SIGNORE, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere" (Giona 4:3). Tuttavia, in tutti questi casi possiamo notare che nessuno di essi osò alzare la mano contro se stesso, ognuno lasciò la propria sorte nelle mani di Dio. Infatti, nel “Padre nostro” Gesù ci insegnò che sia fatta la tua (quella del Padre) volontà … (Matteo 6:10). Nel suicidio il soggetto oltre che a commettere omicidio impone la propria volontà su quella di Dio. Capirete che il suicidio va oltre al peccato di omicidio, e quindi il credente dovrebbe fugare tali pensieri con la preghiera. Ciò non toglie il fatto che un credente depresso è soggetto agli attacchi del nemico, il quale potrebbe tentarlo suggerendogli di gettarsi nel vuoto, poiché essendo salvato, si ritroverebbe alla presenza di Dio. Satana potrebbe perfino citare la parola di Dio per ricordarci che siamo salvati, infatti, usò tale metodo anche quando tentò Gesù: Allora lo portò a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gettati giú di qui; perché sta scritto: Egli ordinerà ai suoi angeli che ti proteggano; ed essi ti porteranno sulle mani, perché tu non inciampi con il piede in una pietra" (Luca 4:9-11). I credenti non devono cadere in questo inganno, sfidando la bontà di Dio, perché chi garantisce che avranno a disposizione degli istanti in cui potranno riconoscere d’avere sbagliato chiedendo perdono a Dio? Pur essendo cristiani, possiamo essere colpiti dallo scoraggiamento e sentirci angosciati. Impariamo a gridare al Signore nelle nostre angosce e ad aspettare la liberazione: … invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai" (Salmi 50:15) - E tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti; sappilo aspettare! (Giobbe 35:14).
Beh, un vero credente (nato di nuovo) è consapevole che il potere sulla vita lo detiene il Creatore (I Samuele 2:6: Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire.), pertanto, chi si appropria di questo potere commette omicidio, anche se nella Bibbia non troviamo verso in cui il suicidio è esplicitamente indicato come un peccato. Ma a un credente può capitare di desiderare la morte? Certo che ci sono casi in cui dei credenti caduti in depressione abbiano desiderato la morte, può capitare anche ai più forti e mi guarderei dal pensare che non possa accadere anche a me: Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere. (I Corinzi 10:12). Nella Bibbia parecchi uomini si sono sentiti allo stesso modo: “Io non posso, da solo, portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. Se mi vuoi trattare così, uccidimi, ti prego; uccidimi, se ho trovato grazia agli occhi tuoi; che io non veda la mia sventura!” (Numeri 11:14,15) - “Ma egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: Basta! Prendi la mia vita, o Signore, poiché io non valgo più dei miei padri!” (1 Re 19:4) - Perciò, SIGNORE, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere" (Giona 4:3). Tuttavia, in tutti questi casi possiamo notare che nessuno di essi osò alzare la mano contro se stesso, ognuno lasciò la propria sorte nelle mani di Dio. Infatti, nel “Padre nostro” Gesù ci insegnò che sia fatta la tua (quella del Padre) volontà … (Matteo 6:10). Nel suicidio il soggetto oltre che a commettere omicidio impone la propria volontà su quella di Dio. Capirete che il suicidio va oltre al peccato di omicidio, e quindi il credente dovrebbe fugare tali pensieri con la preghiera. Ciò non toglie il fatto che un credente depresso è soggetto agli attacchi del nemico, il quale potrebbe tentarlo suggerendogli di gettarsi nel vuoto, poiché essendo salvato, si ritroverebbe alla presenza di Dio. Satana potrebbe perfino citare la parola di Dio per ricordarci che siamo salvati, infatti, usò tale metodo anche quando tentò Gesù: Allora lo portò a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gettati giú di qui; perché sta scritto: Egli ordinerà ai suoi angeli che ti proteggano; ed essi ti porteranno sulle mani, perché tu non inciampi con il piede in una pietra" (Luca 4:9-11). I credenti non devono cadere in questo inganno, sfidando la bontà di Dio, perché chi garantisce che avranno a disposizione degli istanti in cui potranno riconoscere d’avere sbagliato chiedendo perdono a Dio? Pur essendo cristiani, possiamo essere colpiti dallo scoraggiamento e sentirci angosciati. Impariamo a gridare al Signore nelle nostre angosce e ad aspettare la liberazione: … invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai" (Salmi 50:15) - E tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti; sappilo aspettare! (Giobbe 35:14).
