lunedì 1 aprile 2013

Suicidio? Scelta sbagliata, dalle conseguenze eterne.


Le cronache degli ultimi mesi ci mostrano la dura realtà che stiamo vivendo nell’attuale crisi sociale ed economica. Avevo parlato della crisi in diversi post quando ancora non era ben percepita dalla popolazione italiana. Purtroppo, è ormai di pubblico dominio l’aumento dei casi di suicidio dovuti alla disperazione di molte persone oppresse dalle difficoltà di una crisi che non sembra aver fine. Probabilmente la maggioranza di chi ha posto fine alla propria vita pensa di poter trovare in tale atto un sollievo al disagio in cui vive. Ciò corrisponde alla realtà? Premetto che questo post non è un processo a tutti coloro che sono caduti in tale disgrazia, ma desidero accennare alcuni fatti descritti nella Bibbia per far luce su alcuni aspetti magari incompresi. Innanzitutto dobbiamo fare una distinzione tra tre categorie di soggetti, ossia: i credenti, i non credenti e le persone affette da psicopatologie. Iniziamo dai credenti, nella Bibbia non troviamo un solo caso in cui si narri di qualche credente che abbia commesso il suicidio. Perché?
Beh, un vero credente (nato di nuovo) è consapevole che il potere sulla vita lo detiene il Creatore (I Samuele 2:6: Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire.), pertanto, chi si appropria di questo potere commette omicidio, anche se nella Bibbia non troviamo verso in cui il suicidio è esplicitamente indicato come un peccato. Ma a un credente può capitare di desiderare la morte? Certo che ci sono casi in cui dei credenti caduti in depressione abbiano desiderato la morte, può capitare anche ai più forti e mi guarderei dal pensare che non possa accadere anche a me: Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere. (I Corinzi 10:12). Nella Bibbia parecchi uomini si sono sentiti allo stesso modo: “Io non posso, da solo, portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. Se mi vuoi trattare così, uccidimi, ti prego; uccidimi, se ho trovato grazia agli occhi tuoi; che io non veda la mia sventura!” (Numeri 11:14,15) - “Ma egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: Basta! Prendi la mia vita, o Signore, poiché io non valgo più dei miei padri!” (1 Re 19:4) - Perciò, SIGNORE, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere" (Giona 4:3). Tuttavia, in tutti questi casi possiamo notare che nessuno di essi osò alzare la mano contro se stesso, ognuno lasciò la propria sorte nelle mani di Dio. Infatti, nel “Padre nostro” Gesù ci insegnò che sia fatta la tua (quella del Padre) volontà … (Matteo 6:10). Nel suicidio il soggetto oltre che a commettere omicidio impone la propria volontà su quella di Dio. Capirete che il suicidio va oltre al peccato di omicidio, e quindi il credente dovrebbe fugare tali pensieri con la preghiera. Ciò non toglie il fatto che un credente depresso è soggetto agli attacchi del nemico, il quale potrebbe tentarlo suggerendogli di gettarsi nel vuoto, poiché essendo salvato, si ritroverebbe alla presenza di Dio. Satana potrebbe perfino citare la parola di Dio per ricordarci che siamo salvati, infatti, usò tale metodo anche quando tentò Gesù: Allora lo portò a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gettati giú di qui; perché sta scritto: Egli ordinerà ai suoi angeli che ti proteggano; ed essi ti porteranno sulle mani, perché tu non inciampi con il piede in una pietra" (Luca 4:9-11). I credenti non devono cadere in questo inganno, sfidando la bontà di Dio, perché chi garantisce che avranno a disposizione degli istanti in cui potranno riconoscere d’avere sbagliato chiedendo perdono a Dio? Pur essendo cristiani, possiamo essere colpiti dallo scoraggiamento e sentirci angosciati. Impariamo a gridare al Signore nelle nostre angosce e ad aspettare la liberazione: … invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai" (Salmi 50:15) - E tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti; sappilo aspettare! (Giobbe 35:14). 
