domenica 24 aprile 2011

Le catastrofi naturali sono un castigo di Dio?

Due passeri non si vendono per un soldo? Eppure non ne cade uno solo in terra senza il volere del Padre vostro (Matteo 10:29).

Avrete capito, se avete letto il commento di questo post, che l’odierno pensiero nasce, dalle dichiarazioni di fra Cantalamessa, in seguito (vedi “Blitz”) alle asserzioni del professor De Mattei. Le parole di Cantalamessa (che comunque stimo) sono certamente belle parole che trovano subito una risposta emotivamente favorevole nell’uditorio. Ma è vero che i “terremoti, uragani e altre sciagure che colpiscono insieme colpevoli e innocenti non sono mai un castigo di Dio”? E “dire il contrario, significa offendere Dio e gli uomini”?
Innanzitutto dobbiamo chiarire che Dio non castiga gli uomini per costringerli alla conversione. Dio agiva in modo simile nell’era pre-cristiana. Se leggete l’antico testamento, troverete molti esempi. Dobbiamo però evidenziare che durante la Grande Tribolazione (come descritto in questi post: 1, 2) il Creatore non risparmierà eventi catastrofici pur di condurre l’uomo alla riflessione, affinché susciti quel sentimento di ravvedimento da cui, se l’uomo lo permette, potrebbe nascere la grazia: Il resto degli uomini che non furono uccisi da questi flagelli, non si ravvidero dalle opere delle loro mani; non cessarono di adorare i demòni e gli idoli d'oro, d'argento, di rame, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare (Apocalisse 9:20). L’Apocalisse, i libri profetici e il discorso profetico di Cristo ci fanno comprendere che gli eventi catastrofici aumenteranno con l’avvicinarsi del ritorno di Cristo. Pertanto, questi eventi dovrebbero animare i credenti, affinché possano trovarsi pronti. Naturalmente per un vero credente determinate sciagure non rappresentano un castigo di Dio, anche se potrebbe subentrare la morte di persone a noi care. Ciò non significa però che il professor De Mattei abbia detto delle parole assurde come sono convinti in molti, e sembra che lo abbiano capito anche alcuni intellettuali cattolici. Penso che la polemica sia nata per un errato preconcetto, rilevato che nella società vige il pensiero che la morte sia il peggior evento il quale possa capitare a un uomo. Se da una parte ciò trova un riscontro, dobbiamo comunque rivolgere la nostra attenzione alla Parola di Dio per comprendere ciò che a molti incute timore, ossia la morte, evento che san Paolo considerò un guadagno. Infatti, ai filippesi scrisse “per me il vivere è Cristo e il morire guadagno” (Filippesi 1:21). Ma lui fu un santo, potrebbe replicare qualcuno, e quindi ebbe l’immediato accesso al paradiso. Beh, premesso che nelle Scritture non vi è traccia del purgatorio, possiamo invece rinvenire il concetto dell’immediato ristoro paradisiaco nelle parole di Cristo, quando disse al ladrone che "… oggi tu sarai con me in paradiso" (Luca 23:43). Gesù disse che “oggi tu sarai con me in paradiso” e non “oggi sarai nel purgatorio”, pur avendo il ladrone ottenuto la grazia negli ultimi momenti della sua vita. È importante comprendere che per un credente la morte rappresenta un sollievo, perché la vita oltre che essere limitata nel tempo (mentre nell’aldilà è eterna) offre alla maggioranza degli uomini molte sofferenze. Certo, il distacco dai nostri cari crea dello sconforto, ci abbatte è reca dolore, anche Cristo pianse quando morì l’amico Lazzaro. Però, potete essere certi che un credente non vorrebbe tornare dall’oltre tomba perché si trova in un luogo di pace: … Abraamo disse: Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato (Luca 16:25). La vera catastrofe di una catastrofe (scusate il gioco di parole) è ritrovarsi separati eternamente da Dio, questo è il vero castigo. Non pensiamo che Dio non si possa usare delle sciagure per condurre le persone