Passiamo alla seconda categoria di soggetti
citati in premessa cioè, i non credenti. Spero d'avervi fatto capire che il
suicidio non rientra nella volontà di Dio dato che è un peccato. Un non
credente può anche essere convinto che dopo la morte non esiste più niente. Il suicidio
non rappresenta una via d'uscita, perché esiste un seguito. Dopo il suicidio
inizia l’eternità in cui la propria condizione non potrà essere cambiata.
L'individuo è un'anima vivente, anche se muore fisicamente, la sua personalità
continua a vivere e dovrà comparire davanti a Dio per il giudizio: Come è stabilito che gli uomini muoiano una
volta sola, dopo di che viene il giudizio, (Ebrei 9:27). Pertanto, il suicidio
è solo una fuga da questo mondo. Nell'aldilà l'individuo scoprirà che la sua
esistenza continua. Purtroppo sono molte le cause che spingono un non credente
dalla disperazione al suicidio, e la Scrittura ci rivela che “un abisso chiama un altro abisso” (Salmi
42:7).
Il nemico può usare diversi strumenti per spingere qualcuno al suicidio,
e in ciò non fa distinzione tra credenti e non credenti. La differenza tra le
due categorie di soggetti consiste nel fatto che nel credente vi è il seme
della Parola e quindi da Essa potrà nascere quel conforto o quella conoscenza
che lo farà fuggire dall’intento di suicidarsi. Ricordiamoci che la Parola è la
spada con cui un credente può colpire il nemico mettendolo in fuga: Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete
al diavolo, ed egli fuggirà da voi (Giacomo 4:7). Un inconvertito, invece,
è esposto al nemico senza alcuna arma e, quindi, ciò lo rende molto più
vulnerabile. Ma quali sono questi strumenti? Il primo è dato dall'oppressione,
che consiste in un particolare stato mentale accompagnato da una chiara
sensazione di turbamento. Anche Gesù la dovette sperimentare: … "L'anima mia è oppressa da tristezza
mortale" ... (Matteo 26:38). Il secondo strumento consiste nell'ossessione
che si manifesta sempre a livello mentale, ma che corrisponde a uno stadio
ancora più grave nel quale si palesa uno smarrimento che influisce sul
comportamento dell'individuo decadendo verso uno stato “larvale” di risorse
mentali. In psicologia questo stato è identificato come nevrosi ossessiva. Naturalmente
la scienza non riconoscendo una realtà spirituale nell’uomo non potrà mai
attribuire la causa al lavoro del demonio. L’ultimo strumento è il più
micidiale ed è dato dalla possessione, stadio in cui una persona (condizione
che non può colpire un vero credente) del tutto lontana da Dio si è fatta
sottomettere spiritualmente e corporalmente da uno spirito maligno: Gesú domandò al padre: "Da quanto tempo
gli avviene questo?" Egli disse: "Dalla sua infanzia; e spesse volte
lo ha gettato anche nel fuoco e nell'acqua per farlo perire; ma tu, se puoi
fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci" (Marco 9:21,22). In una
persona posseduta diventa addirittura difficile controllore il proprio corpo
ormai sottomesso alla volontà dello spirito (o spiriti) che lo possiede. Naturalmente
il suicidio è soltanto un aspetto della possessione, la quale comporta tanti
altri disturbi, pertanto, nessuno pensi di essere posseduto se dovesse
penetrare un pensiero suicida.
La Bibbia cita cinque persone che hanno commesso
suicidio: Abimelec (Giudici 9:54), Saul (1 Samuele 31:4), lo scudiero di Saul
(1 Samuele 31:4-6), Aitofel (2 Samuele 17:23), Zimri (1 Re 16:18) e Giuda
(Matteo 27:5). Saul aveva conosciuto addirittura la bontà di Dio e Giuda aveva
vissuto perfino per diverso tempo con il Creatore dell’universo. Questi due
personaggi ci mostrano chiaramente come una persona possa cadere nel peccato
pur avendo simpatizzato e conosciuto la bontà di Dio, presentandoci come un “un abisso chiama un altro abisso”. Con
il suicidio un non credente non fa altro che negarsi qualsiasi opportunità di
grazia, dato che “è stabilito che gli
uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio”. Non avrà
altra possibilità di salvezza ritrovandosi catapultato nell’eternità lontano da
Dio, altro che sollievo. Per una persona priva di grazia è veramente “terribile cadere nelle mani del Dio vivente”
(Ebrei 10:31). Nel valutare un suicidio non dobbiamo però elevarci a un rango
che non ci appartiene, cioè a giudice.
