lunedì 23 novembre 2009

Peccato!

Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge (I Giovanni 3:4). Perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesú, nostro Signore (Romani 6:23).

È un peccato! Quante volte pronunciamo questa frase senza comprenderne pienamente il significato. Anzi, spesso il termine “peccato” è sostituito da altre parole per sminuirne l’essenza. Tuttavia gli increduli considerano il peccato un concetto inventato dall’uomo, di conseguenza qualcosa d’inesistente. Il Buddismo, invece, non riconosce l’idea di una condizione di peccato, mentre l’Induismo intende per peccato il prevalere dell'istinto e dell'ignoranza. È un concetto presente soltanto nelle tre religioni monoteiste. Nel cristianesimo ci sono varie denominazioni che detengono ognuna il proprio elenco interminabile di peccati.
Le traduzioni italiane della Bibbia contengono il vocabolo “peccato” circa quattrocento volte (dipende dalla versione). Penso che il primo dei due versi in epigrafe sia una buona definizione biblica di peccato. Il peccato è la violazione della legge, ma cosa significa? Beh, avevamo illustrato che esiste una legge divina che Cristo sintetizzò in due comandamenti: Gesú rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele: il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore: Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua. Il secondo è questo: Ama il tuo prossimo come te stesso. Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi" (Matteo 12:29-32). Inoltre, san Paolo ribadì che: …. il "non commettere adulterio", "non uccidere", "non rubare", "non concupire" e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: "Ama il tuo prossimo come te stesso" (Romani 13:9).
Qualcuno potrebbe però obbiettare che l’A. T. contiene svariati precetti i quali non possono essere certamente riassunti nei sunnominati versi. Oltretutto, Cristo affermò: "Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento (Matteo 5:17). E’ vero, Cristo non venne ad abolire ma a portare a compimento, dobbiamo tuttavia considerare che con il Suo sacrificio siamo entrati nel cosiddetto nuovo patto. Non abbiamo più bisogno d’offrire sacrifici così come prescritto nell’A. T., né c’è la necessità di rispettare tutti gli altri ordinamenti cerimoniali. Fu stabilito nella riunione (circa nel 50 d. C.) di Gerusalemme (Atti 15:1-35). Inoltre, l’apostolo Paolo chiarì il tutto successivamente nelle sue epistole, affermando in quella ai Galati: Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete cosí la legge di Cristo (Galati 6:2). Comprendiamo che ciò (portare i pesi degli altri è un atto d'amore) equivale all’ottemperanza della legge dell’amore (come illustrato in questo post).
E allora, in che senso Cristo portò a compimento la legge? Mentre ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, Gesú, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio, e aspetta soltanto che i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi (Ebrei 10:11-13). Quello che la legge non è riuscì a fare, lo compì Cristo, per questo motivo non dobbiamo più osservare i cerimoniali descritti nell’A.T.. Ma c’è un altro significato nelle parole di Gesù nel verso diciassette del capitolo cinque del Vangelo secondo Matteo. Poiché Egli portò la legge a compimento in ogni senso, ossia, nelle azioni, nelle parole e sopratutto nei sentimenti. Il Suo ammaestramento più duro lo evidenziò proprio riguardo quest’ultimo aspetto: "Voi avete udito che fu detto agli antichi: Non uccidere: chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale; ma io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale; e chi avrà detto a suo fratello: Raca sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: Pazzo! sarà condannato alla geenna del fuoco (Matteo 5:21,22). "Voi avete udito che fu detto: Non commettere adulterio. Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (Matteo 5:27,28). Come potete vedere la legge dell’amore, di Cristo, è molto più profonda di quanto possiamo pensare e va oltre a ciò che è visibile. In questo essa è compiuta!
Penso che Gesù provasse molto disgusto per la situazione sociale dell’epoca, tanto da proferire le seguenti parole: E Gesú disse loro: "Ben profetizzò Isaia di voi, ipocriti, com'è scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me (Marco 7:6). Quanta verità in queste parole, e come si adattano bene alla nostra società. Molti credenti professano la loro fede soltanto con le labbra, ma nel cuore hanno tanti sentimenti opposti a quelli ispirati dalla legge dell’amore. Anche l’apostolo Paolo lo rimarcò nella sua epistola ai romani: L'amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene (Romani 12:9). Così come san Pietro: Sbarazzandovi di ogni cattiveria, di ogni frode, dell'ipocrisia, delle invidie e di ogni maldicenza, (I Pietro 2:1). Quanta gente perbenista indossa oggi un abito d’ipocrisia, pensando di piacere al proprio Creatore, senza rendersi conto che i loro sentimenti sono caratterizzati dal male (ira, invidia, disprezzo, spietatezza), ignorando che ciò è peccato, poiché viola la legge dell’amore.