alla riflessione, l’esempio più evidente è descritto, come abbiamo letto, nell’Apocalisse. Il naufragio di san Paolo, avvenuto a causa di una tempesta, portò il Vangelo ai maltesi, oltre che far conoscere ai naufraghi la provvidenza divina. È chiaro che per un miscredente una catastrofe rappresenta un castigo perché ciò lo proietterà nell’aldilà separato eternamente da Dio, e, inoltre, senza alcuna possibilità di poter cambiare il proprio stato: Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di la si passi da noi (Luca 16:26). Sarebbe stato meglio se fra Cantalmessa avesse chiesto al suo uditorio: "quanti sono in grado d’affermare durante una catastrofe che per me il vivere è Cristo e il morire guadagno”? Se la risposta fosse affermativa, considereremo una catastrofe, un castigo soltanto per i miscredenti, perché si ritroverebbero in un luogo separati eternamente da Dio, mentre la considereremo un avvertimento e un segno per chi avrebbe subito gli effetti della catastrofe. Spero abbiate compreso che il Creatore può usare gli eventi catastrofici per risvegliare le coscienze degli uomini, e se qualcuno non riesce ad affermare come san Paolo che “per me il vivere è Cristo e il morire guadagno” deve chiedere al Signore che gli conceda la grazia per mezzo di Cristo Gesù. Quando sarà in grado di proferire le parole di Paolo comprenderà che la morte è soltanto l’accesso alla vita eterna. Probabilmente a questo punto qualcuno penserà che io sia una specie di "kamikaze" alla ricerca della morte. No, il potere sulla vita lo detiene il Creatore, e noi non possiamo appropriarci di qualcosa che è di competenza esclusiva dell'Onnipotente. Nemmeno Satana riesce ad appropriarsi del potere sulla vita: Il SIGNORE disse a Satana: "Ebbene, egli è in tuo potere; soltanto rispetta la sua vita" (Giobbe 2:6) - Ora vedete che io solo sono Dio e che non vi è altro dio accanto a me. Io faccio morire e faccio vivere, ferisco e risano, e nessuno può liberare dalla mia mano (Deuteronomio 32:39). Polemizzare se Dio sia un omicida quando qualcuno perde la vita in una sciagura, mi sembra alla luce dei citati versi e di altri passi una discussione superflua, dato che sarà sempre e comunque il Creatore a determinare il giorno della separazione dalla nostra terra. Pertanto se qualcuno in una catastrofe perde (credente o miscredente che sia) la vita, significa che sarà giunta l’ora di separarsi dalla vita terrena. Non dimenticate che la morte è la conseguenza di una scelta errata (peccato) compiuta da Adamo ed Eva, e di conseguenza non cercate di scaricare la colpa sul Creatore: ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" (Genesi 2:17).
In conclusione possiamo riassumere che una catastrofe diventa un castigo per coloro che morendo si ritroveranno separati eternamente (Giuda 1:7) da Dio, per le vittime credenti sarà invece una consolazione perché si ricongiungeranno (Giovanni 5:24) con il loro Padre, mentre per tutti quelli che rimarranno, sarà un evento da cui potranno comprendere i tempi, interrogandosi sul proprio stato spirituale. Il professor De Mattei ha capito tutto, auspico che possegga come ogni lettore la certezza di san Paolo. Marana tha!

2 commenti:

STEFY ha detto...

E' facile scaricare tutto su Dio, siamo ciechi, non vogliamo vedere, sembra che Dio si diverti a queste catastrofi........siamo veramente in tempi difficili, i gg sono pochi ormai , ma noi continuiamo ad essere ciechi.....complimenti x il blog, è pane x noi....ti abbraccio, stefy....

Enrico Esposito ha detto...

Che cos'è l'uomo che tu te ne prendi cura?

Il Signore ama tutta la sua creazione e in particolar modo le sue creature tanto da darci il privilegio di diventare suoi figli

Qual mirabile amore per noi ha il Salvatore delle anime nostre!

Dio è amore e non potrebbe mai farci del male

Dio ci benedica