Passiamo alla seconda categoria di soggetti citati in premessa cioè, i non credenti. Spero d'avervi fatto capire che il suicidio non rientra nella volontà di Dio dato che è un peccato. Un non credente può anche essere convinto che dopo la morte non esiste più niente. Il suicidio non rappresenta una via d'uscita, perché esiste un seguito. Dopo il suicidio inizia l’eternità in cui la propria condizione non potrà essere cambiata. L'individuo è un'anima vivente, anche se muore fisicamente, la sua personalità continua a vivere e dovrà comparire davanti a Dio per il giudizio: Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio, (Ebrei 9:27). Pertanto, il suicidio è solo una fuga da questo mondo. Nell'aldilà l'individuo scoprirà che la sua esistenza continua. Purtroppo sono molte le cause che spingono un non credente dalla disperazione al suicidio, e la Scrittura ci rivela che “un abisso chiama un altro abisso” (Salmi 42:7). 
Il nemico può usare diversi strumenti per spingere qualcuno al suicidio, e in ciò non fa distinzione tra credenti e non credenti. La differenza tra le due categorie di soggetti consiste nel fatto che nel credente vi è il seme della Parola e quindi da Essa potrà nascere quel conforto o quella conoscenza che lo farà fuggire dall’intento di suicidarsi. Ricordiamoci che la Parola è la spada con cui un credente può colpire il nemico mettendolo in fuga: Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi (Giacomo 4:7). Un inconvertito, invece, è esposto al nemico senza alcuna arma e, quindi, ciò lo rende molto più vulnerabile. Ma quali sono questi strumenti? Il primo è dato dall'oppressione, che consiste in un particolare stato mentale accompagnato da una chiara sensazione di turbamento. Anche Gesù la dovette sperimentare: … "L'anima mia è oppressa da tristezza mortale" ... (Matteo 26:38). Il secondo strumento consiste nell'ossessione che si manifesta sempre a livello mentale, ma che corrisponde a uno stadio ancora più grave nel quale si palesa uno smarrimento che influisce sul comportamento dell'individuo decadendo verso uno stato “larvale” di risorse mentali. In psicologia questo stato è identificato come nevrosi ossessiva. Naturalmente la scienza non riconoscendo una realtà spirituale nell’uomo non potrà mai attribuire la causa al lavoro del demonio. L’ultimo strumento è il più micidiale ed è dato dalla possessione, stadio in cui una persona (condizione che non può colpire un vero credente) del tutto lontana da Dio si è fatta sottomettere spiritualmente e corporalmente da uno spirito maligno: Gesú domandò al padre: "Da quanto tempo gli avviene questo?" Egli disse: "Dalla sua infanzia; e spesse volte lo ha gettato anche nel fuoco e nell'acqua per farlo perire; ma tu, se puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci" (Marco 9:21,22). In una persona posseduta diventa addirittura difficile controllore il proprio corpo ormai sottomesso alla volontà dello spirito (o spiriti) che lo possiede. Naturalmente il suicidio è soltanto un aspetto della possessione, la quale comporta tanti altri disturbi, pertanto, nessuno pensi di essere posseduto se dovesse penetrare un pensiero suicida. 
La Bibbia cita cinque persone che hanno commesso suicidio: Abimelec (Giudici 9:54), Saul (1 Samuele 31:4), lo scudiero di Saul (1 Samuele 31:4-6), Aitofel (2 Samuele 17:23), Zimri (1 Re 16:18) e Giuda (Matteo 27:5). Saul aveva conosciuto addirittura la bontà di Dio e Giuda aveva vissuto perfino per diverso tempo con il Creatore dell’universo. Questi due personaggi ci mostrano chiaramente come una persona possa cadere nel peccato pur avendo simpatizzato e conosciuto la bontà di Dio, presentandoci come un “un abisso chiama un altro abisso”. Con il suicidio un non credente non fa altro che negarsi qualsiasi opportunità di grazia, dato che “è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio”. Non avrà altra possibilità di salvezza ritrovandosi catapultato nell’eternità lontano da Dio, altro che sollievo. Per una persona priva di grazia è veramente “terribile cadere nelle mani del Dio vivente” (Ebrei 10:31). Nel valutare un suicidio non dobbiamo però elevarci a un rango che non ci appartiene, cioè a giudice. 