Per comprendere l'appena citata affermazione,
dobbiamo esaminare l’ultima categoria di soggetti citati in premessa e che
riguarda le persone affette da psicopatologie. Una persona affetta da una malattia
psichiatrica avrà certamente perduto quel senso di giudizio che in
giurisprudenza s’identifica con la capacità d’intendere e volere. Non citerò
tutte le patologie psichiatriche o neurologiche in cui si può perdere la
suddetta capacità dato che la mente umana è veramente qualcosa di complesso e
difficilmente perscrutabile. Esporrò due esempi dai quali potrete capire cosa
intendo. Nella prima ipotesi supponiamo che un tossicodipendente commetta un
atto d’autolesionismo per causarsi la morte. Quel gesto pur essendo stato
compiuto in una condizione in cui ha perso la capacità d’intendere e volere,
perché sotto effetto della droga, non potrà essere giustificato dinanzi a Dio,
poiché un tossicodipendente avrà speso la sua vita nel peccato. Il suicidio non
sarà altro che l’effetto di una vita peccaminosa, come lo fu nei sopracitati personaggi
biblici. A questo punto è doveroso precisare che un tossicodipendente che ha
conosciuto la grazia di Dio e si trova in un percorso di disintossicazione, il
quale però in un momento di debolezza cede, a causa degli effetti d’astinenza,
e magari commette un gesto che indurrà la morte, in tal caso mi piace pensare
che “egli stesso sarà salvo; però come
attraverso il fuoco” (I Corinzi 3:15). La seconda ipotesi riguarda una
persona affetta da demenza senile. È chiaro che un tale soggetto avrà perso
quella capacità di distinguere quel che è bene da ciò che è male. Pertanto un
credente che purtroppo compie un gesto d’autolesionismo che lo condurrà alla
morte non potrà essere ritenuto colpevole dinanzi a Dio, così come un bambino
non può essere colpevolizzato se non riesce a distinguere ciò che è bene da
quel che è male. Un non credente affetto dalla suddetta patologia non sarà
colpevolizzato per l’insano gesto, ma dovrà comunque rispondere della sua vita
che ha vissuto quando possedeva tutte le sue facoltà mentali. Pertanto, non
avendo cercato e conosciuto il proprio Salvatore non potrà accedere in quel
posto di gioia accanto al proprio Creatore che magari ridicolizzava quando era
in salute. Questi due esempi, appena illustrati, possono avere svariate
varianti che condizionerebbero il giudizio di Dio, quindi, non cercate di
trovare una risposta inerente a un vostro caro vittima di un suicidio, poiché
l’unico che “conosce i segreti del cuore”
è Dio (Salmo 44:21) e “le cose occulte appartengono all'Eterno, al
nostro Dio,” (Deuteronomio 29:29). Invece, se tra i lettori c’è qualcuno che sta
meditando riguardo al proprio suicidio l’invito è a non disperare, si rivolga a Gesù.
Non esiste problema che Egli non possa risolvere: Poiché io so i pensieri che medito per voi, dice l'Eterno: pensieri di
pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza (Geremia 29:11). Egli
desidera donarti la vita eterna e non la morte eterna cui andrai incontro
commettendo un gesto suicida. Il Signore ti rivolge oggi quest’invito: … invocami nel giorno della sventura; io ti
salverò, e tu mi glorificherai" (Salmo 50:15). Non lasciarti
travolgere dallo sconforto “Difatti la
Scrittura dice: "Chiunque crede in lui, non sarà deluso".” (Romani
10:11). Forse il lettore sarà un credente in cui il nemico ha fatto un lavoro
così profondo da convincerlo magari che un suo peccato non possa essere
perdonato, t’invito, però, a confidare in questa parola: "Poi venite, e discutiamo", dice il SIGNORE: "Anche se i
vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche
se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana (Isaia 1:18) - Poiché tu, o Signore, sei buono, pronto a
perdonare, e misericordioso verso quanti t'invocano (Salmo 86:5). Non
lasciatevi travolgere dal nemico perché “…
Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché
non c'è verità in lui …” (Giovanni 8:44). Lo scopo di satana è quello di uccidere affinché
alla vittima sia preclusa ogni occasione di salvezza.
Un suicidio è qualcosa di
disastroso sia per chi lo subisce sia per i parenti e amici che il suicida
lascia dietro a se. Invito pertanto amici e parenti che sono a conoscenza di
qualcuno che ha mostrato delle volontà a tal proposito a non trascurare la
persona, iniziando a pregare per lui e rivolgendosi immediatamente, anche
contro la volontà del soggetto, a un medico specialista per escludere patologie
psichiatriche o neurologiche. Accostiamoci
dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e
trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno (Ebrei 4:16). Amen!
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