Il peccato, tuttavia, non è soltanto quanto descritto sino a questo punto. Il fratello di Gesù richiama un altro caso in cui è facile commettere peccato: Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato (Giacomo 4:17). Quanti cristiani potrebbero fare del bene ma non lo attuano per avarizia, gelosia o indifferenza. Dove è l’amore in questi comportamenti? Basta seguire alcuni siti (non i media ufficiali ormai troppo condizionati) o blog d’informazione, per restare sconcertati e disgustati da quante volte i potenti o la gente comune omette di fare del bene per puro egoismo. In ogni caso, lo scopo di questo post non è quello di fare un elenco interminabile di regole e precetti come molti forse si aspettavano, poiché è peccato, penso sia chiaro, qualsiasi cosa contrasti con la volontà rivelata di Dio.
Se desideriamo conoscere la peccaminosità di determinate azioni, pensieri o parole, dobbiamo accostarci all’unica parola in grado di giudicare e penetrare lì dove non riuscì nemmeno Sigmund Freud: Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, piú affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore (Ebrei 4:12). Potrei anche fare un elenco di peccati, ma se non ci accostiamo alla parola di Dio, che per mezzo dello Spirito Santo ci convincerà di peccato, il tutto sarà inutile.
Non credo che alla luce di ciò qualcuno potrebbe affermare d’essere privo di peccato, e se qualcuno ne fosse convinto (o pensa di non aver fatto mai del male a qualcuno) legga i seguenti versi: Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi (I Giovanni 1:8) - Com'è scritto: "Non c'è nessun giusto, neppure uno (Romani 3:10) - Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Romani 3:23). Certo, penserà qualcuno, abbiamo ereditato il peccato originale, in questo senso siamo tutti peccatori. No, assolutamente, noi abbiamo ereditato una natura tendente al peccato, fatto che è ben differente dal ereditare il peccato di qualcun altro e nella fattispecie di Adamo ed Eva. In questo caso (dato che si nasce peccatori) un bambino non potrebbe entrare nel regno dei cieli, eppure, Cristo affermò l’opposto, poiché disse che bisogna assomigliare ai bambini per entrare nel regno dei cieli: Gesú, veduto ciò, s’indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro (Marco 10:14). Elencare i precetti di una determinata fede non è poi così sbagliato, però, è facile cadere in tale modo nell’ipocrisia farisaica costituita da una vita legalista in cui è sufficiente l’osservanza delle prescritte regole, con dei sentimenti, magari, opposti a ciò che si sta ottemperando. Cristo condannò duramente quest’atteggiamento: "Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava cosí dentro di sé: O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adúlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo. Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me, peccatore! Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato" (Luca 18:10-14).
Si corre un ulteriore pericolo nel formulare una lista di regole da osservare: "Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare (Matteo 23:13). Se continuate a leggere il passo fino al verso trentatré, noterete che i farisei con la loro tradizione avevano aggiunto o modificato la legge a propria convenienza così da renderla impraticabile per taluni, ma comunque praticabile (per chi ci riusciva) nell’ipocrisia. E questo rispecchia una vita certamente non mossa dall’amore per il proprio Creatore ma purtroppo “politically correct”. La società odierna assomiglia molto alla realtà dell’epoca ed è animata sopratutto dall’immagine, si guarda soltanto all’esteriore, senza alcun riguardo ai sentimenti (per quanto visibile) che motivano le persone nelle loro azioni. L’Onnisciente, però, vede dove nessuno può arrivare: ….. infatti il SIGNORE non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: l'uomo guarda all'apparenza, ma il SIGNORE guarda al cuore" (I Samuele 16:7).
Dio non si lascia ingannare dalle apparenze, né dalle parole, difatti: …. di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; (Matteo 12:36). E allora amiamoci tutti senza alcun riguardo ad altro, potrebbe pensare qualcuno. No, infatti, se qualcuno mi chiedesse se l’adulterio è peccato, risponderei di sì, perché è scritto: Non commettere adulterio (Esodo 20:14). È importante, però, che il peccatore si accosti alla parola di Dio, contrariamente non potrà mai prendere coscienza di questo peccato, e condurrà una vita piena d’insoddisfazione senza rendersi conto che la causa consiste nel peccato. Sarà una vita su cui penderà la condanna a morte se egli non si pentirà, poiché sta scritto che, come si legge nel secondo verso in epigrafe, il salario del peccato è la morte.
Il verso espone una duplice verità, nel senso che per mezzo del peccato è subentrata la morte fisica, la quale, però, catapulterà l’impenitente in quella eterna, ossia, senza fine. La Bibbia afferma che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Romani 3:23), ma qual è il pieno significato del vocabolo “peccato”? In Genesi al capitolo quattro verso sette, dove la parola è menzionata per la prima volta, il testo ebraico riporta il termine khat-taw-aw' il quale a sua volta deriva da khaw-taw' che significa “fallire il bersaglio”. L’espressione esprime l’idea di un arciere che scocca la freccia sbagliando la mira. Anche nel testo greco una delle parole per descrivere il peccato, hamartia che deriva da hamartano, richiama il concetto appena illustrato. Adesso immaginatevi una finale olimpica di tiro con l’arco in cui basta fare un centro per conquistare la medaglia d’oro, ma per distrazione l’arciere manca il bersaglio, rendendosi conto che la colpa è solo sua e a nient’altro attribuibile, la delusione e il pianto sarebbero incommensurabili non solo per lui ma anche per chi lo circonderebbe nei suoi affetti. Questo rappresenta un po’ ciò che accade a chi pecca. Ma qualcuno potrebbe chiedersi: come mai non provo il rimorso di cui abbiamo parlato se siamo tutti dei peccatori? E come mai molti sono incoscienti d’aver sbagliato il tiro? Beh, è semplice, Cristo parlò di una trave, una trave che impedisce all’occhio di vedere: Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? (Matteo 7:3). Per riuscire a vedere i nostri sbagli dobbiamo innanzitutto usare dell’acqua, la parola di Dio, affinché rimuova ciò che impedisce la nostra visuale. Soltanto allora ci renderemo conto degli errori (bersagli falliti, ossia, peccati) commessi, riuscendo, inoltre, da quel momento in poi anche a fare centro (non peccare). Nel momento in cui ci renderemo conto d’aver sbagliato, saremo colti da una profonda angoscia, la medesima che prova l’arciere nel descritto esempio, tale dolore sarà così forte da coinvolgere i nostri sentimenti, poiché avremo capito d’aver perso qualcosa di molto prezioso. Ma la buona notizia consiste proprio nel Vangelo, infatti, è tale perché nonostante tutto fosse perso, Cristo è venuto a morire sulla croce per rimediare ai nostri errori. Non serve altro, tutto fu compiuto sulla croce, dobbiamo soltanto riconoscere i nostri errori e confessarli, credendo che Egli morì anche per noi. E se la parola di Dio mette in luce dei peccati, e pensi magari che la tua situazione sia irrecuperabile, non disperare, l’importante è che tu abbia preso coscienza dei tuoi errori, poiché Egli oggi ci dice (dopo aver riconosciuto i propri errori): "Poi venite, e discutiamo", dice il SIGNORE: "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana (Isaia 1:18).
Non dobbiamo pensare all’italiana, ossia, ma tanto all’ultimo, se Dio è amore, farà un condono generale, pertanto, perché preoccuparsi? Stiamo attenti, l’apostolo Paolo evidenziò la giustizia Divina, rivelata nell’A.T., per ammonire i credenti di Corinto: Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche (I Corinzi 10:11). Se volete conoscere la giustizia Divina, provate a leggere il Pentateuco. Noterete la crudeltà del peccato e l’odio che Dio prova per esso, inoltre, scoprirete che fu sempre punito. Dio è amore, ma è anche giusto, un aspetto non molto conosciuto e compreso, però, ben evidenziato nelle Scritture. Non culliamoci nella mentalità italiana.
È in Cristo che oggi c’è offerta la salvezza, la quale, magari, non ci risparmierà la morte fisica, ma ci eviterà di subire quella eterna. Non giochiamo con il fuoco: Perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante (Ebrei 12:29). Pertanto: Badate di non rifiutarvi d'ascoltare colui che parla; perché se non scamparono quelli, quando rifiutarono d'ascoltare colui che promulgava oracoli sulla terra, molto meno scamperemo noi, se voltiamo le spalle a colui che parla dal cielo; (Ebrei 12:25). Dio ci benedica!

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