Per comprendere l'appena citata affermazione, dobbiamo esaminare l’ultima categoria di soggetti citati in premessa e che riguarda le persone affette da psicopatologie. Una persona affetta da una malattia psichiatrica avrà certamente perduto quel senso di giudizio che in giurisprudenza s’identifica con la capacità d’intendere e volere. Non citerò tutte le patologie psichiatriche o neurologiche in cui si può perdere la suddetta capacità dato che la mente umana è veramente qualcosa di complesso e difficilmente perscrutabile. Esporrò due esempi dai quali potrete capire cosa intendo. Nella prima ipotesi supponiamo che un tossicodipendente commetta un atto d’autolesionismo per causarsi la morte. Quel gesto pur essendo stato compiuto in una condizione in cui ha perso la capacità d’intendere e volere, perché sotto effetto della droga, non potrà essere giustificato dinanzi a Dio, poiché un tossicodipendente avrà speso la sua vita nel peccato. Il suicidio non sarà altro che l’effetto di una vita peccaminosa, come lo fu nei sopracitati personaggi biblici. A questo punto è doveroso precisare che un tossicodipendente che ha conosciuto la grazia di Dio e si trova in un percorso di disintossicazione, il quale però in un momento di debolezza cede, a causa degli effetti d’astinenza, e magari commette un gesto che indurrà la morte, in tal caso mi piace pensare che “egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco” (I Corinzi 3:15). La seconda ipotesi riguarda una persona affetta da demenza senile. È chiaro che un tale soggetto avrà perso quella capacità di distinguere quel che è bene da ciò che è male. Pertanto un credente che purtroppo compie un gesto d’autolesionismo che lo condurrà alla morte non potrà essere ritenuto colpevole dinanzi a Dio, così come un bambino non può essere colpevolizzato se non riesce a distinguere ciò che è bene da quel che è male. Un non credente affetto dalla suddetta patologia non sarà colpevolizzato per l’insano gesto, ma dovrà comunque rispondere della sua vita che ha vissuto quando possedeva tutte le sue facoltà mentali. Pertanto, non avendo cercato e conosciuto il proprio Salvatore non potrà accedere in quel posto di gioia accanto al proprio Creatore che magari ridicolizzava quando era in salute. Questi due esempi, appena illustrati, possono avere svariate varianti che condizionerebbero il giudizio di Dio, quindi, non cercate di trovare una risposta inerente a un vostro caro vittima di un suicidio, poiché l’unico che “conosce i segreti del cuore” è Dio (Salmo 44:21) e “le cose occulte appartengono all'Eterno, al nostro Dio,” (Deuteronomio 29:29). Invece, se tra i lettori c’è qualcuno che sta meditando riguardo al proprio suicidio l’invito è a non disperare, si rivolga a Gesù. Non esiste problema che Egli non possa risolvere: Poiché io so i pensieri che medito per voi, dice l'Eterno: pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza (Geremia 29:11). Egli desidera donarti la vita eterna e non la morte eterna cui andrai incontro commettendo un gesto suicida. Il Signore ti rivolge oggi quest’invito: … invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai" (Salmo 50:15). Non lasciarti travolgere dallo sconforto “Difatti la Scrittura dice: "Chiunque crede in lui, non sarà deluso".” (Romani 10:11). Forse il lettore sarà un credente in cui il nemico ha fatto un lavoro così profondo da convincerlo magari che un suo peccato non possa essere perdonato, t’invito, però, a confidare in questa parola: "Poi venite, e discutiamo", dice il SIGNORE: "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana (Isaia 1:18) - Poiché tu, o Signore, sei buono, pronto a perdonare, e misericordioso verso quanti t'invocano (Salmo 86:5). Non lasciatevi travolgere dal nemico perché “… Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c'è verità in lui …” (Giovanni 8:44). Lo scopo di satana è quello di uccidere affinché alla vittima sia preclusa ogni occasione di salvezza.
Un suicidio è qualcosa di disastroso sia per chi lo subisce sia per i parenti e amici che il suicida lascia dietro a se. Invito pertanto amici e parenti che sono a conoscenza di qualcuno che ha mostrato delle volontà a tal proposito a non trascurare la persona, iniziando a pregare per lui e rivolgendosi immediatamente, anche contro la volontà del soggetto, a un medico specialista per escludere patologie psichiatriche o neurologiche. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno (Ebrei 4:16). Amen!

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