sabato 12 settembre 2009

11/09/2001 Terrore?

E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il corpo nella geenna (Matteo 10:28).

Ieri ricorreva l’ottavo anniversario dell’attacco alle torri gemelle in cui morirono migliaia di persone. Chiunque visse quei momenti, fu pervaso dal terrore. Mi trovavo alla mia scrivania quando fui richiamato da mia moglie a seguire un’edizione straordinaria del Tg. Vissi quell’immane tragedia in diretta. Strage indimenticabile per chiunque, dato che gli eventi furono vissuti così da vicino. Da quel giorno l’occidente vive nell’ansia. Il timore di altri attentati o l’impiego d’armi non convenzionali non turba solamente gli addetti alla sicurezza ma anche tanti di coloro che si recano in metropolitane, aeroporti, stazioni ferroviarie o altri luoghi pubblici. Questo perché non è facile guardare la morte in faccia, anche per un credente. Il pensiero di dover lasciare i propri beni e cari è per molti qualcosa d’orribile e scaramantico. Spesso quel momento è interpretato come la fine della propria esistenza. Eppure la Bibbia afferma qualcosa di diverso, non solo essa ci parla della morte come un inizio infinito, ma narra anche di persone in cui la morte fu vissuta con serenità, sentimento che di conseguenza si rifletteva nella vita.
San Paolo per esempio era stretto da due lati, da una parte desiderava lasciare questo mondo e dall’altra sentiva il bisogno di restare: Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio; ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è piú necessario per voi (Filippesi 1:23-24). Queste parole svelano chiaramente la serenità nell’animo dell’apostolo. Il pensiero a una morte violenta non suscita certamente entusiasmo, ma la certezza che la morte è la porta d’accesso per l’eternità pone il credente in una condizione diversa. A Stefano (primo martire della chiesa) il Signore permise di vedere la Sua gloria, pochi attimi prima della lapidazione in cui sarebbe divenuto il primo martire della chiesa (Atti 7:55-60). Notiamo che in questi due esempi non rinveniamo alcuna disperazione, ma soltanto certezze, la consapevolezza d’incontrare il proprio Padre celeste. Tuttavia dobbiamo aggiungere che è comprensibile e umano il dolore provato dai cari della persona scomparsa: Quand'ebbe dette queste cose, si pose in ginocchio e pregò con tutti loro. Tutti scoppiarono in un gran pianto; e si gettarono al collo di Paolo, e lo baciarono, dolenti soprattutto perché aveva detto loro che non avrebbero piú rivisto la sua faccia; e l'accompagnarono alla nave (Atti 20:36-38). Però, non c’è disperazione nell’animo dei credenti, la certezza che il proprio caro si trova in un luogo di gioia, gli pone in uno stato di serenità. Non c’è paura, né scaramanzia o indifferenza. Sì, indifferenza, perché l’odio può condurre alcune volte anche a questo sentimento.
Di conseguenza un credente non dovrebbe permettere di farsi condizionare nella vita dalle svariate minacce che incombono sulla società. Egli non rinuncerà alla metropolitana o all’aeroplano per ubbidire al volere di Dio. Pensate nuovamente a Paolo, Egli sapeva che avrebbe perso la vita recandosi nella capitale dell’impero romano, eppure non rinunciò a tale viaggio, ma andò ove il Signore lo inviò. Un kamikaze? No! Un credente non è un suicida. Egli desidera soltanto ubbidire alla volontà di Dio, valutando ad ogni passo e timore se ciò rientra nel disegno divino. Così la vita sarà vissuta con più serenità, e quando dovremo passare attraverso quella porta (morte) non sarà un passo in preda alla disperazione, ma il tutto avverrà in pace. E se oggi c’è qualcuno che desidera ottenere questa pace deve rivolgersi al Creatore. Sì, Creatore, perché Egli è il Creatore di ogni essere umano, ma desidera soprattutto diventare il Padre di ogni Sua creatura: E sarò per voi come un padre e voi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente" (II Corinzi 6:18). Se desideri essere un figlio di Dio, credi in ciò che Egli ti dice per mezzo della Sua parola. Questa parola ti offre una via d’accesso a Colui il quale ci ha creati: Gesú le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; (Giovanni 11:25). Gesù è la via, e anche se moriamo, la vita continuerà in un’altra realtà, quella celeste. Però, Gesù pone una condizione in quest’ultimo passo, dobbiamo credere! Quindi, se nella tua vita desideri la pace e la serenità, credi in ciò che Egli ha compiuto per te! Credi a Colui che cooperò alla creazione e venne in carne per morire per la salvezza di chiunque confida in Lui. È questa fede, con cui afferrerai la salvezza che sconfisse la morte e tutte le paure che essa scaturisce, che ti permetterà d’oltrepassare la porta dell’eternità con serenità!

P.S. Ho notato che nonostante la mia assenza molti hanno continuato a visitare il blog, grazie a tutti per l’assiduità.

Nessun commento: