lunedì 11 gennaio 2010

Perdono e pena di morte.

All'alba tornò nel tempio, e tutto il popolo andò da lui; ed egli, sedutosi, li istruiva. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna còlta in adulterio; e, fattala stare in mezzo, gli dissero: "Maestro, questa donna è stata còlta in flagrante adulterio. Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?" Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesú, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. E, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". E, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza, uscirono a uno a uno, cominciando dai piú vecchi fino agli ultimi; e Gesú fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo. Gesú, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: "Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?" Ella rispose: "Nessuno, Signore". E Gesú le disse: "Neppure io ti condanno; va' e non peccare piú" (Giovanni 8:2-11).

È un passo del Vangelo conosciuto, e che molti citano per evidenziare che non c’è nessun uomo privo di peccato. Ma oltre a ciò, queste parole ci rivelano qualcosa di molto importante. La legge di Mosè prescriveva per il peccato (reato) di adulterio la condanna a morte mediante lapidazione. Gli scribi e i farisei, maestri della legge divina, non esitarono a interrogare in merito qualcuno che non aveva studiato tale legge eppure istruiva il popolo con tanta saggezza. Cristo predicava il perdono e rivoltò addirittura la legge del taglione. Stava rivoluzionando la legge e pertanto cercavano un pretesto per poterLo accusare. Possiamo, però, notare che non iniziò a dibattere o annullare la legge, infatti, Egli ne era il compimento, né introdusse una nuova legge. No, nulla di tutto questo, Gesù andò subito al punto, produsse ciò per cui la legge fu promulgata, cioè, risvegliò le loro coscienze. Fu così che quella donna scampò a una morte certa.
Lui, il Creatore dell’universo, legislatore delle leggi naturali e morali, non la condannò a morte, anzi, le donò la vita. Non negò la peccaminosità dell’adulterio, ma la assolse (da quel peccato) invitandola a non peccare più. E in questo non ci fu alcun intercessore o mediatore. Da ciò possiamo capire che l’unico con il potere d’assoluzione è Cristo. Non c’è altro esempio biblico in cui qualcuno assolse un uomo dai propri peccati. Soltanto l’uomo perfetto (Gesù Cristo) ebbe e ha questa facoltà.
Il passo in esame ci mostra, però, anche altre verità. Infatti, quando Cristo interrogò i presenti, non chiese se qualcuno fosse privo d’adulterio, ma se qualcuno fosse privo di peccato. Che cosa significa? Beh, semplicemente che tutti i peccati hanno dinanzi a Dio la stessa gravità. L’apostolo Paolo, scrivendo alla chiesa di Roma, affermò che il salario del peccato è la morte (Romani 6:23) e, pertanto, Cristo evidenziò che tutti i presenti avrebbero dovuto subire la medesima sorte se avessero condannato quella donna. Avevamo già accennato alle conseguenze del peccato in questo post, e, quindi, passeremo a un'altro particolare contenuto nel passo, in particolare evidenzieremo la condanna a cui sarebbe andata incontro la donna.
Nella fattispecie Cristo aveva tutto il diritto e il potere di infliggere a quella donna la pena di morte, non solo perché Egli era il legislatore di quei precetti, ma soprattutto poiché era ed è Colui il quale detiene il potere sulla vita. Egli è l’unico, poiché Dio, a poter decidere in merito alla vita di una persona: Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire (I Samuele 2:6). Nella storia purtroppo molti si sono appropriati di questo diritto, esistono addirittura alcuni Stati “cristiani” in cui l’ordinamento giuridico prevede la pena di morte. Gesù pur possedendo ogni diritto per condannarla, poiché Dio e, quindi, detentore del potere sulla vita, e in quanto Re dell’universo e, pertanto, legislatore delle leggi naturali e morali, non la condannò, pur essendo stato oltre a tutto ciò l’unico uomo presente senza peccato (vedi Ebrei 9:28). Infatti, Egli disse: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". Nessuno osò lanciare una pietra, perché ognuno dei presenti era un peccatore, è come tale reo di morte. Nel suo agire Cristo insegnò e mostrò una nuova legge, la legge del perdono, che illustrò nella seguente parabola: Perciò il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno che era debitore di diecimila talenti. E poiché quello non aveva i mezzi per pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figli e tutto quanto aveva, e che il debito fosse pagato. Perciò il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti, dicendo: Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto. Il signore di quel servo, mosso a compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Ma quel servo, uscito, trovò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari; e, afferratolo, lo strangolava, dicendo: Paga quello che devi! Perciò il conservo, gettatosi a terra, lo pregava dicendo: Abbi pazienza con me, e ti pagherò. Ma l'altro non volle; anzi andò e lo fece imprigionare, finché avesse pagato il debito. I suoi conservi, veduto il fatto, ne furono molto rattristati e andarono a riferire al loro signore tutto l'accaduto. Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te? E il suo signore, adirato, lo diede in mano degli aguzzini fino a quando non avesse pagato tutto quello che gli doveva. Cosí vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello". In conclusione possiamo affermare che coloro i quali uccidono una persona, sia “legalmente” e sia “illegalmente”, si appropriano di un diritto che non gli appartiene. Così come possiamo attestare che non sono soltanto l’omicidio o l’adulterio, i peccati che conducono a morte, ma ogni peccato è reo di morte. E infine abbiamo considerato che la violazione della legge del perdono equivale a peccato, e coma tale, senza ravvedimento, non ci sarà remissione dinanzi al Padre celeste.
Pertanto, spero che ognuno possa essere onestamente in grado di proferire nella propria preghiera le parole insegnate da Cristo: rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; ( Matteo 6:12). Purtroppo tantissime persone pur recitando il “Padre nostro” riservano nell’intimo della propria anima un profondo rancore nei confronti di chi ha sbagliato. Ricordiamoci di questo passo del Vangelo quando la prossima volta saremo chiamati al perdono.

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